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Spike Lee, delirio “autorazzista” agli Oscar contro la vittoria di “Green Book”

by Ilaria Paoletti
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Los Angeles, 25 feb – Uniti contro il razzismo? Si, ma non se ci sono di mezzo i premi. Secondo la rivista americana Variety nei momenti appena successivi all’assegnazione del premio al miglior film per Green Book, il regista “black and proud” Spike Lee non l’ha presa affatto bene.
La sua opera BlacKkKlansman (che si è comunque accaparrata la statuetta come “miglior sceneggiatura non originale”) era in lizza nella stessa categoria del film con Viggo Mortensen.

Andrew Dalton, giornalista  dell’Associated Press seduto poco distante dal regista de La 25esima ora ha riportato di averlo visto piuttosto adirato mentre tentava di abbandonare la sala durante il discorso di accettazione dell’Oscar da parte del cast di Green Book.
Spike Lee si sarebbe molto agitato, dando diversi segni di fastidio: gli steward lo avrebbero cortesemente invitato a restare seduto al suo posto e a mantenere un contegno adatto all’occasione.

“Sono particolarmente sfigato” avrebbe detto nel backstage. “Ogni volta che qualcuno guida un’automobile, io perdo“: il riferimento è alla medesima situazione che si andò a creare nel 1990, quando il suo Fa la cosa giusta non raggiunse nemmeno la nomination e, invece, vinse  A spasso con Daisy – in entrambi i film il “razzismo” viene superato attraverso un rapporto autista/passeggero (in Green Book chi guida è bianco mentre nel film con Morgan Freeman era nero).
“Credevo di essere al Madison Square Garden con gli arbitri a fare una “chiamata” sbagliata”  ha continuato Lee. “Sembrava uno scherzo”.

Presente alla premiazione anche Jordan Peele, sceneggiatore e regista premio Oscar per Get Outanche lui avrebbe evitato di applaudire alla premiazione di Green Book.
Molti afroamericani vicini a due registi e facenti parte della “gang” di Lee sarebbe rimasti assolutamente impassibili davanti alla vincita del miglior film per una storia contro il razzismo: la pellicola in questione narra dell’amicizia venutasi a creare tra Tony Lip, bianco italoamericano, e Don Shirley, pianista afroamericano. “Costretti” a percorrere insieme l’America, tra di loro nascerà un affetto che abbatterà le “barriere”.
Secondo gli afroamericani, però, Green Book sarebbe un film buonista che non rende il “dovuto omaggio” alle lotte di liberazione “nera”.
Oppure, semplicemente, un film ben scritto e ben diretto rispetto al “duro e puro” BlacKkKlansman: d’altronde, gli Oscar “dovrebbero” premiare la qualità delle opere cinematografiche, non l’impegno politico.

Ilaria Paoletti

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