Milano, 9 mag – Nonostante abbia raggiunto il record storico di voti per il Front National, la sconfitta di Marine Le Pen sta dando di nuovo voce ai nemici interni dei “lepenisti” all’italiana, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Se per la presidente di Fratelli d’Italia la tirata d’orecchie pubblica è arrivata dal suo capogruppo alla Camera Fabio Rampelli, che nell’analisi del voto francese boccia la linea della Le Pen e la rimprovera di non aver preso esempio dalla destra italiana e di effettuare la propria “svolta di Fiuggi” con vent’anni di ritardo, per Matteo Salvini la vittoria di Macron ha ridato voce a chi dentro la Lega da sempre è critico con la linea nazionale e sovranista dell’attuale leader del Carroccio, in particolare agli ex segretari Bossi e Maroni.
In questa chiave va letta la sfida lanciatagli da Giovanni Fava, deputato e assessore alle Politiche Agricole della Regione Lombardia (di provata fede “maroniana”), pronto a sfidarlo prima alle primarie del prossimo 14 maggio e poi ufficialmente al congresso. Sarebbe dunque lui l‘alfiere della linea della “vecchia Lega”, riportando in cima all’agenda di via Bellerio questioni come l’autonomia del Veneto e il federalismo fiscale, non certo l’uscita dall’Euro, “Prima il Nord” e non più “Prima gli Italiani”. Una Lega sindacato del Nord all’interno di una alleanza con Berlusconi, insomma un ritorno in pieno al passato.
Le mancate vittorie dei populisti europei, da Hofer a Wilders fino alla Le Pen, sembrano far vacillare anche quelli che più si erano convinti di un cambio storico delle categorie politiche e della posibilità, dopo l’affermzione di Trump, di poter rendere il populismo un’opzione maggioritaria. Pure chi sembrava vicino a Salvini, come l’ex direttore di Telepadania Max ferrari (e altri alti dirigenti del Carroccio), vede ora come un errore clamoroso l’idea di “intestardirsi su una questione come l’uscita dall’euro”. Proprio in questi giorni poi, uno dei fedelissimi di Salvini e “guru” dell’uscita dalla moneta unica, come Claudio Borghi, è finito al centro delle polemiche per le accuse lanciate sui social riguardo un complotto massonico dietro la vittoria di Macron.
Un altro stretto collaboratore del segretario del Carroccio come il “mago” dei social Luca Morisi, è stato protagonista di una puntata di Report in cui viene accusato di aver ottenuto con la sua società di comunicazione, la Sistemaintranet, appalti per assegnazione diretta in alcune Asl lombarde. Insomma Salvini per la prima volta si trova a giocare in difesa e annuncia che se non otterrà almeno l’80% dei consensi alle primarie contro Giovanni Fava tornerà a “fare il militante”.
“Io la Lega al 3% che va ad elemosinare ad Arcore non la voglio più”, avrebbe detto a muso duro Salvini durante il Consiglio Federale svoltosi ieri, rivendicando le intenzioni di voto che vedono il suo partito ora al 12%. I suoi sfidanti però, Maroni in testa, non si accontentano dei sondaggi e rilanciano la linea dell’alleanza con Berlusconi. L’ex Cav non manca di mandare anche lui il suo messaggio a Salvini: “È bene che anche Salvini possa verificare che certe teorie non portano a convincere gli elettori e che quindi non vale la pena di perseguirle”. Dichiarazioni a cui il segretario del Carroccio ha risposto per le rime: “Berlusconi festeggia Macron? Mi sembra stia in pessima compagnia, perché la pensa come Renzi, Boldrini e i Cinque stelle. Chi crede di fare l’Italia schiava di quest’Europa dalle regole assurde e dall’immigrazione incontrollata, si scordi pure l’alleanza con la Lega”.
Anche in via Bellerio però, spiega Salvini “c’è gente felice che abbia vinto Macron”, con un riferimento non troppo velato ad Umberto Bossi. Insomma le stesse “opposizioni interne” che hanno impedito a Salvini in questi ultimi anni (anche quando i sondaggi sembravano raccontare una sua corsa inarrestabile) di realizzare la famosa “Lega Nazionale” e di concretizzare questa tanto decantata “svolta lepenista”, ora sono uscite allo scoperto e si sono coalizzate dietro il nome di Giovanni Fava. I vecchi “dinosauri” del centrodestra, da Berlusconi a Bossi, passando per Rampelli e Maroni, sembrano ora muoversi nella stessa direzione per smorzare definitivamente ogni velleità dei “giovani” Salvini e Meloni. Anche loro del resto non sembrano aver mai riposto troppa convinzione in una possibile svolta sovranista ed ora sono rimasti definitivamente impantanati. Anzi, ora la priorità è quella di difendere le loro posizioni, soprattutto per Salvini, se come dice Maroni con una certa sicurezza, al prossimo congresso leghista quella tra Fava e Salvini “sarà una contesa molto interessante”.
Davide Romano
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Purtroppo Salvini in questi anni non è stato capace di staccarsi dal vecchio centro-destra, per prendere qualche voto in più ha snobbato l’idea di fondare una vera formazione sovranista (magari con Casapound, come sembrava essere sua intenzione all’inizio) ed è rimasto in un partito che fino a qualche anno fa auspicava di essere “più vicini all’Europa, più lontani da Roma”. Adesso è fisiologico che la sconfitta di Le Pen riporti alla luce gente come Bossi e Maroni che in realtà non hanno mai smesso di avere influenza sulla Lega.