Milano, 22 lug – La band slovena dei Laibach ha recentemente annunciato la partecipazione a due concerti in Corea del Nord per il prossimo 19 e 20 agosto. Secondo quanto riportato nel sito ufficiale della band, il “Laibach’s Liberation Day Tour coinciderà con il settantesimo anniversario della liberazione della penisola coreana dalla colonizzazione giapponese e con la conseguente suddivisione in due stati nemici”.
Dovesse essere confermata la partecipazione, si tratterebbe della prima volta che ad un gruppo rock straniero venisse data la possibilità di suonare nel paese di Kim Jong-un. L’evento comunque seguirebbe alcuni timidi segnali di apertura verso la cultura occidentale: già negli ultimi anni, giocatori di basket e lottatori professionisti sono stati ammessi per eventi di alto profilo.
Ovviamente c’è qualcosa di “particolare” e molto diverso rispetto ai precedenti nella visita dei Laibach. Il gruppo, che preferisce essere appellato come “collettivo”, non è certo un gruppo rock tradizionale: formatisi in quel calderone che era la ex-Jugoslavia, si costituirono un seguito tra i circoli “dissidenti” e non allineati al regime comunista, arrivando comunque ad un certo successo commerciale negli anni novanta. Lo stile non ortodosso della band – che per prima fuse strumenti fatti in casa e musica pop, per poi spostarsi in territori neoclassici ed elettronici – fu (ed è) certamente all’avanguardia ed al contempo un ottimo riflesso dei movimenti artistici europei prima della caduta del comunismo.
Il collettivo non ha mai rinnegato la sua visione poco clusterizzabile nelle “caste democratiche”: il nickname della band fa riferimento al vecchio nome tedesco della capitale slovena, cantarono il nazionalismo serbo a Belgrado in uniforme, mentre sullo sfondo scorrevano frame del Terzo Reich, e continuano oggi ad avere un immaginario particolrmente legato ai totalitarismi nazionalsocialisti e stalinisti o al futurismo italiano. Lo stesso gruppo è d’altronde sicuramente in gamba nel mantenere con coerenza il proprio carattere: la tipica risposta alle accuse di fascismo è la criptica frase “siamo fascisti tanto quanto Hitler era un pittore“.
Sulla sponda nord-coreana, la risposta arriva dall’organizzatore del concerto Morten Traavik – artista norvegese che più volte ha collaborato con il regime – in un’intervista alla BBC: “sia il Paese che la band sono stati accusati da alcuni reietti di fascismo. La verità è che entrambi veniamo continuamente fraintesi”. In ogni caso – ha aggiunto – “i Laibach sono il gruppo perfetto per esordire in Corea del Nord”. Ed a Traavik ha fatto eco Ivan Novak, una delle menti dei Laibach: “La Corea del Nord potrebbe essere vista come un’esperienza utopica. E noi ci siamo sentiti sempre a nostro agio con le esperienze utopiche”.
In ogni caso i due concerti – che si terranno nella grande sala del Kim Won Gyun Music Conservatory, con una capienza di mille persone a serata – prevederanno la partecipazione di un grosso numero di musicisti e compositori coreani, desiderosi di vedere cosa stia “sfornando” il mondo musicale al di là dei propri confini. A chi ha fatto notare che durante la visita dell’orchestra filarmonica di New York in Nord Corea i musicisti abbiano sciorinato anche un piccolo repertorio di pezzi locali, hanno risposto gli stessi Laibach, dichiarando che vorrebbero anche loro onorare i propri ospiti con una selezione di canzoni pop e musica tradizionale…ne “sentiremo” delle belle.
Davide Trovato
I Laibach a Pyongyang: è la prima band a suonare in Corea del Nord
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