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Perché l’articolo 11 della Costituzione sulla “pace” ci impone di essere schiavi

by Stelio Fergola
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articolo 11 costituzione

Roma, 6 giu – L’articolo 11 della Costituzione italiana ci impone una schiavitù di fatto e l’impossibilità di essere realmente indipendenti . Parliamo del seguente testo, che qui riportiamo integralmente.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Da cosa nasce la riflessione

Lo spunto si è generato da uno degli ultimi video pubblicati su Il Puzzle, di Arnaldo Vitangeli, stimato collega con cui ho visioni in larghissima parte comuni (sebbene non possa concordare con un’idea dell’immigrazione proposta ultimamente che, sebbene non priva di elementi razionali, oltre ad essere criticabile ha anche un punto debole: ma è un discorso troppo lungo che non discuteremo in questa sede).

L’ultimo approfondimento pubblicato, comunque, analizza la polemica sulle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla “sovranità europea”, pronunciate nel giorno della festa della Repubblica, e le critiche che sono partite dalla Lega indirizzate al capo dello Stato. Partiamo da una premessa: condivido il contenuto del video di Vitangeli al 99%. C’è solo un piccolo particolare (magari filosoficamente “estendibile” vista la portata dello stesso), su cui mi sento, se non in disaccordo, quanto meno nella posizione di chi vuol far provare ad aprire gli occhi e di invitare alla riflessione. Non si tratta di un punto sostenuto dal solo Vitangeli sia chiaro, ma da un intero “modo di pensare” che, a mio parere, dovrebbe superare alcune “tare” probabilmente di natura culturale.

Questo particolare riguarda le puntigliosità dialettiche a difesa dell’articolo 11 della Costituzione per sostenerne una versione sedicente “neutra”, che sì, limiterebbe la nostra sovranità ma solo “a certe condizioni” come peraltro – questo è oggettivo, indubbiamente – scritto nel testo.

La realtà contestuale dell’Italia post 1945 ci racconta però una storia diversa. Che occorre cominciare a guardare con assouto cinismo e senza filtri, partendo da un presupposto metodologico essenziale: scrivere una presunta regola non è garanzia di nulla, specialmente se si parla di costituzioni e di rapporti con altre realtà. Con i filtri rischia di non iniziare mai il processo virtuoso, quanto meno in termini culturali, per iniziare, se non a marciare, quanto meno a “ragionare” in termini indipendenti. Andiamo dritti al punto: quelle “certe condizioni” in cui l’Italia accetterebbe di limitare la propria sovranità esistono praticamente sempre.

Da qui la conclusione ovvia che ribadiremo anche dopo: l’articolo 11 in realtà non ha nessuna deroga e afferma in modo netto- ma furbescamente – che l’Italia non sia un Paese sovrano e non potrà esserlo praticamente mai. Peraltro in contraddizione con l’articolo 1 e la “sovranità che appartiene al popolo”. Ma questo è un altro discorso, andiamo avanti e spieghiamo perché.

Perché l’articolo 11 della Costituzione è un inganno linguistico e storico

Lo stesso passaggio iniziale secondo cui “L’Italia ripudia la guerra” è un  bluff: la guerra viene “ripudiata” solo ed esclusivamente quando i soci “paritari” le impongono di ripudiarla.  Ma in generale è l’Italia che, secondo l’articolo, “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, ad essere in un mondo parallelo, visto che nella nostra realtà cede sovranità praticamente sempre, ed è sufficiente concentrarsi su tre aspetti: due riguardano il testo che stiamo analizzando, il terzo è di natura storica.

Le “condizioni di partià”, tanto per cominciare. Quando è che le condizioni sono “pari”?  Sempre e mai, semplicemente, perché la realtà è che non c’è modo di determinarlo in modo certo, o quanto meno tutto ciò con cui abbiamo avuto a che fare come Nazione dal 1945 in avanti é geneticamente lontanissimo dal concetto di “paritario”. Basti vedere l’organizzazione della stessa Nato: ufficialmente le decisioni dell’Alleanza vengono prese all’unanimità, dunque in condizioni di parità. Poi nel mondo reale sappiamo benissimo quanto tuttò ciò corrisponda a una visione completamente inventata. Non in parte, sottolineiamolo: completamente.

Continuiamo con le limitazioni di sovranità ad “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”? Non c’è nulla di più facile che proclamarsi come un’organizzazione di questo tipo, salvo poi andare nella direzione diametralmente opposta. Se andiamo a leggere le dichiarazioni di tutti i principali contendenti di un conflitto mondiale, non c’è nessuno che non si sia spacciato almeno una volta per “portatore di pace”. Sulla stessa questione ucraina, sia americani che russi si proclamano ovviamente favorevoli alla “pace”. La stessa Unione europea si autoproclama come un organismo che assicura “la pace” (i famosi “settant’anni” con cui ci hanno rotto i timpani, per non dire altre cose, da decenni). Dunque, non c’è niente di più semplice ed elementare per eludere anche la seconda “condizione” dell’articolo 11 della Costituzione. La Nato è un’organismo di pace, l’Ue è un organismo di pace e, guarda un po’, anche l’Onu è un organismo di pace. Morale della favola (perché di favola si tratta), cediamo sovranità. E non secondo deroghe come in teoria prevederebbe la Costituzione: ma praticamente sempre.

Concludiamo con le considerazioni storiche: quante probabilità c’erano che l’Italia del 1945, uscita in macerie dalla guerra e sotto il dominio ormai certo degli americani, potesse davvero trovarsi in “condizioni di parità” con altri soggetti politici e internazionali, quanto meno nella sfera occidentale? Praticamente nessuna. Ecco perché questa considerazione riassuntiva racchiude in qualche maniera le tre precedenti, e ci svela una verità difficile da accettare ma assolutamente certa: l’articolo 11 è un bluff dialettico che certifica la nostra schiavitù e la nostra mancanza di indipendenza, sia essa militare o anche di banalissima azione nella politica internazionale (il primo aspetto è funzionale al secondo e non è neanche necessario spiegare il perché).

Poi tenta di salvare baracca e burattini, come si dice in gergo, sottolineando che sì, la sovranità l’Italia la cede ma a determinate condizioni. Peccato che quelle condizioni non esistano: non ci sono quelle di “parità” e non sussistono neanche gli organismi che assicurino la pace. A meno che uno non voglia credere alle parole e alle favole, sia chiaro.

Stelio Fergola

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