Roma, 13 nov – Inaugurata da pochi giorni, la mostra coloniale di Torino, come avevamo descritto ieri, presentava una serie di inesattezze e informazioni errate piuttosto grossolane perfino per il più acerrimo nemico della storia colonialismo nazionale. I rilievi fatti dal saggista Alberto Alpozzi, però, hanno avuto riscontro. Al punto che la direzione è stata costretta a fare mea culpa su alcune sciocchezze evidenti presenti nelle didascalie all’interno della mostra stessa.
Mostra coloniale di Torino, a breve le correzioni
Come riporta Storia in Rete, la mostra coloniale di Torino “Africa. Le collezioni dimenticate” subirà a breve delle correzioni. Questo dopo la campagna di forte denuncia mediatica dello stesso Alpozzi. La conferma del cambio di registro arriva da Giorgio de Vecchi di Val Cismon, pro nipote del Governatore della Somalia italiana Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon che, il quale le aveva segnalate alla direzione dei musei Reali. Così parla de Vecchi della questione: “Il particolare interesse della nostra famiglia nella tutela della memoria di nostro nonno Cesare e della verità storica (le due cose vanno, e sono andate di pari passo) sembra essere stato soddisfatto. Il merito però va molto ad Alberto Alpozzi, che su questa mostra ha scatenato una battaglia mediatica”. Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali, definisce il pannello sulla Somalia “un’inesattezza fuorviante”, e porge le scuse per le “imprecisioni contenute nel pannello sulla Somalia esposto in mostra” .
Il pannello che parlava di “soprusi come le punizioni corporali e il lavoro coatto” verrà corretto così: “Gli anni ’20 vedono la nascita di forme di colonizzazione agricola, come la Società Agricola Italo-Somala di Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi e il comprensorio di Genale per incentivare l’agricoltura sperimentale e favorire il lavoro salariato durante l’amministrazione del governatore Cesare Maria De Vecchi (1923-1928)”.
La soddisfazione di Alpozzi
Quanto ad Alpozzi, la reazione è di composta soddisfazione, quella di chi sa che abbia vinto semplicemente la verità, a prescindere da qualsiasi bandierina ideologica: “Il confronto è sempre costruttivo. La sostituzione del pannello in seguito alla mia analisi storica è segno che quanto da me evidenziato è stato verificato e quindi confermato: a Genale non vi fu il lavoro coatto e l’Italia in Somalia non ha mai perpetrato lo schiavismo, ma anzi lo ha debellato introducendo contratti di lavoro per gli indigeni. Questo contribuisce alla creazione di una storia più completa riguardante il nostro passato coloniale”.