Washington, 17 dic – È uscito Angry Goy II, il controverso videogioco “sparatutto” alt-right in cui il giocatore deve uccidere omosessuali, ebrei, minoranze varie e giornalisti liberal. Scopo del gioco: salvare Donald Trump. Il protagonista e ideatore di questo videogame è Christopher Cantwell, il suprematista bianco che l’anno scorso organizzò a Charlottesville una manifestazione della destra white power, diventata tristemente famosa in seguito alla morte di un contromanifestante antifascista. Il giocatore ha un’altra opzione, cioè interpretare l’amico di Cantwell (Richard Spencer) per massacrare i «terroristi di sinistra» e salvare Trump.
Uno dei livelli di Angry Goy II (il cui nome è già tutto un programma) è ambientato all’interno di un locale gay chiamato “Lgbtq+ Agenda HQ”, per la verità molto simile al Pulse, discoteca gay di Orlando dove nel 2016 morirono in una sparatoria 49 persone. Il gioco prevede anche la possibilità di uccidere i giornalisti diffusori di fake news di stampo liberal. Se si perde, appare una trans con la scritta: «Non hai salvato l’Occidente».
«Angry Goy II è il gioco di maggior successo della stagione per tutti i maschi bianchi che si sono stancati delle cazzate ebraiche (jewish bullshit)», annuncia la descrizione su Gab (un social media usato come piattaforma dagli esponenti del white power americano). «Invece di sfogare le tue frustrazioni su esseri umani reali, puoi combattere i bastardi e degenerare sul tuo computer!», conclude gioiosamente. Vi lasciamo immaginare la portata dello sconcerto, social e non, espresso dalle varie associazioni Lgbt, che auspicano una immediata e draconiana messa al bando del videogame, e la presa di posizione da parte dello stesso Trump. Una ricetta che sicuramente salverà l’America da tutti i suoi problemi.
Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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