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Una tempesta solare perfetta: Lughnasadh, la festa dei pani e del sole

by La Redazione
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Roma, 31 lug – Spesso nel mondo neopagano ricorre il simbolo della cosiddetta “ruota dell’anno”, una ruota i cui otto raggi corrispondono alle otto festività più importanti del mondo indoeuropeo. Oltre alle quattro “porte” solstiziali ed equinoziali infatti, soprattutto nel mondo nordico e celtico, si aggiungevano quattro festività poste in corrispondenza della pienezza delle stagioni. Ancora oggi si hanno le reminiscenze della festa autunnale di Samhain (Halloween/Ognissanti/Morti), di quella invernale Imbolc (Candelora) e di quella primaverile Beltane (1° maggio/Walpurga/Calendimaggio). Quella che invece più di altre è stata dimenticata è la festa estiva, presso i celti chiamata Lughnasadh, celebrata in piena estate tra il 31 luglio e il 1° agosto, la cui eco risuona solo in Lammas, la “festa dei pani” festeggiata in questo periodo in alcune zone della Gran Bretagna e dell’Irlanda e, forse, nel nostro ferragosto.

Come dice lo stesso nome, la festa era in onore del dio Lugh, il re del pantheon celtico, dio multiforme che era sia guerriero, sia mago-sacerdote, sia protettore di viandanti, mercanti e ladri, ma che era soprattutto dio regale della luce. In effetti era proprio questo l’aspetto più importante del dio associato a questo periodo dell’anno, il periodo del Sol Leone, quindi quello più caldo e luminoso, nonché il periodo della mietitura del grano dorato, legato simbolicamente a doppio filo al sole e alla luce, e della sua trasformazione in pane (da qui la festa di Lammas, da Loaf Mass appunto “festa della pagnotta”). Lo stesso nome di Lugh sembrerebbe avere la stessa radice del latino lux – luce – o del greco leukos – bianco, luminoso.

A Roma Lugh era associato a Mercurio – il primo a fare questa identificazione fu Cesare nel De Bello Gallico – forse per il suo aspetto di protettore dei viandanti, dei mercanti e dei ladri. In Gallia infatti, dopo la conquista, fu spesso romanizzato nel Mercurius Artaios, “protettore dell’Orso” e nel Mercurius Moccus, “protettore del cinghiale”. Ma questi due animali nel mondo celtico erano indissolubilmente legati alla regalità, il che riporta all’aspetto luminoso, solare e polare di Lugh. Molti studiosi moderni infatti, oltre che a Mercurio, associano Lugh al dio solare Apollo, che regnava sulla terra iperborea allo stesso modo in cui Lugh regnava nell’isola “omphalos” della tradizione celtica.

Un altro termine latino derivato dalla radice di lux e che ricorda il nome Lugh è il lucus, il bosco sacro, soprattutto nella sua accezione di bosco inaccessibile che funge da figurazione dell’ “altro mondo”, quello divino, oltreumano, magico e in relazione con il primo dei due aspetti della sovranità descritti da Dumezil, ovvero non l’aspetto giuridico-sacerdotale di Mithra ma quello magico e terribile di Varuna, maggiormente collegato alla figura del rex primordiale. Questo ci porta a un’altra divinità celtica legata a Lugh, quella di Cernunno, il dio cornuto che abita i boschi inaccessibili. In un rilievo a Reims, in cui tiene in grembo monete d’oro e spighe di grano – ritorna il simbolismo solare e aureo dunque – Cernunno è posto al centro di altre due figure: Mercurio e Apollo, proprio quelle associate al dio Lugh e si potrebbe ipotizzare che queste tre figure sincreticamente appartenenti a mondi sacrali diversi ma facenti parte dello stesso ceppo indoeuropeo siano i tre aspetti del dio sovrano celtico, spesso raffigurato tricipite. Cernunno, la cui radice KRN collega a Kronos, re dell’età dell’Oro, ma anche ad altri termini che preannunciano la regalità come la Corona, è legato all’iniziazione regale e al ricollegamento con quell’ “altro mondo” che ricollega all’omphalos polare.

Il “lucus” come bosco sacro legato all’iniziazione regale e al ricollegamento con l’origine non può che richiamare anche al culto di Diana e a quello del Rex Nemorensis, il re-sacerdote che abita il bosco sacro della dea e che per poter diventare tale deve compiere una iniziazione di sangue uccidendo l’attuale re. Le feste in onore di Diana Nemorense, le Nemoralia, capitavano guarda caso proprio nel periodo estivo, alle idi di agosto che poi sarebbero diventate le Feriae Augusti e poi il nostro ferragosto. L’aspetto luminoso di questa festa appare tanto nel fatto che veniva chiamata “Festa delle Torce” quanto nel nome stesso della dea, Diana, che ricorda appunto la luce del cielo. Diana è poi sorella di Apollo, il dio iperboreo, e legata alle terre polari dal fatto che l’Orsa che indica il polo celeste non è altro che Callisto, la più famosa ninfa al suo seguito.

Un’altra festività estiva che cadeva nel mese di agosto era quelle delle Carnee, in onore di Apollo Karneios – ritorna la radice KRN – che guarda caso era una festività legata all’iniziazione in quanto ricollegamento agli “inizi” e quindi all’origine iperborea su cui regnava Apollo. Non possiamo poi non notare come la figura di Lugh, re divino armato di lancia, multiforme viandante accompagnato dai corvi, non ricordi palesemente quella del germanico Odino, nel suo aspetto più luminoso, regale e “magico” di scopritore del Verbo runico con cui ordina ritualmente il mondo. Tutti questi aspetti di luminosità e regalità legati alle feste del periodo del Sol Leone e dell’esplosività solare ed estiva ci ricordano che siamo nel picco energetico dell’anno. Dopo aver superato il “passaggio” solstiziale ci troviamo nel momento del trionfo della vita in cui l’energia racchiusa in potenza esplode ma solo per mettere in luce il Verbo divino in atto, l’azione luminosa ispirata che ricollega a quell’omphalos polare che ordina solarmente e sacralmente il caos trasformandolo in cosmos. E per gli Uomini Lammas è dunque un monito ed auspicio a connettersi all’erompere di Vita, e cogliendone la natura al momento dato a direzionarne l’Energia in Azione luminosa e con essa vibrare nella Luce. Quell’Azione che sappia simbolicamente trasformare e modellare le ricchezze frutto delle profondità della Terra in Pane.

Carlomanno Adinolfi e Flavio Nardi

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