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Così la governabilità uccide la democrazia. Tra proporzionale puro e legge Acerbo

by La Redazione
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Roma, 26 apr – Il sistema elettorale è l’indice, in senso sostanziale, della natura democratica o meno di uno Stato. La nostra Costituzione ha codificato un’idea di democrazia completamente aderente al significato della parola stessa, che deriva dal Greco (démoskràtos, popolo – potere). Affinché vi sia democrazia, e dunque un governo del popolo, la sovranità, deve necessariamente appartenere al popolo stesso. L’esercizio della sovranità nel nostro ordinamento si ha attraverso il diritto di voto, oltre che attraverso alcuni strumenti di democrazia diretta come ad esempio il referendum o le leggi di iniziativa popolare.

Il voto, secondo la Costituzione, deve essere eguale, diretto, libero e personale. L’art. 48 Cost., comma secondo, in punto uguaglianza, è chiarissimo e non interpretabile: il voto è personale ed eguale.

Dunque, mentre infuria il dibattito su una legge elettorale che garantisca governabilità (?) al Paese, abbiamo una Costituzione che non riconosce alcun valore nella stabilità di governo, ma la subordina alla piena applicazione della democrazia. Peraltro tale ratio è conforme alla stessa funzione che il governo ha nel nostro ordinamento, che è solo quella di eseguire la volontà parlamentare. L’Italia è infatti una Repubblica parlamentare in cui il governo è, per scelta Costituzionale, un organo debole e con poteri assai limitati.

Non serve peraltro un fine giurista per comprendere che se il voto deve essere eguale, non possono esistere strumenti maggioritari di distorsione della rappresentatività popolare. Se un voto dato alla maggioranza relativa fa infatti scattare un premio in seggi aggiuntivi, è palese che esso pesa di più di un voto dato alla minoranza. Se un voto viene disattivato da soglie di sbarramento per l’accesso al Parlamento, addirittura non solo “pesa” meno, ma viene privato di qualsivoglia valore.

Casomai sono serviti fini giuristi, dunque, per scatenarsi in acrobazie atte ad elevare la governabilità a diritto di rango costituzionale, addirittura sovraordinandola alla eguaglianza del voto. Tanti professori prezzolati si sono macchiati di questa evidente colpa. Queste acrobazie hanno poi consentito di inserire premi di maggioranza, più o meno surrettizi (il sistema dei collegi uninominali ad esempio è un metodo surrettizio di distorsione del principio di rappresentatività democratica), o soglie di sbarramento.

Prive di senso giuridico sono ormai le pronunce di una Corte Costituzionale sempre più politicizzata, peraltro proprio in forza della distorsione del principio di rappresentatività democratica verificatosi in particolare sotto la vigenza del porcellum, la legge elettorale a firma Calderoli (Lega Nord) che dal 2006, come accertato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8878/14, ha imposto la grave ed oggettiva alterazione dei principi di rappresentatività democratica. Il sistema scelto dai Costituenti era quindi, oltre ogni ragionevole dubbio (negarlo significa essere ignoranti o faziosi), il proporzionale puro.

Solo il proporzionale rappresentava il mezzo con cui si poteva pienamente realizzare (e mantenere) una compiuta democrazia parlamentare.

L’Assemblea che ha dato vita alla nostra Costituzione, che rappresenta il punto più alto raggiunto dalla democrazia non solo in Italia ma nel mondo intero, era nata proprio da un sistema proporzionale puro con uno sbarramento minimo allo 0,5%, affinché tutti potessero fare parte della vita politica del Paese.

CasaPound oggi, applicando un sistema elettorale compatibile con la Costituzione, avrebbe ad esempio almeno sei deputati alla Camera e dunque la visibilità necessaria (che altrimenti viene sistematicamente negata) a farsi conoscere dal popolo italiano. Il risultato dell’applicazione di un proporzionale puro per l’elezione della Costituente è stato la creazione di un patto sociale in cui i compromessi necessari tra le parti hanno consentito la stesura di un testo in cui si respira l’essenza della democrazia.

Ma se non credete a chi scrive, leggiamo direttamente cosa pensava in merito ai sistemi elettorali chi la Costituzione l’ha scritta davvero e chi aveva vissuto anche l’esperienza di un regime totalitario che si era via via consolidato, oltre che la tragedia della guerra. Negli anni ’50 ci fu un primo tentativo di superare il proporzionale puro (con la cd. Legge truffa), da subito sgradito anche agli stessi anglo-americani, che vedevano un’Italia difficilmente controllabile con tale assetto istituzionale.

