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Per gli ebrei il Messia è in arrivo. Un vitello rosso è il suo profeta

by La Redazione
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Tel Aviv, 10 set – Che importanza può avere l’apparizione di un vitello rosso? Per gli appassionati della carne una discreta importanza, per i cultori di antichi riti può giocare un ruolo fondamentale. Il Temple Institute ebraico ha pubblicato un video su youtube in cui si mostra il vitellino dal colore vivace che annuncia, secondo prescrizioni che si perdono nella notte dei tempi, “la promessa di ripristinare la purezza biblica del mondo”. Il sacrificio del vitello coinciderebbe con la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e addirittura la venuta dei tempi messianici.

Politica e religione si intrecciano nell’ebraismo ancor più che in altre religioni, dal momento che nell’ebraismo l’aldilà rimane un orizzonte nebuloso, che non si lascia dogmatizzare. Già al tempo di Cristo vi erano ebrei completamente materialisti che non nutrivano alcuna concezione ultramondana, così come sono apparse nel corso dei secoli correnti più mistiche che ammettevano pacificamente la reincarnazione. L’orizzonte spirituale dell’ebraismo si gioca nel mondo, così anche i “tempi messianici” non si lasciano immaginare come la conclusione finale della storia terrena, ma piuttosto come un’epoca futura in cui la promessa di prosperità e di affermazione del popolo ebraico troverebbero piena realizzazione.

Affinché il Messia venga è assolutamente necessario che venga ricostituito il tempio di Gerusalemme, perché solo in quel tempio è possibile realizzare il sacrificio secondo le precise modalità prescritte nell’antichità che leggendariamente si riferisce a Mosè. Qui le prospettive di ebraismo e cristianesimo divergono nettamente.

Vicino al pozzo la samaritana dice a Gesù: “I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo mondo e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare” chiedendo lumi su quale sia il giusto centro spirituale. Cristo risponde rendendo l’interrogativo superfluo: “Credimi donna è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.

Il Cristianesimo, così come il Buddhismo, lo Yoga, il Pitagorismo segue – secondo la lezione di Mircea Eliade –  un fenomeno epocale: “la crisi del sacrificio antico”. Gli antichi culti avevano appunto il loro architrave nel sacrificio – dell’agnello, del cavallo, del vitello… – come offerta al Divino, concepito nei vari modi. Nelle grandi tradizioni spirituali dopo il VII-VI secolo comincia a maturare un superamento di questo sistema. Nel Cristianesimo il sacrificio è “completo” con Cristo: è lui, una volta per tutti l’Hostia, l’offerta spirituale. Allo stesso modo nello Yoga il sacrificio è interiorizzato: l’entità psico-fisica dello yogin è altare sacrificale e rito di liberazione nella conoscenza.

Già nell’Islam si ha un moto di ritorno alla arcaica pratica del sacrificio. Gli islamici sgozzano gli agnelli e in quello sgozzare si esprime una ansia di purificazione, che è la stessa a manifestarsi – secolarizzandosi – in altri sgozzamenti e in altre forme di puritanesimo politico. Nell’Ebraismo vi è invece un’ansia, un moto di irrequietezza, perché a differenza dell’islamico l’ebreo osservante non può tornare a celebrare il suo rito ovunque e con chicchessia. Occorrono sacerdoti appartenenti a un preciso retaggio di sangue (il sacerdote ebraico non deve confondersi col “rabbino”, che è essenzialmente un dottore della legge, anche se investito di compiti rituali), occorre un luogo preciso: Gerusalemme e il Tempio rinnovato.

Che prospettive di realizzazione avevano nell’Ottocento questi aneliti religiosi? Improbabili le avrebbe considerate uno spirito razionalistico. Eppure a partire dal Novecento eventi imprevedibili sono accaduti: uno su tutti la ricostruzione di uno Stato ebraico nel bel mezzo del Medio Oriente, scoglio ebraico nell’immenso mare di popolazioni mussulmane.

Oggi sotto i nostri occhi sta avvenendo una accelerazione formidabile della reazione a catena avviata nel 1917 con la dichiarazione Balfour, che creava il focolaio ebraico in Palestina. Israele ha ottenuto il riconoscimento di Gerusalemme come capitale (da parte degli Stati Uniti), ha ottenuto praticamente la trasformazione di Israele in uno Stato identitario-religioso con la nuova legge sulla cittadinanza.

I gruppi religiosi come il Temple Institute spingono ora per andare fino in fondo: la ricostruzione del Tempio. Particolare abbastanza “apocalittico”: il Tempio dovrebbe sorgere dove ora c’è la spianata delle Moschee. E l’una presenza – secondo rigore monoteistico – esclude l’altra. Fu scelta ponderata e gravida di conseguenze quella compiuta da Ariel Sharon di “passeggiare sulla spianata” alle soglie del terzo millennio. Lo fece prima di essere maledetto dai rabbini fondamentalisti con la “pulsa de nura”, la maledizione rituale già usata per Baruch Spinoza, per aver tatticamente rinunciato agli insediamenti di Gaza.

A suo modo l’ebraismo è una cultura archeofuturista, mescola prescrizioni antichissime (endogamia, giorni fasti e nefasti, tabù alimentari) e una estrema duttilità nell’assecondare i cambiamenti. Pare che il vitello rosso sui cui si appuntano le speranze messianiche dei gruppi fondamentalisti sia stato generato impiantando embrioni di red angus in tradizionali mucche domestiche israeliane: come in Jurassic Park, la clonazione post-moderna di un mondo se non preistorico comunque arcaico.

È importante ovviamente che questo vitello sacro high-tech sia completamente “senza macchia”. Il Rabbi Chain Richman, direttore del Temple Institute, ci conta e ha dichiarato che la nascita della giovenca rossa potrebbe essere l’evento inaugurale per il Terzo Tempio. Altri rabbini invece restano su posizioni più intransigenti riguardo a tale identificazione. La cautela è d’obbligo perché la pulsione dei gruppi fondamentalisti a ricostruire il Tempio sul luogo della spianata delle Moschee potrebbe scatenare un “finimondo”.

Alfonso Piscitelli

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4 comments

Dino Rossi 10 Settembre 2018 - 5:42

Ma per piacere!

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Andrea Spilotti 10 Settembre 2018 - 7:30

…i maledetti sionisti guerrafondai fremono dopo aver creato un tarocco…

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Tony 10 Settembre 2018 - 9:26

…gli inglesi crearono lo stato ebraico..per liberarsene con ”eleganza”..

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Lori Silvestri 14 Novembre 2020 - 1:31

È indispensabile per il bene soprattutto degli Ebrei che viviate in pace anche con il popolo palestinese perché sono vostri fratelli mangiando gli stessi prodotti di una terra comune. SO che nella Bibbia Dio ha dato al popolo ebreo una terra che va dal Nilo al fiume Eufrate,ma Voi Israeliti dovreste dire a Dio: Noi rinunciamo a una parte del suolo che ci hai promesso perché anche i Palestinesi sono nostri fratelli. Personalmente penso che l’attuale politica Israeliana sia condizionata da una non confessata paura di non poter sopravvivere ed ispirata a contenuti che avete rifiutato esempio:se un piccolo,o,giovane palestinese vi lancia delle pietre non dovreste ucciderlo, ma cercare di dialogarci perché il male semina il male,il bene semina il bene. Con stima e affetto Lori

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