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“Invadeteci, grazie!”. Ora l’immigrazionismo è pure culinario: la sparata di “Gambero Rosso”

by Stelio Fergola
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Gambero Rosso

Roma, 30 mag – L’immigrazionismo che arriva pure sulla copertina del numero di giugno di Gambero Rosso, in realtà, ci è utilissimo. Per capire o meglio confermare quanto la cultura dell’accoglienza a tutti i costi e della sostituzione dell’italiano con qualsiasi straniero (meglio se colorato) non c’entrino assolutamente nulla le necessità, le circostanze inevitabili, i famosi “processi inarrestabili” e via discorrendo. L’immigrazionismo risponde a una precisa volontà di distruzione ed estinzione del popolo italiano, e quest’ultimo caso ne costituisce una prova.

L’immigrazionismo culinario di Gambero Rosso

“Invadeteci, grazie!”, recita il titolo in copertina. Con l’immagine di uno chef presumibilmente africano di cui non ci vergogniamo affatto (anzi, ne andiamo fieri) di non conoscere l’identità. Poi per carità, probabilmente c’è il solito paraculismo. “La frase è una provocazione” potrebbe dire qualcuno, visto che la critica interna al sito ufficiale della famosa rivista dice anche che “qualcosa inizia a muoversi”, nella cucina italiana. Ma onestamente, di tutto ciò non ci frega niente. Conta l’immagine e lo spot. Eventuali giustificazioni paraculistiche interne alla rivista non lo cancellano, non ne tolgono valore propagandistico né di comunicazione del solito messaggio.

Non certamente solo ideologia

Intendiamoci: figuriamoci cosa può fregare ai redattori di Gambero Rosso degli immigrati e della sostituzione etnica. Magari ci fosse un minimo di pensiero raffinato in tal senso: sarebbe odioso ma senza dubbio più introiettabile. Invece no, si tratta solo del disperato tentativo di ottenere visibilità e spazi, critici o meno non importa, per seguire quella che in fin dei conti è anche una moda: straniero è bello, colorato ancora più bello, non italiano l’estasi. Certo è che sia clamoroso come un tale approccio arrivi anche a coinvolgere perfino la cultura culinaria, ovvero l’unica in cui gli italiani hanno dimostrato di saper resistere alle tentazioni esterne (per ciò che può valere rispetto a tutto il resto, distrutto più o meno senza pietà, soprattutto negli ultimi decenni).  Evidentemente per la cultura globalista non è sufficiente: occorre fare tabula rasa di tutto, anche delle lasagne.

Critiche al caffé italiano, ai ristoranti, alla mancata innovazione: andando a ritroso e a molte riflessioni degli ultimi anni, l’attacco è in corso da qualche tempo: la cucina italiana, unica sopravvissuta “forte” degli stermini globalisti, è sotto assedio, come abbiamo anche più volte sottolineato sul nostro giornale. E il processo sembra essere appena iniziato…

Stelio Fergola

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