Roma, 23 giu – Le retoriche sui “miliardari annoiati” del Titan hanno stufato prima ancora di partire. E stanno partendo e proliferano, copiosamente. I miliardari si annoiano anche guardando la televisione, non certo andando su un fondale marino a visitare un relitto che, a prescindere dai gusti personali, resta suggestivo e di enorme influenza culturale di massa nell’ultimo secolo.
L’esplorazione e l’ignoto non hanno nulla di sbagliato
Ognuno si cerca la passione che vuole: sì, anche estrema, perché la vita non è fatta solo di ordinarietà e chi dice il contrario qualche limite quanto meno opinabile probabilmente lo possiede. Il vero problema del Titan era la sua inadeguatezza ad operare in azioni del genere. Non il viaggio, non la scoperta, non la curiosità che chi non prova nemmeno o è povero in spirito o solo tremendamente invidioso nei confronti di chi può soddisfarla, mascherando il tutto pure con una saccente lezione di vita su ciò che si può o non si può fare. Le ultime tecnologie dicono che potrebbe essere presto possibile andare sulla luna (e no, non avrebbe nulla di scientifico, sarebbe solo qualcosa di enormemente costoso per chi potrebbe andarci), c’è gente che scala le montagne, che si lancia con i paracadute senza essere militare (ovviamente addestrandosi) e che rischia la vita costantemente, ed esiste, sì, anche la voglia di conoscere i fondali marini e di osservare reperti come un relitto dalla storia incredibilmente drammatica quali il Titanic. Nessuna di queste cose è un problema, neanche il rischio di per sé è un problema, perché è la vita stessa ad essere rischiosa.
Il vero problema del Titan? Inadeguato a operazioni del genere
Il problema, se si parla del sottomarino Titan, è soltanto uno: il fatto di essere quasi un “rottame” (ovviamente, trattasi di iperbole) rispetto alle operazioni che svolgeva. Ce lo testimonia un suo passeggero del passato, riportato dal Quotidiano nazionale: “Ero un po’ ingenuo, guardando indietro è stata una operazione kamikaze”. A parlare è tale Arthur Loibl, uomo d’affari che nel 2019 provò una prima volta ad immergersi con il piccolo sommergibile, senza successo, per poi riprovarci una seconda volta, ma i suoi ricordi sono un’evidenza dell’inadeguatezza del sommergibile: “Immaginate un tubo lungo pochi metri con una lastra di metallo come pavimento. Non si può stare in piedi, non ci si può inginocchiare. Tutti sono seduti vicini o uno sopra l’altro”. Ecco, il problema sta tutto qui: andare così in profondità del mare con una struttura tanto limitata (nonostante la presenza di strumenti di sicurezza minimi). Tutto il resto è un misto di ignoranza, invidia e arroganza mascherate per saggezza, distribuite in modo diverso a seconda del soggetto che si esprime in tal modo.
Stelio Fergola
1 commento
Egregio Stello Fergola, leggendo il suo editoriale credo che lei abbia si ragione, anche se mi sembrava di leggere “Reppublica” veramente, forse per la sintassi.
Certo, chi può permettersi un’avventura del genere se la può permettere, chi non vorrebbe vedere con i propri occhi il relitto del Titanic, soprattutto uno come me, che ho due antenati morti nel naufragio del Titanic.
Ciò che lei cerca di difendere è indifendibile, dal punto di vista attuale. Ci complicano la vita con la paranoia dell’ecologia (inesistente) e sono proprio questi miliardari che gestiscono il mondo per sventrare le economie, affamare l’umanità e saltano da un continente all’altro come grilli in jet privati, per andare a fare “spedizioni” come questa e l’umanità a pagare miliardi in armi per mandare un altro miliardario della stessa setta a giocare alla guerra in Ucraina.
Il “Titan” era un veicolo non adeguato tecnologicamente mi importa poco e la morte di questi viziosi non mi tocca minimamente. Sono più preoccupato per gli italiani che sono stati rovinati economicamente grazie all’incapacità dei nostri governi per decenni, compreso quest’ultimo che, maledetta l’ora ho votato.