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Nubi sulla “Festa del Lavoro” di chi il Lavoro lo ha tolto

by Stelio Fergola
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festa Lavoro senza Lavoro

Roma, 1 mag – Oggi piove o quanto meno è nuvoloso, e forse è un segno divino. Perché non c’è nessuna festa del Lavoro da celebrare. Lavoro, con la L maiuscola, come sempre sarà nominato in questa riflessione. Orde di artisti o presunti tali che sposano la retorica sinistra progressista liberal, quella che ha sdoganato e addirittura avviato il processo di questo povero Paese verso il liberismo sfrenato, che si atteggiano a difensori di principi sociali e un tempo perfino marxisti. Farebbe ridere se non facesse piangere.

La “festa del Lavoro” del 2024: precario, mal stipendiato, delocalizzato e tassato

La festa del Lavoro 2024 celebra l’assenza del Lavoro stesso. Celebra  le paghe da fame che ci sono per i “fortunati” che ne hanno uno, di Lavoro. Celebra un’Italia che in meno di 40 anni è passata da uno a sei milioni di poveri assoluti. Celebra la vergogna infinita delle delocalizzazioni, il fenomeno che la globalizzazione ha reso quasi endemico e che ha comportato disoccupazione e impoverimento per molti dei Paesi – incluso il nostro – che ne hanno subito i nefasti effetti. Celebra la deindustrializzazione italiana, la privatizzazione selvaggia con cui da potenza di primo piano siamo diventati una realtà di second’ordine, con un futuro tutt’altro che roseo.

Lo celebra grazie ai soliti Vip dagli stipendi sostanziosi che ciarlano dal palco di San Giovanni Laterano di diritti e di giustizia sociale senza mai porsi il minimo problema di cosa essi rappresentino davvero. Lo celebra grazie ad alcuni di loro che arrivano perfino a criticare il concertone essendone stati parte attiva e inaugurante già dalle prime edizioni (si pensi ad Elio e le Storie Tese con il loro “Complesso del Primo Maggio”, tramite cui criticano senza mezzi termini un sistema di cui fanno pienamente parte. Ora, non è minimamente importante a cosa sia dovuta l’ipocrisia dei cantautori nel merito: se ad ignoranza (molto probabile), aperta malafede o semplice opportunismo. Ciò che è certo è il loro ruolo pedagogico, volto a formare schiere di giovani alla frivolezza mascherata da sostanza, magari pure “de sinistra” contro i prossimi pericolosissimi fascisti. Tutto mentre l’Italia sprofonda, sprofondano i suoi lavoratori, insieme agli imprenditori, al suo popolo e ai suoi figli.

Una truffa ideologica e sociale

Tutto il liberal-progressismo è una truffa ideologica, o meglio sociale. Alfiere assoluto della distruzione del Lavoro, delle sue paghe e delle sue garanzie, si spaccia per difensore dei deboli e degli oppressi. Tra quelle miriadi di giovani che affollano la piazza in San Giovanni, ce ne sono a fiotti convinti addirittura di essere una sorta di anticapitalisti del nuovo millennio. Moltitudini che urlano ad antifascismi a caso, non sapendo minimamente di cosa stanno parlando. Che frignano magari contro il governo “de destra” attualmente al potere, cianciando di una giustizia sociale disintegrata decenni orsono proprio dal sistema culturale che li intorta ogni santissimo anno a suon di musica pop e tolleranze sulla cannabis nei prati romani. Quella giustizia sociale eliminata senza pietà proprio negli anni Novanta, il decennio in cui la buffonata del “concertone” ha allestito la sua prima edizione: guarda caso, era proprio il 1990, il muro di Berlino era caduto da meno di un anno e niente, nulla, si sarebbe opposto all’esportazione completa, piena, del modello da giungla americano, lo stesso che ha ridotto ai minimi termini uno stato sociale come quello italiano creato dal fascismo e sopravvissuto praticamente per tutto il secolo scorso. Ma tant’è, andiamo al concertone, suonandocela e cantandocela da soli. Come sempre.

Stelio Fergola

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