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Da Rixi a Palamara: così il pressapochismo manettaro va in cortocircuito

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 31 mag – Dopo Siri, adesso Rixi, il viceministro leghista ai Trasporti condannato in primo grado per peculato e falso per le così dette e presunte spese pazze della Regione Liguria dal 2010 al 2012. Si è dimesso pur essendo innocente nel nome della trasparenza e per poter far valere meglio le proprie ragioni. Come se da membro del governo non ci si potesse difendere in giudizio. Le bordate cariche di letame sulla classe dirigente italiana sono partite come di consueto e la speranza che il politico ladrone si dimettesse per decenza, si è fatta largo nella coscienza collettiva di un paese malato di cialtroneria e pressappochismo manettaro. I colletti bianchi renderanno conto al popolo grillino che vota impegnato su Rousseau, incapace di comprendere la portata di principi fondamentali come il garantismo giuridico ossia l’innocenza fino a prova contraria, e anche i ricchi e i potenti piangeranno.

Sublimazione dell’impegno civile di ognuno di noi, possibilità concreta di avvicinamento ai miti immortali del perbenismo fintamente laico come Saviano e la cricca dei giudici che si sono trasformati in supereroi, in un contesto di cazzoni allo sbaraglio che pensano di poter riprodurre il paradiso in questa valle di lacrime. Ma se credi, sai che vi avrai accesso quando farai il grande salto, e se non credi, come molto probabilmente non credono tutti loro poiché credono solo e ciecamente nella legge, dovresti sapere che si tratta del miglior modo per creare un inferno.

Kant, negli Scritti politici, avvertiva che “da un legno storto, come quello di cui l’uomo è fatto, non può uscire nulla di interamente diritto” e possiamo dedurre che che per raddrizzare qualcosa di umanamente storto si debba violentarne la natura. L’uomo può esser ladro, la giustizia non una ghigliottina e la magistratura, coi loro lecchini, non può elevarsi a potere moralista e giacobino per il quale il mondo intero deve vivere in una condizione di terrore. Pensare di far girare la vita di un paese intero attorno alle indagini sulle presunte ruberie di qualche ladro di galline è quanto di più imbarazzante possa fare la classe politica, la quale, in tal modo, ammetterebbe di non esser in grado di tutelarsi dalle ingerenze degli altri poteri dello Stato e, soprattutto, di doversi far dettare l’agenda dai tribunali incazzosi.

Il pericolo insito in questa deriva non lo comprendono i grillini perché loro sono nati da questo cortocircuito, e fondandosi sull’assenza di idee non possono far altro che abbandonarsi fra le braccia delle procure militanti. E più militanti sono e meglio è. La parte buffa riguarda l’idiozia di un Movimento che vorrebbe basarsi su un’applicazione mastodontica della democrazia, addirittura diretta, ma poi lascia che la medesima venga sballottata dalle onde delle inchieste di qualche procura: un avviso di garanzia è come una tromba d’aria.

Accade poi che un magistrato, tale Luca Palamara, sia accusato dalla procura di Perugia di aver intascato 40mila euro per aver facilitato la nomina di Giancarlo Longo a procuratore capo di Gela. I principi sacrosanti di cui sopra valgono anche e soprattutto in questo caso, e risulta buffo come la casta grillina sorvoli con pacatezza e astuzia su un’indagine di questo tipo, che mette in collegamento il sacro mondo dei magistrati con quello spregevole della corruzione. I primi, ritenuti da Di Maio e Dibba la spina dorsale di un paese democratico, la seconda, ritenuta dagli stessi l’unico male che affligge il mondo e che risulta inestirpabile e per il quale si deve mettere in moto la vetusta pratica robesperriana della ghigliottina.

Capite che adesso, secondo il loro barbaro ragionamento, dovrebbe essere l’innocente fino a prova contraria Palamara a finir decapitato, a maggior ragione vista la sua posizione di membro del Consiglio superiore della magistratura che, lo diciamo per gli indignados da strapazzo, è l’organo di autogoverno della magistratura stessa, ossia quello che emana sanzioni per i magistrati bricconi. Ecco, tanto per dire che tutto il mondo è paese e che ogni uomo è un po’ storto a modo suo. Ovviamente pur essendo innocente fino a prova contraria. E gli unici che risultano colpevoli di barbarie sin dall’inizio sono i grillini parlanti.

Lorenzo Zuppini

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1 commento

Jos 31 Maggio 2019 - 2:31

..strano articolo….” tutti sono storti e quindi, tana libera”….Qui, in questo discorso, tirar fuori i ” grilli” no ci sta.. occorre valutare, seriamente la gravità del fenomeno, delinquenziale, della corruzione che è la premessa delle associazioni mafiose….se non lo si fa, l’ italia sarà, ed è, un paese delle banane…in questo caso, a maggior ragione, anche la zingarella, perennemente in gravidanza, merita di borseggiare liberamente…
La giustizia, com molteplici, ed infiniti gradi di giudizio , hanno dimostrato il loro fallimento..non per nulla, saggiamente, i Paesi anglosassoni utilizzano un solo, unico, grado di giudizio e divisioni delle carriere tra i giudici e pubblica accusa..

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