Roma, 17 ott – Terrorismo ed Europa andranno sempre più d’accordo, forse in modo inevitabile. Non è tanto la notizia del nuovo attacco terroristico di Bruxelles a dover far riflettere, quanto il fatto di essere ancora allo stesso punto di partenza di tragedie come quelle avvenute al Bataclan nel 2015. Non ci siamo mai mossi da lì, se non a livelli di intelligence poco utili ad estinguere il fenomeno di per sé, ma soltanto a tamponarlo in via del tutto temporanea.
Terrorismo in Europa, il nuovo, triste capitolo belga
Sul fatto ci permettiamo solo di riportare la cronaca: due tifosi svedesi vengono uccisi nel cuore di Bruxelles da un 45enne radicalizzato che ha gridato ‘Allah akbar’ armato di kalashnikov, subito dopo essere sceso da un motorino. Le testimonianze parlano di una fuga a bordo dello stesso scooter. Su Facebook l’uomo parla di aver “vendicato i musulmani” e di essere “un mujahid dell’Isis“. Ci saranno le solite, inutilissime osservazioni sul “cane sciolto” che non cambiano minimamente la realtà dei fatti: che il soggetto in questione lo sia o meno, lo stesso fatto di essere ispirati ad azioni criminali di questo tipo dovrebbe portare a capire il perché. Utile anche a comprendere che del terrorismo, l’Europa, non si libererà mai. Quanto meno continuando a ragionare in questo modo.
Medio Oriente e clandestini, mix mortale
La stessa presenza di Israele in Medio Oriente, di fatto, guasta o rende ancora più complicati i rapporti con i Paesi arabi, praticamente dalla seconda metà del secolo scorso fino ai giorni nostri. Lo rende complicato perfino con i Paesi arabi laici, ovvero quelli che scoraggiano i fondamentalismi religiosi e di conseguenza anche potenzialmente terroristici, come avvenuto in Libia, o come avviene ancora in Siria o Egitto. Ancora più difficile se si tiene conto dell’acriticità totale con cui l’Occidente (o l’Europa asservita agli Stati Uniti, scegliete pure la versione che preferite) appoggia Israele medesima nella sua politica contro il popolo palestinese. Lamentarsi delle derive agghiaccianti di Hamas (che non sono contestabili) ha senso fino a un certo punto, considerando quanto essa non sia il punto di partenza, ma quello di arrivo di un processo degenerativo il quale – a meno di non vivere in un mondo dalle immacolazioni candide valide solo ed esclusivamente per i palestinesi – in contesti simili diventa inevitabile. Se vuoi provare a reagire ma non hai armi, finisci in pasto a chi le armi le ha, con tutto il potere di ricatto che ne può derivare e con i danni che può provocare ai palestinesi stessi.
Poi c’è la questione dell’immigrazione, in senso più lato ma egualmente importante: il processo di importazione costante di immigrati arabi aumenta ovviamente – come diciamo da anni – le probabilità di fare entrare sul suolo europeo potenziali infiltrati legati a cellule terroristiche. Ammesso e non concesso che non vivano già sul suolo europeo da anni o che non vi siano addirittura nati (come, per l’appunto, in Belgio o in Francia) ma non per questo sviluppando la minima intenzione di diventare “nuovi europei” di qualsiasi nazionalità. E non conta neanche respingere le richieste di asilo, se poi si fa giungere concretamente sul territorio lo straniero indiscrimatamente. Del resto l’attentatore in Belgio, tale Abdesalem Lassoued, come afferma lo stesso segretario di Stato per l’Asilo e l’Immigrazione Nicole De Moor, “aveva presentato una domanda di asilo nel nostro Paese nel novembre 2019. Ha ricevuto una decisione negativa nell’ottobre 2020 e poco dopo è scomparso dai radar”.
Insomma, andando al sodo, l’Occidente – e l’Europa nella fattispecie – fa di tutto per provocare sviluppi terroristici sul proprio suolo. O quanto meno per non mettersi al riparo da esso. Lo fa con la sua politica estera, appoggiando uno Stato che è dalla sua stessa fondazione una fonte inesauribile di tensioni con il già complicato contesto arabo. Lo fa con l’organizzazione e la tenuta ridicola dei propri confini, favorendo l’arrivo in massa di immigrati di qualsiasi provenienza, ivi inclusa quella araba, oltre che allevando sul proprio territorio soggetti che – per cultura – possono eccome essere legati ad approcci di terrore, antiìcristiani se non addirittura anti-caucasici. Questa è la triste realtà. Nota da anni, evidente dalla minima constatazione dei fatti. Ma impossibile da evidenziare. Perché Israele non si può toccare pena essere antisemiti e l’immigrazione di massa non si può contrastare pena essere razzisti.
Stelio Fergola