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Padre separato non vede figlio per 4 anni: Strasburgo condanna l’Italia per “negligenza”

by Ilaria Paoletti
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Milano, 20 mag – Luca Costa Sanseverino di Bisignano, è un 49enne, papà di un bimbo che oggi ha dodici anni e che non si è mai arreso. Per far valere i propri diritti di genitore è arrivato alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

Ritardi, negligenza e sciatteria della burocrazia

Ma lo sforzo è valso la vittoria. Lo Stato italiano è stato condannato per “negligenza”. Al fine di evitare dura condanna, l’Italia ha ammesso le proprie colpe nei confronti dell’uomo, pagando un’ammenda di 15mila euro, rendendo così: ritardi nell’esecuzione dei provvedimenti sui diritti di visita sono stati tutti imputati alle lungaggini della burocrazia italiana.  Mesi persi per un fax mai arrivato a destinazione: il numero era sbagliato. Come quel fax, Spedito dal Tribunale dei minori di Roma al Comune capitolino e all’associazione Bambini nel tempo onlus che si sarebbe dovuta occupare del suo caso. Ma quel fax viene inviato a un numero errato, causando l’ennesima estate separata per padre e figlio.

Guerra legale

La storia di Luca e di suo figlio è quella di un affido condiviso dove, però, il padre viene tenuto lontano: la possibilità di vedere e frequentare il figlio ridotta in brandelli e questo ad onta della decisione del giudice. In sostanza, Luca non vede per mesi e anni il bambino. E inizia una guerra legale. Tutte le volte che, però, un giudice si pronuncia in suo favore, le decisioni non vengono rispettate dalla madre del bimbo. Luca trova una compagna e con lei ha altri due figli. “Tra i più grandi rammarichi della mia vita, c’è quello di non averli visti crescere insieme: con il mio secondogenito si sono conosciuti un giorno per caso, all’ingresso della Feltrinelli… eppure parliamo di due fratelli” rammenta il padre. Ancora oggi però gli incontri con il figlio sono ridotti al lumicino: “Se non risolvo torno di nuovo a Strasburgo. Troppe lungaggini ho perso 4 anni di vita con mio figlio per una pronuncia che doveva e poteva arrivare nell’arco di appena tre mesi. Troppe cose che non vanno, non funzionano”.  “Il risultato è che nessuno si muoveva – racconta Luca – Il fax venne inviato i primi di giugno, l’errore venne stanato solo a fine ottobre. Risultato? Un’altra estate saltata”.

I diritti negati dei padri

“Ho dovuto lottare contro i pregiudizi presenti a tutti i livelli: dalla magistratura ai servizi sociali alla società più in generale, perché in Italia il ruolo del padre è considerato in maniera diversa e deficitaria rispetto a quello della madre e le richieste di parità e di reale affido condiviso vissute come fumo negli occhi” sostiene Sanseverino. “Il mio obiettivo oggi è assistere associazioni che aiutino le persone come me a ricorrere a Strasburgo, obbligando lo Stato italiano a un maggior rispetto reale e legale dei cittadini e dei loro diritti umani” dice adesso il padre. “Io e il mio bambino in qualche modo siamo sopravvissuti, nei suoi primi tre anni di vita abbiamo costruito un buon rapporto: “mattoncini” che hanno tenuto in piedi il nostro legame, nonostante tutto. Oggi credo di poter dire di essermi salvato, e credo mio figlio si sia salvato. Ma ho vissuto anni in cui non ero né vivo né morto. Il mio non era un lutto, perché il mio bambino era vivo e godeva di ottima salute, ma non potevo vederlo e questo è devastante, con effetti psicologici enormi che investono tutte le sfere delle tua vita. Trasformandoti in uno zombie, appunto: quello che io non sono più ma che nessun uomo merita di diventare“.

Ilaria Paoletti

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