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Omen – L’origine del presagio: un bel ritorno all’horror anni ‘70

by Tommaso de Brabant
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Roma, 5 mag – ­Roma, 1971: Margaret, orfanella timida e bella novizia, giunge a Roma per diventare suora; il cardinale Lawrence, figura paterna per la ragazza, la affida a suor Silva, badessa d’un orfanotrofio. Qui Margaret diventa amica di Luz, avvenente consorella che non disdegna le gioie mondane; incontra l’inquietante suor Anjelica e si affeziona a Carlita, bambina spesso rinchiusa dalle suore perché “cattiva”. In una Roma sconvolta dalle rivolte studentesche, una trama maligna stringe le sue spire intorno alla novizia.

Non un horror qualsiasi

I veterani (in inediti ruoli horror) Sonia Braga e Bill Nighy (con un cameo, nel prologo, di Charles Dance) guidano un cast di quasi debuttanti: Maria Caballero, Ishtar Currie-Wilson, e la protagonista Nell Tiger Free. Ampio catalogo di citazioni: Rosemary’s Baby (l’amplesso per generare il figlio dell’Anticristo, e l’apparizione delle zampe del “padre”), Smile (il sorriso terrificante sul volto della pur bella Margaret), Possession (il delirio, con tanto di convulsioni e secrezioni, prima del parto mostruoso), e lo stesso Presagio (il suicidio preceduto da dichiarazione di devozione). Perdonando qualche strafalcione nella trama (oltre alla sciocchezza dell’ultimo confronto fra Margaret e padre Brennan, e all’esagerazione dei particolari “ostetrici”), Omen – L’origine del presagio è un film dell’orrore di vaglia, uno spettacolo che alla banalità dei “jump scare” preferisce l’inquietudine profonda, il recupero delle atmosfere dei “b movie” degli anni ’70: infatti sprofonda in una Roma nerissima, torbida, ammorbante, cattiva, invivibile; quella stessa anticamera infernale già accennata nella miglior sequenza di 007 – Spectre.

Un prequel di razza

Primo lungometraggio diretto da Arkasha Stevenson, ex fotoreporter del Los Angeles Times, Omen – L’origine del presagio è il prequel di Il presagio (Richard Donner, 1976), non proprio il migliore fra i tre film di maggior successo del filone satanico (su ben altri livelli stanno L’esorcista – William Friedkin, 1973; e soprattutto Rosemary’s Baby – Roman Polanski, 1968). Donner (il cui film migliore resta Ladyhawke; un affascinante disastro il suo primo Superman, e i quattro film di Arma letale sono una brutta sagra della violenza) a differenza di Friedkin e ancor più di Polanski non era un grande cineasta, ma un bravo mestierante; non lo ha poi aiutato il protagonista, l’affascinante e imponente ma imbambolato Gregory Peck, più spaesato del solito nell’unico horror (a meno di considerare tali anche Io ti salverò, i due Cape Fear e I ragazzi venuti dal Brasile) della sua prestigiosissima filmografia. Basato su due espedienti dozzinali (che l’Anticristo nasca alle sei del 6 giugno è una baggianata, e la scelta del suo nome, Damien, per l’assonanza con “demon”, non fa nemmeno ridere), Il presagio aveva comunque dei gran pregi: il fascino di Lee Remick e Billie Whitelaw (allieva di Samuel Beckett), la bravura di Leo McKern e dell’impresentabile David Warner, la scelta di far paura con allusioni e colpi di scena invece di ricorrere alla bassa macelleria, la trovata geniale (che ha fatto scuola) di ambientare la parte centrale negli angoli più tenebrosi della campagna laziale, tre scene che hanno fatto la storia del cinema horror (il suicidio della tata, la caduta di Kathie e la celeberrima decapitazione del fotografo) e un finale agghiacciante; pregi che gli hanno consegnato un gran successo di pubblico, e la fama di “fratello minore” di L’esorcista.

“L’origine del presagio”: il film del riscatto

Il finale (no, quanto segue non è uno “spoiler”) di Omen lascia la porta aperta a un proseguimento: ambiguamente, perché questo può essere identificato sia col film di Donner, sia con un prequel-bis. Operazione rischiosa: perché il pur pregevole film della Stevenson lascia intendere, col suo continuo ricorrere a citazioni, che le idee siano già finite. Mai dire mai: il nobile precedente di Conjuring – un “franchise” cominciato bene e proseguito anche meglio – fa ben sperare, e di quei film questo Omen ha il tono, i riferimenti e l’ispirazione. Per ora, ha il merito d’aver riscattato una saga che non era proseguita bene (La maledizione di Damien), era continuata malissimo (Conflitto finale) ed era stata rievocata vergognosamente (il remake del 2006 Omen – Il presagio).

­Tommaso de Brabant

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