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La solita mafia antifascista: tutto l’odio rosso di questo fine settimana

by Michele Iozzino
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Roma, 11 mar – L’equazione tra antifascismo e mafia sembra è sempre più calzante. Dalla targa dedicata a Ugo Venturini, operaio missino ucciso a Genova nel 1970 ucciso da militanti di estrema sinistra, coperta e sostituita con quella di un’attivista curda, al rogo di un improbabile fantoccio di Giorgia Meloni col braccio teso, passando alle violenze, tutte interne al mondo della sinistra, che alcuni compagni dei centri sociali di Bologna avrebbero commesso contro delle femministe, l’ultimo fine settimana è stata contraddistinto dall’odio rosso.

L’odio rosso colpisce ancora

Se fosse successo a parti invertite, se fossimo uno dei soliti antifascisti da salotto, parleremmo compiaciuti di “matrice”, ma in quel caso staremmo probabilmente parlando di piatti di pasta dai nomi nostalgici, e probabilmente non saremmo soli, ma un’intera batteria di giornalisti, semicolti e pseudointellettuali starebbe gridando al pericolo fascismo o al montare dell’ennesima marea nera. Al contrario, invece, ai soprusi dei rossi è concessa qualsiasi libertà, copertura e giustificazione. Insomma, la solita mafia antifascista. Bisogna poi sottolineare anche un altro punto, a unire questi ultimi episodi è anche la Festa della Donna, sfruttata e colonizzata a sinistra al di là del suo effettivo contenuto. Ed è curioso che, a usare le donne come pretesto politico, è chi, perso tra deliri arcobaleno, non sa più nemmeno cosa sia una donna e ne voglia cancellare il senso. Ma vediamo più da vicino cosa è successo.

Coperta la targa di Ugo Venturini durante il corteo di “Non una di meno”

A Genova “Non una di meno” ha organizzato per l’8 marzo un corteo “transfemminista”. Una manifestazione, a detta degli organizzatore, per protestare “contro la guerra, per boicottare il sistema colonialista e patriarcale che ci schiaccia, per contestare un governo che erode ogni giorno di più i nostri diritti come donne e come persone Lgbtqia+”. Insomma, di tutto e di più. Durante il corteo è stata coperta la targa dedicata a Ugo Venturini con un cartello che ricordava una attivista curda. Quella di colpire proprio la targa di Venturini non sembra una scelta casuale. Negli ultimi anni la targa è stata più volte vandalizzata e quella di Venturini è una storia che ci racconta dell’odio e della violenza rossi, storia sicuramente “scomoda” per una parte politica che non vuole ammettere i propri errori e ancora oggi grida “uccidere un fascista non è un reato”.

Il rogo della Meloni in versione “Barbie fascio di luce”

Da Genova passiamo a Poggio Mirteto, in provincia di Rieti. In occasione della tradizionale festa del “Carnevalone liberato” è stato bruciato un fantoccio di Giorgia Meloni, per il secondo anno di fila. La liberazione in questione non è quella del 25 aprile, ma si riferisce alla sollevazione popolare con cui il 24 febbraio 1861 la cittadina si liberà dal controllo dello Stato Pontificio. Se l’anno scorso il fantoccio raffigurava una Meloni avvolta dalla Fiamma tricolore, quest’anno ci si è spinti un po’ più in là. La Meloni è stata raffigurata con tanto di saluto romano e posizionata all’interno di una confezione rosa schocking con la dicitura “Barbie fascio di luce”. Il tutto poi ovviamente dato alle fiamme in nome dell’antifascismo.

Le transfemministe contro lo “squadrismo machista” dei compagni

Infine, andiamo a Bologna. Qui perlomeno la violenza è interna alla stessa sinistra. La Rete sotterranea transfemminista (Rest) denuncia “lo squadrismo machista negli spazi dei compagni”. I fatti incriminati vengono raccontati così: “Stanotte alcune nostre compagne hanno subito un agguato in pieno stile squadrista dalle compagne e dai compagni autonomi, baluardo dell’antifascismo Bolognese, che però non riescono a fare i conti con i problemi di violenza e stupri che hanno al loro interno”. Mentre le attiviste transfemministe stavano facendo delle scritte contro i collettivi, “si sono accorte di essere seguite da un compagno autonomo che, con fare intimidatorio, è stato raggiunto da altri compagni. Le compagne, a quel punto, si sono ritrovate braccate, spintonate, prese a pugni e schiaffi in faccia, filmate e perquisite”. Oltre alla nota che la Rest ha pubblicato nei propri canali non si ritrovano per ora altri riscontri, ma che dimostrano che nessuno è al sicuro dall’antifascismo, nemmeno gli antifascisti.

Michele Iozzino

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