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Le “benedizioni alle coppie gay” e una Chiesa che sfiora sempre quel confine…

by Alberto Celletti
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Roma, 5 gen –  La Chiesa elargisce “benedizioni alle coppie gay” che, per carità, durano “pochi secondi”, senza Rituale e non in luoghi sacri. Ma l’inquietudine di un’istituzione che da anni “gira intorno alla questione” senza – logicamente! – superarla mai resta. Si tratta di qualcosa di ben più “pesante” delle “semplici” posizioni immigrazioniste, e non ci vuole un genio per capirlo.

La Chiesa e le benedizioni alle coppie gay

In “Fiducia supplicans” c’è tutto. Ovviamente, gli episcopati nel mondo reagiscono. Concettualmente, c’è ancora modo di giustificarlo. Anzi, da un punto di vista umano e religioso è difficile non trovarvi perfino una logica. Si legge testualmente che dovranno essere ”benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale”, sostiene il Dicastero per la Dottrina della fede. Aggiungendo: ”Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione”.

Certo, benedire un essere umano in quanto essere umano non ha niente di “storto” ed è un’ovvietà sottolinearlo. Cosa che pure si fa quando si afferma che ““se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono”.” Ciò che lascia sbigottiti è, per l’ennesima volta, il contesto “insistito” su cui vengono indirizzate certe dinamiche.

Non varcare mai il confine ma continuare a sfiorarlo

La Chiesa sa perfettamente che varcare quel tipo di confine – ovvero, per essere diretti, la liceità dell’omosessualità – significhi senza troppi giri di parole la sua morte immediata, come istituzione millenaria e forse perfino come fede trascendente. Lo sa bene perfino Papa Francesco, che “quel confine” non supera mai, pur girandoci ossessivamente intorno dall’inizio del suo pontificato. La strada da “chi sono io per giudicare gli omosessuali” fino alle benedizioni e altre situazioni ambigue è stata comunque lunga. Impossibile non notare, in modo assolutamente neutro e semplicemente descrittivo, i canoni di un processo a dir poco debilitante che pone una realtà – la Chiesa, appunto – nella difficile situazione di non riuscire da affrontare il mondo reale del XXI secolo ma soltanto in quella – ambigua e triste – di cercare in ogni modo consensi e approvazioni.

Alberto Celletti

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