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Terremoto ad Ischia: ecco perché ha causato ingenti danni

by Paolo Mauri
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Roma, 22 ago – Ieri sera alle 20:57 un terremoto di Md (magnitudo durata) 4.0 avente ipocentro alla profondità di 5 km ha colpito l’isola di Ischia provocando ingenti danni e almeno due morti e 39 feriti.
A causa delle polemiche che stanno percorrendo il web, alcune vecchie che si ripresentano ad ogni sisma altre del tutto nuove, occorre fare una precisazione geologica.
Innanzitutto la magnitudo, ovvero quel parametro fisico che stabilisce l’intensità del terremoto non è stata cambiata per un qualche complotto dell’Ingv. Il primo valore registrato, di Ml (magnitudo locale) 3,6 e 10 km di profondità è stato rilasciato immediatamente in modo automatico calcolato dalle varie stazioni che hanno sentito il terremoto, nelle ore successive quando la mole di dati proveniente dalla rete sismica italiana viene analizzata dai ricercatori viene rilasciato il valore definitivo, ovvero quello di Md 4 e profondità di 5 km. Perché viene fatto tutto questo? E’ importante rilasciare immediatamente una stima, anche non precisa, dell’intensità di un sisma in modo da allertare o meno gli organismi di protezione civile. La stessa magnitudo, essendo un parametro fisico che viene calcolato in base a delle costanti diverse sia per natura stessa del parametro (magnitudo momento, magnitudo locale, magnitudo volume, magnitudo durata ecc) sia per la distanza delle stazioni di rilevamento dalla sorgente del sisma (quindi gli americani di USGS ed i francesi di EMSC essendo molto distanti otterranno valori diversi rispetto all’Ingv perché hanno delle costanti leggermente diverse) può variare di qualche decimale a seconda del tipo di magnitudo preso in considerazione.

terremotoVeniamo ora alle considerazioni geologiche generali. Ischia è un vulcano attivo. La parte dell’isola che emerge dal mare per i 787 metri del monte Epomeo è la parte sommitale di una struttura che parte dal fondo del mare per 900 metri complessivi su un’area di 46 km quadrati la cui attività documentata più antica risale a 150 mila anni fa e la cui ultima eruzione risale al 1302, episodio che rientra nella terza fase di attività del vulcano cominciata 10 mila anni fa e caratterizzata da un’intensa attività vulcanica sia effusiva che esplosiva. Chiariamo subito un punto: il terremoto di ieri sera non è di tipo vulcanico in senso stretto, ovvero non è stato causato da magma in risalita, ma dipende dalla morfologia stessa del vulcano e dal suo periodo di quiescenza in cui versa negli ultimi 700 anni. Se andiamo a vedere la storia sismica recente di Ischia possiamo notare subito due cose: la prima è che negli ultimi 5 anni sono stati registrati  11 eventi a bassa energia (M max 2,2) tutti a bassissima profondità (dai 500 metri ai 4 km) la seconda è che questi sismi sono dovuti a fenomeni di subsidenza dell’edificio vulcanico. Ischia infatti sta “sprofondando” molto lentamente sotto il suo stesso peso come emerge dalle campagne di rilevamento periodiche effettuate tra il 1998 ed il 2010 integrate dai dati raccolti dalle 3 stazioni sismiche e GPS permanenti presenti sull’isola, e questo vale in particolar modo per il settore centro meridionale e nord occidentale, ovvero proprio dove è avvenuto il sisma di ieri sera il cui epicentro è situato in mare circa a nord ovest di Ischia. Se un vulcano è sede di fenomeni di subsidenza significa che la sua camera magmatica non è in fase di ricarica, quindi non c’è magma in risalita che invece dovrebbe farlo “gonfiare” come succede ciclicamente all’Etna, pertanto non c’è alcun pericolo di eruzione imminente, anzi, nemmeno sul medio termine dato che non si registrano sciami sismici compressivi o tremori armonici vulcanici.

