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La presa di Roma, il compimento dell'unità nazionale nel Natalis Romuli

by Carlomanno Adinolfi
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Roma, 20 set – Il 20 settembre del 1870 si compiva uno dei passi più importanti per la storia nazionale italiana. Parliamo ovviamente della presa di Roma, avvenuta grazie alle cinque divisioni del corpo d’armata comandato dal generale Raffaele Cadorna. Il ritorno di Roma all’Italia, o meglio dell’Italia a Roma, fu il primo vero compimento dell’unità nazionale. Sebbene la proclamazione del Regno d’Italia fosse avvenuta già il 17 marzo del 1861 – la data canonica con cui si celebra, oramai sempre più di rado, l’unità nazionale – nessuno dei combattenti risorgimentali, a partire da Mazzini e Garibaldi, riteneva davvero compiuta l’Italia senza il suo cardine storico e sacrale. Nonostante infatti una certa vulgata voglia vedere il Risorgimento come una specie di complotto massonico contro non si sa bene quale ordine tradizionale, in realtà tra le società segrete e più o meno clandestine che ispirarono la lotta risorgimentale furono proprio quelle del filone spesso chiamato “tradizionalismo romano” a essere più attive e influenti (sull’argomento sono ampiamente esaustivi i testi Roma Renovata Resurgat, Fabrizio Giorgio, ed. Settimo Sigillo e Dell’Elmo di Scipio, Sandro Consolato, flower-ed).
Ed è interessante notare che proprio la riappropriazione di Roma sia avvenuta in una data molto particolare per la tradizione romana. Nell’antica Roma infatti il 20 settembre si celebrava il Natalis Romuli, ovvero il natale del divino fondatore dell’Urbe. In realtà la data della nascita del primo re è, ovviamente, incerta. Ma quasi tutte le fonti convergono su questo periodo, compreso a seconda delle teorie e dei calcoli tra il 18 e il 23 settembre. Una delle fonti più famose è La Vita di Romolo di Plutarco, in cui lo storico greco cita i calcoli del matematico e astrologo Lucio Taruzio, già calcolatore del giorno esatto della fondazione di Roma, che aveva calcolato la nascita di Romolo tra il 18 e il 19 settembre – il matematico arrivò addirittura a calcolare il giorno del concepimento divino, avvenuto nei giorni solstiziali dell’anno precedente. È curioso anche il fatto che nello stesso periodo equinoziale d’autunno, esattamente il 23 settembre, sia nato quello che allora venne considerato il secondo Romolo: Augusto. Entrambi sono figure di Rex che sommano in un’unica persona il capo guerriero e la sapienza magico-sacerdotale, fondatori che hanno edificato una civiltà attraverso un rito sacrificale archetipico incentrato su un Fuoco Sacro per instaurare un patto con gli Dei.
Romolo, il primo fondatore, fu colui che istituì il culto del Fuoco, che creò – per lo meno a Roma, visto che almeno ad Alba Longa già esistevano – le vergini vestali e che inaugurò la Pax Deorum che avrebbe garantito la grandezza universale di Roma nei secoli. Augusto, sette secoli dopo, avrebbe creato la Pax Augustea ricomponendo ciò che era stato diviso e rinnovato la Pax Deorum rendendo davvero universale il destino dell’Urbe, incentrando sempre il tutto intorno al Fuoco Sacro e al suo culto, come dimostra la sua scelta in qualità di Pontifex Maximus di donare alle vestali la Domus Publica sul Palatino.
Il fatto che la Presa di Roma sia dunque avvenuta nel giorno del Natalis Romuli e a ridosso del Natalis Augusti può forse essere un caso, ma sicuramente l’avvenimento fu visto da certi ambienti come un signum di un nuovo giorno inaugurale, pronto a riscattare chi aveva sacrilegamente spento il Fuoco di Vesta millecinquecento anni prima – sempre casualmente la breccia avvenne a Porta Pia, la vecchia Porta Nomentana, a pochissimi passi dal campus sceleratus, il luogo dove venivano sepolte le Vestali che avevano infranto la Pax Deorum venendo meno ai propri doveri – e a rigenerare quel Patto che sembrava definitivamente infranto da chi ha sempre cercato di negare una storia nazionale al popolo italiano.
Celebrare il 20 settembre non deve dunque solo essere una ricorrenza storica o una semplice commemorazione. Nel celebrare questo giorno si deve tenere bene in mente la sua importanza tanto sul piano identitario-nazionale quanto sul piano sacrale, che comprende tanto il riappropriarsi del proprio Centro quanto il ricomponimento e il risanamento di un Patto che possa garantire finalmente quella Vittoria la cui statua si erge proprio sulla colonna che ricorda la presa di Roma.
Carlomanno Adinolfi

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