Lelio Basso, in tale frangente, ebbe così l’occasione di sintetizzare esattamente quanto ho appena scritto. 

Le sue parole appaiono più attuali che mai: “Oggi non si discute più, da parte di coloro che domandano l’abolizione della proporzionale, quale sia il sistema elettorale più adatto a far nascere un’assemblea che rifletta, come uno specchio, la fisionomia politica del Paese, ma al contrario quale sia il sistema elettorale che meglio consenta di deformare questa fisionomia nel Paese. Poiché il partito di maggioranza sa di essersi notevolmente indebolito e di non poter più sperare in una maggioranza assoluta tipo 18 aprile, nonostante le pressioni, le minacce, i ricatti, gli interventi esterni (n.d.r., la crisi economica con cui oggi invocano la stabilità di governo vi ricorda qualcosa?), i miracoli, ecc., esso si preoccupa di trovare un sistema che, falsando la volontà del Paese, gli conservi quella maggioranza di cui non può più disporre. Il problema attorno a cui si arrovellano i cervelli democristiani è ormai soltanto questo: data una determinata situazione politica del Paese, in cui il governo non dispone più della maggioranza dei consensi, trovare la legge elettorale che gli dia egualmente la maggioranza dei seggi. (n.d.r., nel 2018 siamo nella medesima situazione).

Come nel 1924, quando la rappresentanza proporzionale fu sostituita con la legge Acerbo, questo capovolgimento di indirizzo significa il capovolgimento dei principi su cui si fonda la democrazia parlamentare, la quale ha per presupposto appunto l’alternarsi delle maggioranze, cioè la possibilità data alla minoranza di diventare maggioranza (n.d.r., possibilità negata ad esempio con lo strumento delle soglie di sbarramento, che impedendo un primo ingresso in Parlamento a nuove forze politiche, ne mina anche la possibilità futura di crescere ed arrivare così ad incidere nella vita politica del Paese), mentre le leggi elettorali basate sui cosiddetti “premi di maggioranza”, del tipo della legge Acerbo: o del tipo degli attuali studi democristiani, hanno invece lo scopo opposto di perpetuare la maggioranza esistente, di creare un blocco massiccio di deputati non sorretto da un’adeguata forza nel Paese, e perciò stesso di sopprimere la funzione democratica del Parlamento e annullare la vita democratica del Paese.

Nove mesi dopo le elezioni fatte con la legge Acerbo nasceva in Italia la dittatura fascista (n.d.r., che è e resta cosa ben diversa dalla dottrina fascista, CasaPound, il partito a cui ho aderito, detesta ogni forma totalitaria e dittatoriale, ribadiamolo ancora una volta) attraverso il colpo di forza del 3 gennaio, che la Camera, nata a sua volta da una legge antidemocratica, non poteva che avallare. Il che in altre parole vuol dire, oggi come ieri, che la soppressione della proporzionale indica la volontà del governo di passare dalla fase di democrazia parlamentare a quella di stato-regime (Lelio Basso, Proporzionale e democrazia parlamentare, 1952).

Come amo sovente scrivere anche nei miei atti processuali, in claris non fit interpretatio.

Le parole di Basso peraltro non sono certamente isolate, e si rinvenivano già anni prima nei verbali della Costituente ed anche nella relazione preparatoria al progetto di Costituzione.

Ad esempio il vice Presidente dell’Assemblea Costituente, l’On. Umberto Tupini, affermava: “Punto centrale di tutto l’ordinamento è il Parlamento. Noi auspichiamo che il Parlamento possa, in avvenire, rappresentare per il nostro popolo come il palladio delle sue libertà e l’istituto senza il quale la democrazia è nome vano e artificioso. Anche il regime fascista parlava di democrazia ma il Parlamento era ridotto ad una smorfia ed a una contraffazione di se stesso”.

L’On. Meuccio Ruini invece nella relazione preparatoria al progetto di Costituzione, ancor più chiaramente, ribadiva quello che è un concetto cardine che oggi addirittura il Presidente della Repubblica finge di non conoscere: “La sovranità del popolo si esplica, mediante il voto, nell’elezione del Parlamento e nel referendum. E poiché anche il referendum si inserisce nell’attività legislativa del Parlamento, il fulcro concreto dell’organizzazione costituzionale è qui, nel Parlamento; che non è sovrano di per se stesso; ma è l’organo di più immediata derivazione del popolo; e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare dirigere la formazione e l’attività di governo”.

