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Stranger Things 4: il male si combatte con i soldati del rock ‘n’ roll

by Sergio Filacchioni
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Stranger Things

Roma, 7 lug – Stranger Things 4 è la seconda serie più vista di sempre sulla piattaforma Netflix, subito dopo il “fenomeno” sudcoreano Squid Game. La serie creata nel 2016 dai Duffer Brothers sbanca a mani basse e – strano caso per una quarta stagione – può essere considerata tranquillamente la migliore, anche rispetto alla prima dove la suspense e il “non-sapere-cosa-ci-aspetta” rendevano le atmosfere più misteriose e affascinanti.

Stranger Netflix

Strano, appunto. Come lo è la serie che nonostante sia un prodotto del suo tempo non rinuncia a portare sugli schermi una storia con i controca**i, dove c’è poco spazio per infantilismi ed isteriche checche ma anzi molto spesso si finisce in violenza, sparatorie, morti e qualche macabro accenno di horror. Infatti, la quarta stagione stacca decisamente sulle precedenti per crudezza e violenza, accompagnando la crescita dei personaggi dall’atmosfera più fanciullesca e spensierata dove la minaccia viene solo percepita ad una più spietata e violenta in un cui il Nemico – ormai – è manifesto. Uno stacco che per gli addetti ai lavori ricorderà sicuramente il cambio di rotta dei film di Harry Potter, dove a partire dal quarto titolo (Il calice di fuoco, 2005) le storie “fiabesche” dei precedenti film iniziano ad oscurarsi e per i personaggi inizia veramente a farsi dura sotto ogni aspetto. Nel solco dei romanzi di formazione della letteratura occidentale, i personaggi crescono e il loro ruolo inizia a farsi serio: l’assunzione delle proprie responsabilità diventa fondamentale per proseguire fino in fondo la propria storia, “fino alla morte” come viene presagito dai giocatori nerd dell’Hellfire Club che nella prima puntata della quarta stagione giocano sul tavolo di D&D (Dungeons & Dragons) come se fosse la loro vita.

Vecchia serie nuova

Nonostante Stanger Things si sia caratterizzata negli anni per un certo fetish per l’immaginario degli anni ’80 – musiche, vestiti, location, quindi da un punto di vista estetico – non recriminiamo agli autori di aver creato un prodotto degli anni ’80 nel 2022. Mi spiego: abituati come siamo di film e prodotti cinematografici imbevuti di pensiero debole chi oggi avrebbe da ridire su film come Terminator, I Goonies, Labyrinth o Guerre Stellari? Film dove avventura, amicizia, coraggio e ignoto sono ancora al centro di racconti di formazione veri e propri. Stranger Things 4 si inserisce saldamente in questa tradizione cinematografica, senza troppi fronzoli e senza avere paura di attingere, citare ed usare quell’immaginario pop ai propri fini. C’è il gruppo di amici, la sfida di un mondo parallelo che cerca in tutti i modi di emergere, le angherie dei borghesi e della polizia, i piani dei “buoni” che si rivelano peggiori di quelli considerati cattivi, le fazioni governative e i comunisti che come al solito fanno più danni di tutti gli altri messi insieme. Insomma, i creatori di Stranger Things sanno cosa vogliono vedere i fan e non fanno nulla per nasconderlo dietro buoni propositi.

Soldati del rock

Senza spoilerare troppo ci fermiamo qui con le descrizioni, anche se una nota di merito va ad un personaggio che sembra già essere entrato nell’immaginario dei fan come uno dei migliori: Eddie Munson, il nerd rockettaro anti-conformista fondatore dell’Hellfire Club, che attraverso tutta la serie supererà varie fasi per arrivare ad un’epica conclusione. Nel finale infatti il nostro metallaro che porta i Motorhead sulla giacca brandisce la sua chitarra e si lancia nell’assolo di “Master of Puppets” dei Metallica (uscita proprio nel ’86) sui tetti del sottosopra mentre lampi rossi squarciano il cielo plumbeo preannunciando una battaglia senza speranza ma carica di gloria. Una scena per cui la stessa band statunitense si è detta “onorata e sbalordita” aggiungendo “È un onore incredibile essere una parte così importante del viaggio di Eddie”. “Alla fine è sempre un plotone di soldati (del rock) a salvare la civiltà”: un manipolo di cavalieri che sconclusionati ma armati di tutto punto all’armeria locale – altra scena non proprio scontata dato il recente clima americano – si fanno avanti per salvare il mondo, sfidando il Male incarnato ma soprattutto sfidando sé stessi, i propri traumi e le proprie paure. Infatti, se c’è un leitmotiv della quarta stagione è proprio quello dell’incontro/scontro dei personaggi con i loro punti di rottura e i lati oscuri più intimi e profondi dove ognuno dovrà scegliere da che parte stare. Se sei stanco di scappare, combatti, combatti, combatti. Ed un messaggio così forte non è scontato in un mondo “sottosopra”, dove i valori supremi sono stati rovesciati. Chapeau ai Duffer Borthers. Ora dateci la quinta.

Sergio Filacchioni

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