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Rischi economici e sociali: l’esempio dell’immigrazione cinese

by La Redazione
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Roma, 28 set – Fra le principali caratteristiche dell’immigrazione che si sta verificando in  Europa vi sono non solo la presenza delle mafie che ne gestisce il movimento incrementando il proprio potere economico, ma soprattutto dobbiamo prendere in considerazione l’indolenza dei Paesi di fronte all’ingente flusso migratorio, indolenza determinata sia dalla incapacità di porre in essere una pianificazione del problema migratorio sia dalla incapacità politica di risolvere in modo autorevole una questione di tali dimensioni. L’assenza, almeno fino a questo momento, di una linea di condotta comune da parte delle nazioni comunitarie e i contrasti all’interno dell’Unione Europea non hanno fatto altro che rafforzare l’instabilità politica, rafforzare la criminalità organizzata, incrementare i profitti delle Ong e delle associazioni che accolgono gli immigrati sul proprio territorio e consolidare il consenso politico delle formazioni pro immigrazione che se ne servono a scopo elettorale.

Da un punto di vista strettamente storico dobbiamo prendere atto che l’ondata di immigrazione cominciata dal 2015 è completamente diversa da quelle del passato. Non è difficile prevedere che, date le dimensioni di questo nuovo fenomeno, le nuove migrazioni determineranno un cambiamento enorme nell’Europa accidentale.

L’esempio dell’immigrazione cinese

A tale proposito possiamo fare un parallelo con quella cinese che raggiunse il proprio apice tra la fine della guerra del Vietnam e la fine degli anni ’70 grazie alla politica delle porte aperte promossa da Deng Xiaoping. L’immigrazione cinese si concentrava prevalentemente sull’attività della ristorazione, sull’attività di importazione o esportazione di merci, sulla fabbricazione di beni, sulla contraffazione dei prodotti di lusso. Tutte attività strettamente intrecciate anche a quelle legali e diventa arduo individuare una linea di separazione netta.

Complessivamente l’immigrazione cinese è circoscritta a quartieri ben definiti e, nel giro di poco tempo, almeno in Europa ha avuto un aumento notevolissimo poiché è passata dalle 600MILA persone del 1980 ai 2 milioni circa solo nel 2007 creando vere e proprie Chinatown o enclave cinesi in Italia – per esempio a Prato e a Milano – che sono ancora in espansione.

In modo particolare, contrariamente a quanto si pensa la comunità cinese  è in generale poco disponibile all’integrazione e soprattutto l’opinione pubblica sottovaluta il fatto che questa immigrazione ha certamente degli stretti legami non solo con le Triadi ma anche con la nuova via della seta perché contribuisce alla penetrazione nel tessuto economico italiano ed europeo.

Roberto Favazzo 

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