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Magari fossero vere le “tre riforme” annunciate da Meloni per il 2024

by Stelio Fergola
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Roma, 26 sett –  Il premier Giorgia Meloni ha detto che il 2024 sarà l’anno delle “tre riforme”: fiscale, costituzionale e della giustizia. Tre passaggi che non cancellerebbero di certo l’operato finora deludentissimo del suo esecutivo ma che rappresenterebbero una volta. Insomma, magari fosse vero.

Le “tre riforme” annunciate per il 2024

“Il 2024 sarà un anno molto importante, l’anno delle grandi riforme di cui questa nazione ha bisogno. In primis la riforma fiscale, ma anche l’avvio della riforma costituzionale e quella sulla giustizia. E poi, la grande riforma del merito, in particolare nella scuola”. Cosi scrive il presidente del Consiglio sulla sua pagina Facebook.

Magari fosse vero

Ovviamente, non si crede finché non si vede, specialmente per un esecutivo che sta fallendo ogni questione “di cartello” (ovvero, quel minimo sindacale che l’elettorato poteva aspettarsi alla sua nomina) su tutte quella dell’immigrazione clandestina argomento in cui continuiamo a farci prendere in giro dalle giravolte franco-tedesche.

Chi scrive però ha sempre sottolineato una cosa: oltre al coraggio e alla validità degli uomini, conta anche la struttura di un sistema politico. Perché garantendo poteri e responsabilità, essa stessa favorisce – ovviamente nel tempo – la produzione di politici meno impreparati o banalmente più “svezzati”. La cosiddetta prima repubblica ha compensato le mancanze incredibili e le confusioni del nostro sistema istituzionale grazie sostanzialmente a due elementi: i politici nati e formati nelle italie precedenti (e non nello sciancato sistema di ispirazione e distruzione “sessantottino”) e per la forte stabilità elettorale dei principali due partiti: Dc e Pci. I democristiani, nonostante governi che cadevano come mosche, rimanevano sempre lì, e assicuravano al Paese una politica di lungo periodo a prescindere dalle nomine variabili dei presidenti del Consiglio. Cadute quelle condizioni contestuali, si è rivelata – ancora peggio di prima, perché già Alcide De Gasperi se n’era accorto – tutta la debolezza e la struttura psicolabile della forma di governo vigente dal 1948.

Ovviamente, non è la sola necessità. Se parliamo di “struttura che impedisce politica”, la Giustizia non può essere da meno: dalla fine della guerra fredda solo un cieco non può non vedere i palesi condizionamenti che la magistratura ha generato verso la politica, risultando un altro ostacolo al dispiegarsi almeno più genuino della stessa. Se – esempio stupido – Salvini finisce due volte in tribunale per il contrasto all’immigrazione clandestina durante il governo gialloverde, è improbabile che voglia finirci una terza, e così chiunque coltivi idee simili.

Infine, la riforma fiscale: questo Paese si sta impoverendo a velocità sempre maggiori, proletarizzando la classe media e lasciando nella stessa condizione misera di prima quella povera: la prima crolla come consumi, assicurando meno denaro ai mercati e quindi meno prospettive di occupazione per tutti, la seconda non crescoe e quindi già di per sé non spende. Abbassare le tasse dovrebbe essere una priorità, non si fosse schiavi di Bruxelles della semprebuia rincorsa al debito.

Il riassunto: le tre riforme annunciate da Meloni sono tutte fondamentali. Quindi, magari fosse vero. Ma visto l’inizio pessimo, consentiteci di essere pessimisti.

Stelio Fergola

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