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Protestantesimo ascetico e spirito calvinista: la genesi del turbocapitalismo

by La Redazione
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Roma, 9 set – Max Weber (1864-1920) pubblica nel 1905 un saggio intitolato L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo. Con questa opera, Weber svolge un accurato studio sull’esistenza di un possibile rapporto tra protestantesimo e capitalismo.
Più precisamente, secondo il sociologo tedesco, il capitalismo moderno, caratterizzato dalla ricerca del guadagno per la soddisfazione dei bisogni personali, trae origine dal calvinismo. A tal proposito, osserva l’autore, nel protestantesimo il diniego del compimento di opere buone da parte dell’uomo per il raggiungimento della salvezza eterna, propria del cattolicesimo, lascia spazio alla predestinazione  e alla giustificazione per fede, secondo le quali, la salvezza eterna è data dalla Grazia di Dio nei confronti del soggetto eletto.
Segno di questa predestinazione è la fede che, nella dottrina calvinista, si manifesta nella ricchezza: il successo terreno permette agli uomini di raggiungere la salvezza e diventare  cittadini del regno di Dio. Una salvezza raggiungibile solo attraverso una “vocazione professionale”. Si afferma, pertanto, un concetto del tutto nuovo, cioè quello del Beruf – nella lingua tedesca significa professione – che diventa elemento fondamentale per la conduzione di una vita secondo i dettami dell’etica calvinista: esso rappresenta il più alto valore etico della vita umana e di negazione di una vita oziosa: “Ogni ora perduta è tolta al servizio della Gloria di Dio”.
Insomma, se nel calvinismo il lavoro genera ricchezza e grazia divina, tale parallelismo si traspone nel capitalismo, nel quale il lavoro genera profitto. In questo modo, il mondo “disincantato”dall’etica calvinista diventa un luogo abitato da uomini schiavi del profitto, i rapporti sociali vengono definiti attraverso quelli che sono gli interessi utilitaristici dell’individuo. E proprio nello spirito del capitalismo moderno che si genera quel turbocapitalismo, ove l’extrema ratio utilitaristica dell’uomo supera quelle “barriere” che sono i confini nazionali e si propaga su scala mondiale; un’economia globale di mercificazione del lavoro e di efficienza produttiva per ottenere proventi  e fare  business a svantaggio dello Stato e della popolazione, con una condizione, quella attuale, di disomogeneità nella distribuzione delle ricchezze con ricadute nefaste sul reddito pro capite di chi ogni giorno va a lavorare per “pochi denari” o ancora peggio non riesce a trovare un impiego.
Gianluca Calà

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1 commento

Renzo 14 Settembre 2018 - 7:21

Una filosofia per manipolare le mente è creare schiavi al servizio della produttività.
Peccato che il Vangelo dica: è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno dei Cieli.
Questa frase non è da interpretare contro i vecchi in generale ma contro quegli sfruttatori E chi si arricchisce in maniera immorale sfruttando gli altri.
Per chi ne fa del materialismo una propria religione.

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