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Fiorenza Ferrini, l’ausiliaria del Saf che ha deciso di morire a Villa Mussolini

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Verona, 28 lug – Fiorenza Ferrini ha vissuto con la fede nel cuore e il basco in testa. Oggi ha 94 anni e ha deciso che terminerà la sua avventura terrena nella casa che fu di Mussolini. Perché Fiorenza a Villa Carpena ci va da 17 anni a questa parte, trascorre lì l’estate e conserva la memoria della villa. La sua storia viene riportata dal Corriere del Veneto, che spiega come questa signora dagli occhi vivi e limpidi nonostante i pesanti acciacchi del corpo, toscana di nascita e veronese d’adozione, con tanto di profilo facebook, lascerà per sempre Negrar, in provincia di Verona, per trasferirsi a San Martino in Strada, Frazione di Forlì. Pronta per essere nella prima villa che fu di Mussolini e Rachele proprio nel giorno del compleanno del Duce, e terminare lì i sui giorni.

Fiorenza non è una donna come tante, forse è una di quelle che fa orrore a Laura Boldrini. Perché lei, nel 1944 è stata una delle tante volontarie che scelsero di partire per sostenere la Repubblica di Mussolini. Era una della 10mila “ausiliarie” del Saf, il servizio ausiliario femminile fascista. Si arruolò ancora minorenne, perché all’epoca la maggiore età era a 21 anni e lei ne aveva appena 18.Un passato mai rinnegato e rivendicato con forza anche oggi: “Nella mia vita sono sempre stata coerente. E oggi, se Dio vorrà, non farò altro che esserlo per l’ennesima volta…” dice al giornalista del Corriere del Veneto. Per arruolarsi, dato che suo padre, sebbene avesse fatto la Marcia su Roma voleva impedirglielo, fece lo sciopero della fame. Dei giudizi della storia, Fiorenza, se ne frega. Anche adesso che probabilmente le rimane poco da vivere

Nella vita di questa giovane combattente, nonostante l’età anagrafica, c’è un aneddoto assai particolare: un partigiano le salvò la vita. Era poco dopo il 25 aprile e lei, insieme ad altre ausiliarie furono fermate. Per poco scampò alla morte: i partigiani spararono e le ragazze scapparono via di corsa verso l’Arcivescovado, a Milano, che chiuse loro le porte in faccia. Ma un altro partigiano, democristiano, le ha accolte in casa sua, le ha sfamate e ha procurato loro i documenti per uscire da Milano. E quel partigiano Fiorenza lo ha incontrato più volte negli anni dopo la fine della guerra, riconoscente per averle salvato la vita.

Da allora quella giovane ausiliaria, innamorata di Mussolini, ha imparato a non fare troppe distinzioni politiche: “Gli uomini vanno sempre giudicati dal loro cuore e non dal colore che portano addosso”, è solita ripetere Fiorenza. Ma lei, oggi, il suo basco della Saf se lo fa portare e Forlì per averlo sempre con sé e non tradirlo mai.

Anna Pedri

 

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