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Salario minimo, il ddl naufraga in Aula: opposizione allo sbando

by Sergio Filacchioni
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Salario minimo

Roma, 29 novembre – Via libera della Commissione Lavoro della Camera all’emendamento di maggioranza che cancella la proposta delle opposizioni sul salario minimo. La proposta delle opposizioni soppressa e rimpiazzata con una delega al governo che come minimo rinvia la questione di almeno altri sei mesi.

Stop al salario minimo

La “resistenza” del centrosinistra in commissione Lavoro alla Camera è durata poco: la maggioranza ha approvato l’emendamento che cancella la proposta unitaria delle minoranze (con fissazione a 9 euro l’ora) e la sostituisce con una delega al governo da esercitare entro sei mesi. Tra gli obiettivi del testo del centrodestra non c’è una cifra minima da regolare per legge ma “garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione”. Ed ora le opposizioni sbandano. I gruppi di Pd, M5s e Verdi-Sinistra in particolare sono furibondi. Arturo Scotto, capogruppo democratico in commissione, poco prima del voto ha annunciato che le opposizioni hanno abbandonato i lavori per protesta: “Tutte le opposizioni hanno abbandonato i lavori. Hanno compresso i tempi parlamentari uccidendo così il salario minimo con una delega al governo. Non ci rendiamo complici di questo scempio della democrazia parlamentare”. A dare manforte al pianto del Pd è arrivata anche la segretaria Elly Schlein che ha parlato dell’”antipasto del premierato” e di “un giorno buio per la democrazia”.

Il governo rilancia

La delega della maggioranza prevede l’adozione di una serie di decreti legislativi al fine di “garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione”. Si punta ora ad “assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi”. Un obiettivo da raggiungere “rafforzando la contrattazione collettiva” e prendendo a riferimento i “trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati”. La proposta del centrodestra prevede quello di “favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello” anche “per fare fronte alle diversificate necessità correlate all’incremento del costo della vita e alle differenze dei costi su base territoriale”. Un decisivo passo in avanti contro una malsana proposta.

Sergio Filacchioni

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