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Nardò, la meraviglia di un Festival in una meraviglia di città: perché “La Neretina” è un punto di partenza

by Stelio Fergola
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Nardò

Roma, 17 ott – Non ero mai stato a Nardò. In generale, conosco poco il Salento. Nei dintorni, non ero mai passato neanche da Lecce, una città che da anni vorrei visitare, scrutata quasi in modo ossessivo compulsivo tramite google immagini, ma senza mai aver avuto il tempo e la possibilità di vivere realmente. La mia conoscenza “pura” della Puglia si limita a Bari o al Nord, alla zona del Gargano, apprezzata soprattutto per le cittadine costiere (di Peschici, in particolare, serberò sempre un ricordo vivo). In ogni caso, il mio approccio al Festival letterario organizzato a Nardò era, inizialmente, neutrale. Della cittadina qualcuno mi aveva parlato bene, ma non sapevo praticamente nulla.

Nardò, la meraviglia di un Festival in una meraviglia di città

Quando arrivo a Nardò nel pomeriggio di venerdì scorso, quindi, non so cosa aspettarmi. Poi, dopo aver sistemato le mie cose nell’alloggio, faccio un giro veloce nel centro poco precedentemente dell’inaugurazione del Festival, con la prima conferenza, prevista per le 19.00. Ed è lì che, totalmente a sorpresa, si apre un mondo. Un mondo di bellezza e di storia, ma forse sono espressioni troppo banali. Si apre un mondo di intimità, in un certo senso. La Guglia dell’Immacolata troneggia al centro di Piazza Salandra, il “salotto” di Nardò, come viene chiamato. Troneggia anche la Chiesa di San Trifone e il Palazzo della Pretura. Il più antico è l’ultimo, per le altre due costruzioni si parla di XVIII secolo. Ma il colpo d’occhio è difficile da ignorare. Come sono difficili da ignorare gli innumerevoli ristorantini, bar, luoghi del gusto e dell’estetica disseminati in ogni minimo vicolo. L’aria è quella estiva, e non solo nel termometro (l’ottobre caldo non poteva certo risparmiare il profondo Sud). Si percepisce la vocazione alla brezza, alla navigazione, anche semplicemente passeggiando. Si percepisce, soprattutto, l’aria “da confine”. Del resto, siamo su una costa che volge verso il Mediterraneo e verso l’Africa. Un aspetto che al sottoscritto non è indifferente: il confine come concetto mi ha sempre affascinato, nordico o meridionale che sia. Mi affascina la distinzione tra il “noi” e il “voi” che tanto rafforza le differenze e le identità, che in un confine (soprattutto terreno, per la verità, visto che in pochi chilometri puoi andare nel mondo del “vicino straniero”) è racchiuso il segreto della difesa di sé stessi e dei propri cari, in un certo senso è racchiuso il concetto stesso di famiglia.

L’unico rammarico è di non aver avuto il tempo di girare, di osservare meglio. Da grande amante del mare, dell’impossibilità di fare un’incursione sulla costa. Ma l’immagine che mi è stata consegnata resta indelebile. Non scrivo di tutto ciò che mi capita di visitare con tanta faciltà. Sul mio profilo Facebook forse l’ultima espressione in tal senso aveva riguardato il Duomo di Assisi, il quale mi aveva lasciato letteralmente su di giri per i suoi colori e le sue forme, per la sensazione di “ispirazione divina” che mi comunicava. Poi, almeno di recente, non mi sovviene altro. Se l’ho fatto di questa piccola, meravigliosa cittadina salentina è perché la sua immagine ha colto nel segno.

“Giovinezza, primavera di bellezza”

Oltre le gioie visive e culinarie, Nardò ha rappresentato anche sostanza. Tanta sostanza. Tanta partecipazione di pubblico, di passanti curiosi, anche di domande scomode per alcuni ospiti. La mostra “Profeti inascoltati del ‘900” stanziava a bordo strada, in centro. E i curiosi andavano a guardarla. Perché essa stessa era oggetto di interesse. Come del resto il teatro comunale dove abbiamo tenuto gran parte delle conferenze. Pubblico, pubblico, tanto pubblico. La giornata di Domenica, addirttura un pienone.

Mi ha colpito molto l’età media degli osservatori e dei partecipanti: molte persone mature, ma anche molti ragazzi. Giovani in un’Italia sempre più vecchia. Giovani per sentono parlare di Mediterraneo, di storia, di filosofia e di politica. Senza annoiarsi ma anzi con vivo interesse. Non è un aspetto da sottovalutare e non è per nulla scontato. È un particolare che promuove l’idea di un punto di partenza, concreto, vivo, solido.

Nel mio piccolo, anche io ho ricevuto la mia targa di partecipazione al Festival, donata dal comune, e ho avuto l’onore di presentare un mio libro. Ma questo conta il giusto. Ciò che è rilevante è la speranza di futuro. Per mia natura, sull’Italia tendo sempre ad essere cinico, senza mai perdere la visione di ciò che cerco di fare per provare a suggerire come risvegliare un popolo morente. In parole kantiane, il classico pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà. Nardò, forse, mi ha infuso anche un minimo di ottimismo della ragione. E per questo devo ringraziarla.

Stelio Fergola

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