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Rachel, o il gender applicato all’etnia: “Sono transrazziale: bianca fuori e nera dentro”

by La Redazione
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Roma, 17 giu – Era il 1979 quando i Monty Python nel loro irriverente Brian di Nazareth prendevano di mira alcuni atteggiamenti di una certa sinistra intellettualistica e slegata dalla realtà che proponeva battaglie inutili e totalmente irrazionali in nome di qualunque libertà potesse venire in mente. Lo sketch di Stan che pretende di essere donna e di chiamarsi Loretta perché “ogni uomo ha diritto ad essere una donna e ad avere bambini” e l’improvviso impatto di Reg con la realtà che stupito gli ricorda che “non può avere bambini” e che la sua lotta non ha senso perché è semplicemente “una lotta contro la realtà” ha fatto ridere per generazioni, facendo proprio di quella parte della sinistra una macchietta che è rimasta quasi un cliché per anni.

Ma che effetto farebbe oggi quello sketch che per anni ha fatto ridere trasversalmente? Probabilmente verrebbe censurato e denunciato. Perché quella stessa macchietta ridicola e patetica oggi ha imposto la sua demenza come unica cultura corretta. Stan probabilmente sarebbe ora il simbolo della libertà contro una società che impone disuguaglianze sessuali – perché ricordiamo che per certa gente non è la biologia ma solo la società a imporre queste differenze – mentre Reg sarebbe il becero omofobo retrogrado e violento, magari con tendenze femminicide. Ma dell’ideologia gender oramai siamo avvezzi, basta guardare ogni giorno la tv e sentire i deliri di chi cerca di dimostrare che uomo e donna sono uguali – e anche qui la semplice e razionale risposta di Reg “ma tu non hai l’utero” verrebbe stigmatizzata come omofoba e ignorante…

Ora la cultura macchiettistica ha raggiunto un nuovo step. Si può decidere la mattina non solo di essere donna e poi il giorno dopo tornare a pretendere di essere uomo perché siamo noi che dobbiamo decidere il nostro genere perché biologicamente è indifferente. Lo stesso concetto si può applicare anche all’etnia. Della fantastica storia di Rachel Donezal abbiamo già parlato nei giorni scorsi: una donna americana, bianca e bionda e di ascendenze ceche, svedesi e tedesche, è diventata presidente del National Association for the Advancement of Colored People della città di Spokane fingendosi per anni afro-americana, tingendosi la faccia con un’improbabile tinta abbronzante e arricciandosi i capelli per assomigliare al cliché dell’afro-americano delle vignette satirico-razziste di qualche decennio fa.

Ora, intervistata dal programma Today della Nbc dopo lo scandalo che ha dimostrato al mondo la sua menzogna, la donna dello stato di Washington ha candidamente risposto che lei “si identifica come nera da quando ha 5 anni” e che fondamentalmente si dichiara “transrazziale, birazziale e nera”, sottolineando come questa identificazione renda complicato stabilire se lei abbia effettivamente mentito o detto la verità in tutti questi anni. A quel punto l’intervistatore, mentre cercava di trovare il filo di questa magnifica supercazzola, le mostrava una foto giovanile in cui appariva con treccine bionde – perché in televisione ovviamente Rachel si è presentata con la tinta scura in faccia e i ricci da nero disegnato dal Ku Klux Klan. La risposta della donna ha superato la precedente: “Mi verrebbe da dire che quella ragazza è visibilmente bianca per chi la guarda da fuori”. Insomma puoi essere bianco e biondo fuori ma nero dentro. L’intervista è proseguita facendo però ben attenzione a sorvolare sulle altre fantastiche storie di Rachel, dalla sua avventurosa nascita in un teepee indiano – mai accaduto – al suo cancro al collo dell’utero – mai contratto – passando per le numerose denunce per essere stata vittima di episodi di intolleranza, stigmatizzati come falsi addirittura dalle associazioni antirazziste per cui lavorava. E mentre la risposta su Albert Wilkinson, l’uomo afro-americano che ha presentato come suo padre per dare credibilità alla sua storia, può anche strappare qualche lacrima – “lui è il mio papà” ha detto, “tutti possono essere padri ma non tutti sono dei papà” – qualche dubbio è venuto a galla quando Rachel ha tirato in mezzo i suoi figli, neri, che la identificano come afro-americana. Figli neri avuti con un compagno nero? Figli partoriti neri perché in realtà la sua identificazione come afro-americana ha avuto ragione della biologia? O semplicemente figli adottati? La Nbc ha ovviamente sorvolato anche su questo, dimenticandosi di dire che i due bambini che lei ha in casa presentandoli come figli sono in realtà i fratellini adottivi, adottati da mamma Ruthanne e papà – pardon, “padre” – Larry. Ma in fondo chi siamo noi per dire a dei bambini se sono figli o fratellini? È solo la società che ci impone delle regole vecchie e rigide. Se domani i due bambini decidessero di essere i nonni di mamma/sorella Rachel e contemporaneamente la donna volesse essere la loro zia, chi avrebbe il cuore di vietarglielo?

Carlomanno Adinolfi

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