Come sappiamo che il sisma di ieri sera è dovuto a fenomeni di subsidenza? Le onde sismiche vengono studiate tramite i sismogrammi in modo da ricostruire il tipo di movimento che le ha generate. Questo viene espresso in una elaborazione grafica chiamata “meccanismo focale” che oltre ad evidenziare il tipo di terremoto (trascorrente, compressivo, distensivo) ne evidenzia la faglia generatrice e la sua accoppiata dandone direzione (azimut) ed inclinazione. Il terremoto di ieri sera, come riportano i dati Ingv, era di tipo distensivo con una certa componente trascorrente (come spesso accade) quindi generato da un movimento della terra in cui una porzione di crosta “scende” rispetto ad un’altra, movimento opposto rispetto ad uno compressivo dove una porzione di crosta risale rispetto all’altra. Quindi nessun tipo di spinta magmatica in atto, che darebbe, oltre a tremori armonici, un tipo di terremoto compressivo.

Perché tanti danni? Innanzitutto occorre chiarire subito un punto: non uccide il terremoto ma la casa che crolla, ed il tutto è ancor più vero in questo caso dove sono crollate alcune costruzioni vecchie ed altre più recenti ma assolutamente non a norma. Oltre alla scarsa qualità delle costruzioni antropiche si aggiungono fattori geologici: il terremoto era superficiale, come si è detto, ed inoltre si sono verificati degli effetti di sito che ne hanno amplificato lo scuotimento. L’onda di un sisma infatti può essere amplificata (o attenuata) localmente a seconda del materiale che attraversa (amplificazione litologica) o a seconda della morfologia della topografia (amplificazione di cresta). Chiariamo meglio i due concetti: se un’onda sismica attraversa un materiale molto coeso e compatto, come una roccia granitica, non avviene alcun tipo di amplificazione perché l’onda non subisce rallentamenti: più un materiale è denso più la velocità dell’onda aumenta diminuendo l’ampiezza. Se invece l’onda incontra un materiale poco coeso, fratturato, o per sua stessa natura non omogeneo (tipo sedimenti alluvionali) l’onda rallenta e rallentando aumenta la sua ampiezza, quindi aumenta lo scuotimento. Lo stesso fenomeno, di aumento di ampiezza, avviene anche per questioni morfologiche: la topografia locale infatti può aumentare lo scuotimento di un sisma quando l’onda attraversa la sommità di un rilievo, come una collina o una montagna. E’ il fenomeno che viene chiamato “amplificazione di cresta”. Ad Ischia ieri sera i danni maggiori, i crolli, sono avvenuti per la maggior parte in zone rilevate rispetto al resto dell’isola, quindi sono state oggetto di amplificazione locale dovuta alla topografia. Non si esclude nemmeno che ci possano essere stati effetti di sito legati alla litologia, dato che un vulcano non è un edificio compatto e omogeneo per sua stessa natura: la storia di Ischia infatti, come quelle di tantissimi altri vulcani, ci racconta di fenomeni effusivi con colate laviche alternati a fenomeni esplosivi con produzione di ceneri, pomici, e nubi ardenti (flussi piroclastici). Il susseguirsi nel tempo di queste due tipologie di eruzioni ha determinato la composizione non omogenea del vulcano con affioramenti di rocce di tipo diverso, spesso fratturate se non addirittura poco coese rispetto a quelle sottostanti, quindi potrebbero aver dato luogo a fenomeni di amplificazione dell’onda molto localizzati.

La questione di fondo però è una sola: ad Ischia come in quella parte d’Italia caratterizzata da forte rischio sismico, occorre costruire con criteri antisismici e mettere in sicurezza gli edifici più vecchi a cominciare da quelli pubblici come scuole ed ospedali. La stessa storia recente di Ischia avrebbe dovuto insegnarci che il territorio è ad alto rischio sismico: ci sono stati due forti terremoti, di cui uno catastrofico alla fine del XIX secolo, il primo il 4 marzo del 1881 il secondo, fortissimo che distrusse gran parte della cittadina di Casamicciola, il 28 luglio del 1883. Ancora una volta l’uomo resta cieco davanti agli avvertimenti della Terra ed ancora una volta questa ci ricorda che per vivere su un territorio occorre conoscerlo e rispettarlo.

Paolo Mauri

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