La storia recente è purtroppo quella di una graduale soppressione della democrazia.

Nel 1993 arrivò la riforma elettorale di Sergio Mattarella, che fu il primo a mettere fine a quasi cinquant’anni di democrazia reale nel Paese, anni in cui l’Italia risorse dalle ceneri della guerra. L’esigenza di superare il proporzionale, ieri come oggi, fu trovata nella crisi economica, dunque in fattori esterni.

Allora la crisi era determinata dalle stesse ragioni di oggi, la perdita di sovranità monetaria compiuta con il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia del 1981 e l’adesione dell’Italia a quel regime di cambi sostanzialmente fissi che prendeva il nome di SME.

La crisi fu utilizzata come leva per minare e superare la nostra democrazia anti liberista, l’unica che aveva in sé gli strumenti giuridici (in particolare nella parte economica della Costituzione, artt. 35-47) per mantenere l’economia subordinata alla volontà popolare, impedendo l’avvento del regime violento della finanza internazionale.

Da allora non ci siamo più ripresi, porcellum, italicum, rosatellum, tutte leggi emanate sotto lo spettro della falsa emergenza economica, che ci hanno allontanato dallo spirito dei nostri Padri Costituenti, che hanno trasformato l’Italia in un’oligarchia, leggi elettorali che hanno inciso, come ho già detto, anche sulla composizione degli organi di garanzia, quali ad esempio la Corte Costituzionale, disattivando tutti gli strumenti che i nostri Padri Fondatori avevano contemplato per evitare un ritorno del totalitarismo.

Oggi abbiamo il paradosso che i cosiddetti “antifascisti”, in assenza di Fascismo, sono poi gli stessi che invocano stabilità di governo e una legge elettorale che consenta, a chi vince, di governare. Ma in democrazia nessuno deve vincere.

Ovvero gli “antifascisti”, paradossalmente, sono proprio quelli che chiedono un ritorno ad un sistema totalitario, che dia ad una minoranza relativa il controllo assoluto del Paese.

In tutto questo i grandi gruppi del potere finanziario trovano ragioni per festeggiare. Infatti controllare un Parlamento composto da Parlamentari indipendenti delle più variegate forze politiche è sostanzialmente impossibile o comunque molto molto difficile.

Al contrario controllare un Parlamento di nominati, altro aspetto che viola la Costituzione, in cui esistono solo due o tre forze politiche che si alternano tra di loro, è molto più semplice.

Questa è la governabilità.

E cos’è davvero questa governabilità? Lo ha spiegato con eleganza Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte Costituzionale. La governabilità è sic et simpliciter l’attitudine ad essere governati…

La morale di tutta la storia è e resta una sola, la democrazia è incompatibile con l’ignoranza. L’ignoranza è l’arma più importante con cui la dittatura finanziaria ci sta portando verso il baratro.

L’ignoranza è ciò che mantiene in vita partiti che stanno facendo di tutto per mettere fine alla Repubblica italiana.

Marco Mori

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2 comments

Tony 26 Aprile 2018 - 4:10

…chissà..ma sicuramente, alla crescita umana, la ”Grande Poesia” aiuta..E visto che, pur citandolo solamente, qui non si pubblicano….
EZRA POUND
Histrion
Nessuno mai osò scrivere questo,
ma io so come le anime dei grandi
talvolta dimorano in noi,
e in esse fusi non siamo che
il riflesso di queste anime.
Così son Dante per un po’ e sono
un certo Francois Villon, ladro poeta
o sono chi per santità nominare
farebbe blasfemo il mio nome;
un attimo e la fiamma muore.
Come nel centro nostro ardesse una sfera
trasparente oro fuso, il nostro ‘Io’
e in questa qualche forma s’infonde:
Cristo o Giovanni o il Fiorentino;
e poi che ogni forma imposta
radia il chiaro della sfera,
noi cessiamo dall’essere allora
e i maestri delle nostre anime perdurano.

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rino 27 Aprile 2018 - 10:34

Egregio Mori, ciò che ha scritto è MAGISTRALE!
Quando si ha il piacere di leggere cose vere e semplici (perché la verità sta nella semplicità) si ha immediatamente un rigurgito verso la realtà che ci è stata apparecchiata e che continuamente viene difesa a reti unificate dai più grandi venduti del paese.

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