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Uno spettro si aggira per Alitalia: quello della nazionalizzazione

by Filippo Burla
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Roma, 12 apr – Fine ottobre. Questa la nuova scadenza per la vendita di Alitalia. Dopo la prima proroga, che aveva fatto slittare il termine dallo scorso 5 novembre al 30 aprile, anche a questo giro – complice forse lo stallo nella formazione del nuovo governo – di offerte vincolanti sul tavolo ancora non ce ne sono. E così la cessione dell’ex compagnia di bandiera slitta ancora di 6 mesi.
Lufthansa, EasyJet (in cordata con altri soggetti come il fondo Cerberus) e Wizz Air: queste le tre compagnie aeree che hanno mostrato interesse per Alitalia. C’è chi la vorrebbe acquistare “a pezzi”, chi è interessato solo ad una parte del business, chi ha manifestato solo generiche dichiarazioni d’intenti e chi si è spinto più in oltre come i tedeschi, i quali hanno proposto un piano da cura da cavallo che prevede una sensibile riduzione della flotta e almeno 5mila licenziamenti. Allo stesso tempo però, nonostante il pressing dell’esecutivo nessuno ha presentato offerte vincolanti, che dovevano arrivare sul tavolo dei commissari entro il 10 aprile.
Nei prossimi giorni il ministro Calenda, ancora in carica per l’ordinaria amministrazione, varerà dunque il decreto con il quale verranno prorogati i termini “probabilmente a fine ottobre”, ha spiegato, aggiungendo inoltre che “viene spostata a fine anno” la scadenza per il rimborso del prestito ponte da 900 milioni di euro concesso ad Alitalia in autunno. Una ancora sostanzialmente intatta, visto che i commissari l’hanno “gestito oculatamente: tolti i 100 milioni di garanzia alla Iata, il prestito sta lì”.
Non c’è dunque solo un discorso politico legato alle scelte di politica economica di quello che sarà il prossimo esecutivo. Il tempo è dalla parte di Alitalia: se vendita dovrà essere, la società può prendersi tutti i mesi che ritiene per valutare nel concreto le offerte. Ma c’è di più: con il passare dei mesi, nonostante la compagnia non sia del tutto al di fuori delle secche e continui in parte a bruciare cassa, sta mostrando – in buona parte grazie alle decisioni dei commissari – una discreta capacità di poter, in un futuro, camminare sulle proprie gambe. Da qui a correre il “passo” è ancora lungo e necessita di investimenti massicci, sopratutto sulle rotte a lungo raggio. E chi può farli? Nessuno dei potenziali acquirenti sembra disponibile, visto che ciò significherebbe perdere quote di mercato a favore di un concorrente. Ecco allora che la scelta di Calenda di rinviare a data da destinarsi la scelta sul futuro di Alitalia non esclude l’ipotesi da sempre presente quanto mai proferita: quella della nazionalizzazione, extrema ratio alla quale il futuro governo potrebbe (o dovrebbe?) ricorrere per evitare l’ennesimo fallimento di questa storia infinita.
Filippo Burla

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4 comments

samuele 12 Aprile 2018 - 11:24

ma i regolamenti dell’UE permetterebbero una cosa del genere?

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marco pagani 12 Aprile 2018 - 12:13

Motivo in più per uscirne immediatamente

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Tony 12 Aprile 2018 - 2:43

……mai nazionalizzare questo genere di cose……ma dare in ”concessione”a tempo molto determinato e molto controllato..

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paleolibertario 14 Aprile 2018 - 3:04

L’importante è far cessare questa situazione, una situazione in cui Alitalia è ormai un pozzo senza fondo che grava sugli italiani. Basta! Una cosa che non funziona (da decenni) non può essere “l’orgoglio di una nazione”, non è obbligatorio avere una compagnia aerea di bandiera.

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