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Tajani sull’uscita dalla Via della Seta: “Accordo non vantaggioso”. Ma c’è dell’altro…

by Alberto Celletti
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Via seta

Roma, 7 dic –  L’a Via della Seta era un “accordo non vantaggioso” per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, come riportato su Tgcom24. L’uscita dell’Italia dalla rete commerciale che fa capo a Pechino è del resto una notizia destinata a fare rumore e a scatenare dibattiti…

L’Italia esce dalla Via della Seta

La nota del governo italiano era stata consegnata a Pechino nei giorni scorsi. Ma già in estate i giochi sembravano  andare in questa direzione, quando il segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia era andato proprio in Cina, seguito dallo stesso Tajani. I due incontri avevano avuto al centro del discorso un partenariato strategico tra i due Paesi e la promessa di una ulteriore visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nella nota, infatti, è specificato che il rapporto bilaterale tra i due Stati sarà comunque al centro dei futuri rapporti tra Italia e Cina. Per Tajani, “l’accordo sulla Via della Seta non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro. Adesso vediamo come rafforzare il rapporto con la Cina ma già stiamo lavorando tanto con loro, c’è un partenariato strategico. Pochi giorni fa è stata in Cina il ministro Bernini, prima c’era stata la mia visita. Non c’è nulla di negativo nei confronti della Cina. Procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti”.

Cosa significa l’uscita?

Inevitabile che il baricentro geopolitico, commerciale ed economico del Paese si agganci ancora di più alla sfera occidentale americanocentrica. Per ovvie ragioni, l’Italia nella Via della Seta avrebbe permesso una più facile penetrazione economica della Cina nel bacino Mediterraneo, un’area a cui Xi Jinping sta puntando da anni, dopo aver già effettuato massicci investimenti in Africa. Il dibattito è destinato ad essere serrato, come è sempre stato in questi anni sull’argomento: i sostenitori dell’uscita dalla “Belt and Road Initiative” non hanno torto quando sottolineano il basso costo delle merci cinesi che hanno invaso da decenni i mercati occidentali e la concorrenza spietata da esse esercitato proprio contro i prodotti italiani. Dall’altro lato, c’è chi vedeva nella Via della Seta – approvata dal governo Conte I nel 2019 – una possibilità di evasione e di gioco strategico ed economico tra i “due blocchi” cinese e americano. Forse, immaginare un’Italia “in mezzo” che se la giocasse tra le due superpotenze cercando di trarne profitto si poteva considerare anche positivamente. Ma anche lì dipende da come ci si comporta: ogni accordo può essere una catastrofe o un vantaggio, indipendentemente dall’interlocutore.

Alberto Celletti

 

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