Roma, 4 mar – Venerdì 2 marzo, al Centro Studi “la Contea” di Napoli abbiamo presentato il libro collettaneo a cui mi onoro di aver partecipato, ovvero L’Italia del miracolo, opera frutto di un altro Centro Studi, Stato e Partecipazione, fondato qualche anno fa da colui che oggi ne è Presidente, Francesco Carlesi.
La Contea e l’Italia del miracolo
Centri studi che si incrociano e l’unico interesse è quello più importante: l’Italia. Si parte già benissimo, il clima è costruttivo, gli ospiti oltre al sottoscritto si dimostrano altrettanto propositivi in una serie di interventi precisi, profondi e mai banali. Tra il senatore Sergio Rastrelli, il padrone di casa Luciano Schifone, il membro attivo di Stato e Partecipazione Francesco Guarente, il Consigliere di Presidenza Vincenzo Riemma, oltre a me. L’espressione “Italia del miracolo” esiste ovviamente da prima della pubblicazione del fortunato testo omonimo a nostra firma. Ma forse non ha avuto la declinazione che meriterebbe, in tanti decenni. Quella di un orgoglio nazionale che può e deve trovare più spazio. Può e deve diventare un mito per tutti gli italiani, non solo per un manipolo di studiosi, intellettuali e giornalisti. La sala era piena, il libro è andato esaurito. Il sottoscritto ha firmato dediche come se si trattasse di un proprio testo personale e non di una – pur onorata – partecipazione tra le tante firme prestigiose che hanno contribuito alla sua nascita.
Un universo di ricordi, di passione, di amore per la Patria
Forse l’unica banalità – assolutamente non fastidiosa, anzi serena e placida – è stata l’affermazione di nascita napoletana da parte di tutti i relatori, sottoscritto compreso. Il che suona strano, visto che con la mia città natale ho un rapporto a volte malinconico, più spesso molto polemico. Ci ho vissuto fino ai 25 anni e oggi la sento quasi come una realtà turistica: logico e naturale, con la mancanza della quotidianità un tempo scontata, ma l’occasione di venerdì è stata speciale. Anzitutto per una questione personale: la metà dei presenti, tra il pubblico, ha conosciuto mio padre, che per chi non lo sapesse è Gabriele Fergola, intellettuale del Msi e uomo di infinita cultura. Una delle due figure principali a cui devo gran parte della mia ispirazione epistemologica, della mia curiosità per l’ignoto. A cui devo, in estrema sintesi, ciò che sono oggi. Il suo nome, legato agli ambienti del partito napoletano e meridionale, risuona ancora oggi. Forse più di quando era in vita, con i suoi approfondimenti e le sue opere oggi oggetto di culto. Non potrei esserne più orgoglioso, con la consapevolezza di portare un fardello pesante, probabilmente incolmabile ma comunque di grande stimolo per il lavoro che svolgo con continuità da ormai quasi dieci anni.
In secondo luogo, perché una buona volta non si è parlato di orgogli locali contro cui non c’è assolutamente nulla da proferire, purché non siano da stimolo per ciò che i sistemi internazionali (e, purtroppo, anche nazionali) fomentano da decenni: la distruzione della Nazione italiana e del suo popolo. Dividi et impera, come si suol dire usando un celebre latinismo. Impera l’Italia, nella fattispecie, portando gli italiani a stuzzicarsi tra di loro, entrando in conflitto reciproco, sfaldandosi e ottenendo l’unico risultato utile: la morte. La quale fa molto male a noi ma molto bene ad altri. Ebbene, presso “la Contea” non è avvenuto niente di tutto ciò. Nessun piagnisteo futile, nessuna polemica, solo propositività. Solo visione. Ricordando il bene che hanno fatto a questa Nazione eroi come Enrico Mattei, Adriano Olivetti, uomini illuminati come Federico Caffé e Felice Ippolito. Da Nord, al Centro, fino al Sud. Non c’è distinzione che tenga. Gli interventi di Vincenzo Riemma e Sergio Rastrelli in tal senso sono stati illuminanti: parliamo di italiani. Italiani geniali. Che ci ricordano quanto sia grande il nostro popolo. Nonostante la cultura dominante faccia di tutto per farci credere di essere degli incapaci. Perché anche quello fa comodo: demoralizzare, deprimere e distruggere. Atteggiamenti che nel pieno centro di Napoli, in un convegno che ha parlato di Patria anzitutto, erano completamente assenti. Come è giusto e sacrosanto che sia per risorgere.
Stelio Fergola