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Bruciare bibbie per visibilità: che brutta fine, Marilyn Manson – IL VIDEO

by Adriano Scianca
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marilyn mansonFirenze, 10 nov – C’era una volta Marilyn Manson, alias Brian Warner, il disturbante artista che a metà degli anni ’90 fece irruzione negli incubi dei bravi cittadini americani con il suo misto di sesso, depravazione, satanismo, droghe, mutilazioni e chi più ne ha più ne metta.

Una perfetta macchina pop, in realtà, diciamo la versione oscura di Madonna, a cominciare dalla scelta del nome: Marilyn Monroe e Charles Manson uniti nello stesso brand, il sogno e l’incubo americano come se fossero una cosa sola. Ma qual è il denominatore comune fra la Monroe e Manson? Semplice: la società dello spettacolo, la mediaticità.

Brian Warner seppe cavalcare questi meccanismi con una certa intelligenza, divenendo in breve tempo un nuovo spauracchio universalmente riconoscibile. Ma, almeno all’inizio, Marilyn Manson era anche un fenomeno musicale tutt’altro che banale, non a caso pubblicato con l’imprimatur di Mr. Trent Reznor, che è sempre un bel biglietto da visita. Per di più l’uomo era meno unidimensionale di quanto non ci si aspettasse. Molto furbo, senz’altro, per nulla autentico, ma capace di fare persino un ragionamento con una minima consequenzialità (si veda l’intervista concessa a Michael Moore in Bowling for Columbine, per esempio).

C’era una volta tutto questo. Poi tutto ciò che è di moda, passa di moda. Marilyn Manson è nato negli anni ’90, nella preistoria dell’internet di massa. È un fenomeno pre-social, legato molto alla dimensione del videoclip, con provocazioni che hanno tempistiche e dinamiche che oggi appaiono ingessate e fuori fuoco.

Per di più non c’è provocazione che possa continuare a stupire per più di 20 anni come fosse la prima volta. E così oggi ritroviamo il solito Marilyn Manson, con la solita scenografia gotica e para-nazistoide, che per far parlare di sé (alzi la mano chi si ricorda un suo singolo che abbia più di dieci anni) deve raschiare il fondo del barile e giocare la carta più sputtanata dei provocatori di mestiere: bruciare una Bibbia. Lo ha fatto durante il concerto di Firenze e, a dir la verità, non è affatto la prima volta.

Il fatto che la performance avvenga alla vigilia della visita di Papa Francesco nel capoluogo toscano può però fornire qualche spunto per lo scandalismo a buon mercato di qualche giornale di provincia.

E così, per un paio di giorni, si è tornati a parlare di un artista pressoché finito e ormai prigioniero del suo stereotipo. Urge qualche esperto di marketing che gli spieghi che così non va. Bruciare la Bibbia è terribilmente demodé. Il vero tocco di classe, la vera mossa geniale, sarebbe semmai una bella conversione. Pensaci Brian, è l’unico modo per restare nel paradiso dei vip ancora per un po’…

Adriano Scianca

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