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Ecco perché non è la riforma della prescrizione la soluzione ai mali della giustizia

by La Redazione
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Roma, 5 nov – Ogni anno migliaia di processi penali si concludono con un nulla di fatto: il giudice si arresta – spesso nel mezzo del dibattimento, ma ancor più spesso nel corso delle indagini preliminari – ed emette una sentenza che non è né di condanna, né di assoluzione, perché dichiara che il reato è estinto per prescrizione.
Questo istituto si basa su un concetto molto semplice, illustrato chiaramente nei lavori preparatori del Codice Rocco: trascorso un determinato periodo di tempo senza che il processo si sia concluso con una sentenza definitiva, il reato si estingue poiché scompaiono la memoria del fatto criminoso e l’allarme sociale, e con essi l’interesse dello Stato a punire. Si spiega, così, perché alcuni reati non possono mai prescriversi (è difficile non avere più interesse a stabilire le responsabilità per un grave fatto di sangue, come una strage, ad esempio) e perché altri, di minore offensività, si estinguono in tempi anche brevi.
A volte però accade che tra i processi “abortiti” ne spunti uno “eccellente”, che riguarda fatti ancora vivi nella memoria dell’opinione pubblica. Proprio il clamore di questi casi – e, in particolare, la prossima prescrizione nel giudizio di appello di alcuni reati relativi al disastro ferroviario di Livorno – sembra essere il motivo per il quale è improvvisamente comparso nel testo del disegno di legge c.d. “spazzacorrotti” (A.C.-1189) un emendamento che introduce l’ennesima modifica alla disciplina della prescrizione, che, peraltro, poco più di un anno fa era stata oggetto di un altro intervento legislativo, volto ad allungare significativamente i tempi necessari a prescrivere.
L’idea, sponsorizzata dal Ministro della Giustizia, però, si spinge ben oltre l’assetto vigente, che, almeno, individua limiti ben precisi oltre i quali l’effetto estintivo si verifica comunque. Qualora si tramutasse in legge, infatti, l’emendamento introdurrebbe un “congelamento” dei tempi della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, senza neppure distinguere fra condanna e assoluzione.
Con una tale misura tutti i processi sarebbero senz’altro al sicuro, poichè l’Autorità giudiziaria avrebbe tutto il tempo necessario per celebrare i giudizi di impugnazione, ma si finirebbe per scaricare sull’imputato il costo, non soltanto economico, di tutta la manovra e dell’inefficienza della macchina giudiziaria. Colui che, suo malgrado, vive il processo da protagonista, infatti, vedrebbe prolungata sine die l’attesa per una statuizione definitiva, anche qualora a impugnare non sia stato lui, ma il p.m. Senza considerare, poi, che qualche disagio potrebbe averlo anche la parte civile, che, allo stesso modo, potrebbe essere costretta ad attendere anni prima di veder riconosciute le proprie pretese di risarcimento.
Del resto, per comprendere quali effetti un simile provvedimento potrebbe comportare basta volgere lo sguardo alla materia civile, nella quale vige una regola simile a quella che si vuole introdurre e in cui i processi possono durare anche più di venti anni senza giungere a una decisione finale.
Si comprendono, allora, le polemiche che hanno accompagnato l’emendamento e le reazioni di coloro che, quotidianamente, vivono la realtà giudiziaria. E’ auspicabile, quindi, che, per quanto si possa avvertire la necessità di una riforma della prescrizione, non sia questa la formula e il modo con i quali farà ingresso nel sistema penale. In una materia così delicata, infatti, ogni intervento dovrebbe essere ben meditato e coordinato.
Proprio in quest’ultima prospettiva si coglie l’aspetto più preoccupante dell’intera vicenda: se è evidente che la situazione attuale, con migliaia di processi che finiscono al macero perché non si arriva a una conclusione tempestiva, lascia perplessi e dimostra il fallimento dello Stato nel contrasto alla criminalità, è anche vero che il dato è soltanto la spia di una crisi più ampia. In altre parole, se la macchina giudiziaria non riesce a gestire il suo carico di lavoro, non è certo colpa degli “azzeccagarbugli” evocati dal Ministro, che forse dimentica che dietro l’annullamento di un processo per ragioni di forma c’è la violazione di un diritto fondamentale dell’imputato e non la diabolica preordinazione di un cavillo da parte di un avvocato con pochi scrupoli.
Piuttosto, dietro questa situazione c’è un processo penale che, per come è strutturato e per le risorse che gli sono dedicate, non è in grado di sbrigare in tempi ragionevoli il proprio compito. C’è anche un atteggiamento equivoco del legislatore che negli ultimi anni ha sempre più strizzato l’occhio alla depenalizzazione, ma in parallelo ha introdotto nuovi reati a favor di propaganda.
C’è, insomma, l’esigenza di una riforma radicale che non consideri soltanto un aspetto del problema, ma l’intera materia, perché nel diritto e nel processo penale “tutto si tiene” e non è possibile intervenire settorialmente sull’onda dell’emozione sollevata da un fatto di cronaca. Dunque, soltanto quando il processo penale sarà costruito in modo tale da reagire in maniera rapida ed efficace alle infrazioni e sarà dotato delle risorse necessarie per concludersi in un tempo ragionevole, si potrà spostare l’attenzione sulla prescrizione, e pensare di modificare l’istituto sin dalle sue fondamenta.
A.S.G.A.R.

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Giuseppe C. 5 Novembre 2018 - 5:44

L’annullamento dei termini di prescrizione o il loro eccessivo allungamento non farebbe altro che peggiorare la già precaria situazione dell’amministrazione della giustizia, consentendo l’accumularsi di processi su processi che non avrebbero mai termine e che potrebbero durare ben oltre l’esistenza materiale degli imputati (con relativa estinzione del processo). Peraltro, il legislatore dovrebbe riflettere meglio sulla manovra proposta, posto che – per eliminare i processi meno urgenti e fare posto a quelli di maggiore gravità (facendo magari valutazioni più sul loro impatto mediatico che sulla gravità del fatto in sè) – i PM sarebbero costretti a ricorrere ad espedienti alternativi, quali l’archiviazione per esempio. Forse è proprio l’archiviazione che dovrebbe essere riformata (prevedendo obblighi di motivazione più stringenti ed evitando che venga usato come strumento per evitare l’azione penale a priori) e non la prescrizione…ma forse questo non ha avuto lo stesso risalto mediatico e quindi per il M5S è meglio una riforma di forte impatto mediatico che una vera riforma utile al sistema giudiziario ed agli Italiani….

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Prescrizione, i pericoli di una riforma voluta da grillini e sinistra manettara 12 Febbraio 2020 - 3:11

[…] prescrizione è un istituto giuridico che nasce da una norma di legge e trova il suo fondamento nella […]

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