Berlino, 22 lug – Non solo dieselgate e la lunga coda di problemi relativi alle emissioni, ultima in ordine di tempo la Mercedes che “su base volontaria” ha richiamato tre milioni di auto (220 milioni il costo stimato dell’operazione) per aggiornare i software che gestiscono i motori. Ora arriva anche lo scoop che fra tremate ancora di più i polsi ai produttori tedeschi di automobili: avrebbero fatto cartello per vent’anni, alterando – apertis verbis: fregando – il mercato mondiale delle quattro ruote dagli anni ’90 ad oggi.
A denunciare la vicenda è il settimanale Der Spiegel, che sostiene come già a partire da prima del nuovo millennio i colossi Volkswagen, Bmw e Daimler avrebbero organizzato dei comitati e gruppi di studio per concordare strategie comuni su costi di produzione, rapporti coi fornitori, sviluppo della tecnologia ed emissioni inquinanti. Un cartello a tutti gli effetti – “uno dei principali nella storia economica della Germania”, spiega la testata – mai formalizzato e dunque al di fuori della legislazione antitrust, che li vieta in quanto forme che eludono la concorrenza e mettono fuori gioco gli altri produttori, europei in primis.
I contorni della vicenda devono ancora essere chiariti, ma, qualora le accuse dovessero portare ad un’indagine da parte delle autorità che vigilano sul mercato, si tratterebbe dell’ennesimo colpo alla credibilità di colossi che rappresentano il fiore dell’industria tedesca. E il cuore produttivo dell’Europa intera si scopre essere sempre più un gigante dai piedi d’argilla.
Filippo Burla
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