Roma, 12 apr – Bisognava vedere anche questa: i clown americani contro Stephen King. L’associazione di categoria dei pagliacci, di cui scopriamo ora l’esistenza, ha attaccato lo scrittore per via del personaggio di Pennywise in It, che come tutti sanno è un pagliaccio assassino. Ci hanno messo un bel po’ ad accorgersene, dato che il libro è del 1986. Ma la polemica si è ovviamente infuocata dopo il grande successo ottenuto dal trailer del nuovo film di It. Sempre meno bimbi desiderano avere clown alle loro feste. Un vistoso calo si era registrato anche qualche mese fa, quando in varie parti d’America cominciarono a essere avvistati clown più che minacciosi, non si è capito bene se per una forma di emulazione o per qualche campagna di marketing. King ha ora commentato la situazione scrivendo su Twitter: “I clown sono arrabbiati con me. Mi dispiace, la maggior parte di loro sono grandiosi. Ma… i ragazzini sono sempre stati spaventati dai clown. Non prendetevela con i messaggeri se non siete d’accordo con il messaggio”.
Clown a parte, è proprio la logica della protesta a essere assurda. Ma il politicamente corretto è anche questo: minoranze organizzate (anche le più ridicole, tipo il sindacato dei clown) che, vantando il proprio quarto d’ora di vittimismo, pretendono di mettere bocca sul funzionamento della società, che tutta in blocco dovrebbe mobilitarsi per riparare il torto subito. Non si capisce, però, chi possa essere, a questo punto, il cattivo dei film e dei libri: l’antagonista avrà sempre determinate caratteristiche fisiche, farà sempre un certo tipo di lavoro, verrà sempre da una regione o dall’altra. Insomma, ci sarà sempre qualcuno che protesterà. E infatti così accade. All’uscita di Split, il film di M. Night Shyamalan su un serial killer dalle personalità multiple, un’associazione australiana in favore dei malati mentali ha dichiarato: “Film come questo rinforzano la falsa idea stereotipata che le persone con malattie mentali complesse siano intrinsecamente pericolose e violente”. Inoltre la Società Internazionale per lo Studio del trauma e della dissociazione ha rilasciato una dichiarazione per sfatare lo stereotipo del disturbo dissociativo dell’identità come pericoloso e criticando il fatto che il film vada “a scapito di una popolazione vulnerabile che si sforza di essere riconosciuta e ricevere il trattamento efficace che merita”.
Quando uscì il Codice Da Vinci, la Noah, l’Associazione americana che rappresenta gli albini, attaccò la figura stereotipata di Silas, il malvagio albino che, sulle tracce del Santo Graal, si macchia di efferati delitti. A proposito dell’horror del 2009 Orphan, invece, molte associazioni pro-adozione accusarono la pellicola di diffondere paure e falsi stereotipi riguardo all’adozione, sostenendo che questo possa togliere possibilità ai bambini in attesa di una famiglia. Le associazioni pro-adozione hanno contattato il presidente della Warner Bros., Barry Meyer, chiedendogli di eliminare dal film la frase che la protagonista Esther dice al padre adottivo: “Non è facile amare un figlio adottivo quanto un figlio naturale”. Di questo passo, i cattivi dei film potranno essere solo maschi bianchi eterosessuali. Loro, infatti, chi li difende?
Adriano Scianca