Roma, 17 Marzo – Nella storia della letteratura ci sono sempre stati dei personaggi che sono divenuti più famosi dei loro autori, però solitamente si tratta di supereroi o di figure totalmente distanti dalla realtà. Il caso di cui scriverò oggi invece è più unico che raro, in quanto non solo ha di fatto assunto vita propria, ma ha anche influenzato il mondo della scienza e della criminologia: mi occuperò infatti del fenomeno di Sherlock Holmes.
L’uomo dietro Sherlock Holmes
Alla base di tutto abbiamo lo scozzese Arthur Conan Doyle (divenuto poi Sir), nato il 22 maggio 1859 ad Edimburgo da famiglia inglese di lontane origini irlandesi. Poiché ci occuperemo più del personaggio da lui creato (che finì persino per odiare) mi sembra giusto spendere qualche riga sulla di lui figura, visto che, oltre ad essere un prolifico scrittore, fu anche medico, uomo di scienza, sportivo (praticò calcio, cricket, boxe, motociclismo, biliardo e sci) e giornalista. Proprio su questa ultima attività nacque un curioso aneddoto: essendo incaricato di seguire le Olimpiadi di Londra del 1908 era presente anche alla celebre maratona vinta, prima di venire squalificato, dall’italiano Dorando Pietri. Leggenda poi volle che proprio Doyle fu uno dei due uomini che aiutò il nostro atleta ad alzarsi proprio in prossimità del traguardo, cosa che poi invece venne smentita. Nonostante la fama di uomo estremamente razionale, l’uomo Doyle invece era persona dalle convinzioni forti, quando non proprio bislacche. Noi pensiamo a Sherlock Holmes come al detective che fece della razionalità il suo punto di forza, mentre Doyle era interessato allo spiritismo ed all’occultismo, oltre che ad essere un seguace della frenologia. Dopo una vita nella quale conobbe anche la povertà, prima di divenire ricco ed influente, un improvviso attacco di cuore lo colse nella sua casa di campagna di Crowborough, in Inghilterra, il 7 luglio 1930, all’età di 71 anni. Ma nel frattempo la sua creazione ormai godeva già di vita propria.
“Uno studio in rosso” e gli inizi
Nel 1887 fece per la prima volta capolino il personaggio di Holmes nel romanzo Uno studio in rosso. Iniziamo così a fare conoscenza con uno strano e geniale personaggio da come ci viene raccontato in prima persona dal dottor John Watson (il vero alter ego di Conan Doyle), che entra in contatto con lui quando Holmes cerca un coinquilino per la sua casa al 221B di Baker Street, a Londra. Sherlock è un investigatore privato dalle geniali doti intuitive e da un’intelligenza sopra alla media. Ciononostante è scontroso, poco avvezzo ai rapporti sociali e dedito alle droghe, quando non ha alcun caso da seguire e sprofonda di conseguenza nella noia. Inutile dire che un siffatto personaggio così aventi sui tempi fece immediatamente presa sul pubblico inglese, che ne reclamò una storia dopo l’altra. Ecco così che intorno alla coppia di protagonisti abbiamo la nemesi di Holmes, l’arcinemico Professor Moriarty, l’ispettore di Scotland Yard Lestrade, il fratello Mycroft Holmes (che al contrario di Sherlock a causa della sua pigrizia non si muove praticamente mai da casa) e Mary Morstan, che diverrà poi la moglie di Watson. Un discorso a parte lo merita invece Irene Adler, la quale, pur comparendo in un solo racconto, divenne l’unica donna verso la quale Holmes provò ammirazione e, forse, anche amore. Personaggio femminile assolutamente moderno per i tempi (e non solo per i tempi) riuscì, caso più unico che raro, a trarre in inganno anche il nostro investigatore.
Esasperato e schiacciato dall’eccessiva fama del personaggio e volendosi dedicare ad altro, Doyle decise di far morire Sherlock nel racconto del 1893 L’ultima avventura, nel quale durante un duello con Moriarty entrambi caddero nelle cascate di Reichenbach in Svizzera. Apriti cielo! I lettori si ribellarono come se fosse morto loro un parente e così Doyle non potè esimersi dal riportarlo in vita, spiegando che Holmes aveva solamente inscenato la sua morte. Alla fine della vita di Doyle quindi avremo otto romanzi e cinquantasei racconti sul personaggio. Ma ciò non era altro che l’inizio.
Oltre la pagina
Una simile figura non poteva restare solamente sulla carta, quindi le sue avventure iniziarono ad essere rappresentate a teatro ed è proprio al palcoscenico che dobbiamo i tratti caratteristici del personaggio: la figura allampanata, il cappello da cacciatore deerstalker (che tra l’altro divenne pure un must sulle gradinate degli stadi inglesi durante gli anni ’80), la caratteristica pipa calabash e l’espressione “Elementare, mio caro Watson!” sono tutte cose che non si possono trovare nelle pagine di Doyle. Dal 1900 poi di Holmes si sono occupati anche cinema e televisione con innumerevoli trasposizioni, tra le quali mi sento di consigliare le seguenti: la serie di film con Basil Rathbone, La furia dei Baskerville del 1959, Piramide di paura con Holmes e Watson giovani studenti, le due pellicole di Guy Ritchie e le serie tv Le avventure di Sherlock Holmes con Jeremy Brett, Sherlock con Benedict Cumberbatch nella moderna Londra ed Elementary con Jonny Lee Miller (il Sick Boy di Trainspotting) nella New York dei nostri giorni. E per quanto riguarda le serie animate il capolavoro giapponese Il fiuto di Sherlock Holmes.
Tra l’altro dal 2000 sono scaduti i diritti d’autore sul personaggio, quindi sono moltissimi i romanzi ed i racconti che hanno portato avanti il canone classico (mi ci sono cimentato anche io nel racconto Natale senza volto, contenuto nel libro Vivere Casualmente). Mi sento di consigliarne uno su tutti: Mr Homes. Il mistero del caso irrisolto di Mitch Cullin, dal quale è stato tratto l’omonimo ed ottimo film ad opera del regista Bill Condon, con un ispirato Ian McKellen, uno Sherlock anziano ed insolitamente dolce.
Gli scritti di Doyle erano poi così moderni che persino la criminologia forense ne prese spunto per modernizzare le tecniche di indagine, che all’epoca di Doyle erano obsolete e per nulla scientifiche.
E se doveste avere ancora dubbi sul fatto che Sherlock Holmes vivrà in eterno, fatevi un salto in Baker Street: vi troverete ogni giorno una folla di turisti pronti a scattare foto alla statua del personaggio, a visitarne il museo ed a comprare ogni sorta di gadget.
Sarebbe mai potuto morire dentro quelle cascate?
Roberto Johnny Bresso