Gli hippie e l’erba pipa
A cominciare furono gli hippie degli anni Sessanta, che vedevano nell’avventura della Compagnia una sorta di fuga dalla brutale realtà in un mondo fantastico e fiabesco ricco di elfi e creature fantastiche, un mondo verde con alberi coscienti che lottano contro gli uomini che vogliono sradicarli – in molti hanno parlato anche della saga di Tolkien come favola ambientalista – e di razze che vivono in pace e in armonia. Tralasciando le facili battute sul fatto che evidentemente i “figli dei fiori” erano più interessati alle fumate di erba pipa di Gandalf e Bilbo e che evidentemente si sono persi il fatto che la saga parla della necessità di lottare e combattere e che anzi la possibilità della fuga o del rinchiudersi nella pace casalinga mentre il mondo intorno è in guerra viene aborrita – oltre al fatto che le razze della Terra di Mezzo sono tutto tranne che in pace tra loro – è evidente come questa lettura di una delle saghe più complesse mai scritte sia del tutto superficiale e a dir poco fanciullesca. Dopo di loro qualcuno è andato un po’ più a fondo nel cercare di penetrare la simbologia tolkieniana, anche se forse ha commesso un peccato ben più grave.
Il “peccato originale” della destra sopravvissuta agli anni di piombo
Parliamo ovviamente di una certa estrema destra della fine degli anni ’70, erede almeno teorica del Fascismo, una destra da sempre affascinata, anche nel simbolismo, dalla mitologia norrena, celtico-medievale, greca e romana, semi immortali dello spirito ancestrale europeo per la cui rinascita quell’area si era sempre battuta. Conquistata da una saga che ha di fatto
Fino a qualche anno fa, ma forse anche oggi, l’immaginario della destra post-neo-fascista è stato costellato da elfi, hobbit, cavalieri che combattono contro nazgul e orchi, murales con Gandalf immaginato come protettore di intere comunità che si sono sentite circondate dall’Ombra di Mordor. Ma, appunto, qui il peccato è stato forse più grave di quello degli hippie. Perché se si rimane affascinati dai miti nordici e dalla loro trasposizione su carta nei romanzi, allora non si può trasformarli in semplici favole scollegandole con la realtà di cui il Mito è fondamento. Per loro stessa ammissione l’utilizzo dell’immaginario tolkieniano è stato, come nel caso degli hippie, una mera fuga dal reale, un rifugiarsi in un mondo mitico molto più bello e rassicurante di quello reale, troppo duro e oscuro.
Questa forma auto-incapacitante si è evidenziata in una fuga e un distacco sempre più netto con la realtà, un distacco voluto e volontario proprio perché credendo il mondo oramai perduto si è pensato solo a sperare nel ritorno a epoche passate e mitiche, riproponendo così una lettura del Kali Yuga semplicistica e altrettanto distorta e incapacitante. Anche l’Anello stesso è diventato una scusa per la fuga passiva. Il fallimento nella politica è stato spesso “giustificato” dal tradimento delle figure di riferimento “corrotte dal potere” proprio come coloro che sono stati affetti dall’Unico Anello. Il messaggio di Tolkien quindi è stato stravolto, come il mito del Kali Yuga, per diventare un monito a non agire mai nel mondo perché oramai è preda dell’Ombra e quindi affrontarlo vuol dire esserne travolti e corrotti a propria volta. Non importa il fatto che i protagonisti della saga abbiano fatto esattamente il contrario, che ad esempio Gandalf – il custode del Fuoco Sacro – non si sia limitato a custodire la fiammella e tramandarla ma l’abbia usata per combatterne i nemici – tanto contro il Balrog quanto contro il Re Stregone di Angmar – o che si sia rifiutato, sempre dopo lo scontro con il Balrog, di rimanere nel Reame Beato di Valinor per tornare invece nella Terra di Mezzo proprio per combattere. O che sempre Gandalf abbia più volte ammonito sull’impossibilità di fuggire per sempre dall’Ombra sperando che non arrivi e che l’unico modo per fermarla è combatterla.
La reazione anti-tolkieniana
Questa visione incapacitante dei romanzi di Tolkien è stata così totalizzante nell’estrema destra post-neo-fascista da creare una reazione rabbiosa e ostile da parte di chi quel vittimismo da fuga dal reale proprio non l’ha mai sopportato. Facendo seguito allo svecchiamento grafico, estetico, simbolico e propagandistico avvenuto con l’Area Non Conforme che ha finalmente mandato in cantina maghi e dragoni come veicoli di comunicazione politica,
Ma così pensando gli anti-tolkieniani non si sono accorti di essere stati influenzati proprio da coloro contro cui si sono scagliati. L’Anello è davvero un mezzo di potere che, in una visione retta, virile e guerriera del mondo dovrebbe essere “dominato”? E dunque Tolkien è così meschino dal proporre una resa incondizionata e un rifiuto verso qualunque volontà di potenza? Vedendo come tutto il libro sia però un incitamento al risveglio dello spirito guerriero dei popoli, un incitamento a non arrendersi mai e a combattere per il proprio destino, sembra proprio difficile.
L’Anello, spiegato da Tolkien
Ma cosa è allora questo Anello maledetto? Perché distruggerlo invece che utilizzarlo? Per capirlo basterebbe conoscere l’intera opera di Tolkien, comprensiva del Silmarillion (forse il vero capolavoro assoluto dello scrittore britannico) e dei suoi appunti pubblicati postumi dal figlio Christopher. Proprio in uno dei suoi quaderni di appunti, pubblicato come
Morgoth è colui che cerca di incatenare lo Spirito nella “materia prima di Arda” che diviene quindi il suo anello, un cerchio intorno al cosmo che vuole racchiudere, imprigionare e che vuole serrare tutte le Porte. Colui che plasma diabolicamente l’energia magmatica della materia senza servirsi del Fuoco, se non della pallida imitazione deforme e infera da lui creata – la Fiamma di Udun, anch’essa però materiale e priva della scintilla di Iluvatar – dando vita solo a mostruosità deformi, uguali e abbrutite.
È Tolkien stesso quindi a spiegarci il significato dell’Unico Anello. Esso sta all’Anello di Morgoth proprio come Sauron, incarnazione “ipostatizzata” di
Ma un potere illusorio, come la materia prima stessa, un potere che può solo deformare, omologare e rendere orizzontali. Un’illusione di potere che mostra la degradazione, il rifiuto della verticalità e la hybris come libertà. Un’illusione che, proprio come l’anello intorno al mondo creato da Morgoth, chiude tutte le Porte, quelle che lo scrittore torinese Elémire Zolla, uno dei primi e forse più autorevoli critici e analisti dell’opera tolkieniana, chiamò nel suo omonimo saggio le “uscite dal mondo”, citando proprio l’autore di Bloemfontein come una delle chiavi di queste “uscite” in quanto rinnovatore del Mito inteso non come passato ideale ma come un eterno sempre vivo e da far vivere e pertanto “più presente a noi del presente”.
Uscite dal mondo non come “fuga dal reale”, come volevano tanto gli hippie quanto gli autosconfitti dell’estrema destra post anni di piombo, ma come evasione dalla prigione creata da Sauron e Morgoth, la “galera dello spirito” di katanghiana memoria. Lo stesso Tolkien, accusato di “fuga dal reale”, fu più che chiaro a tal proposito. “Perché un uomo dovrebbe essere disprezzato se, trovandosi in carcere, cerca di uscirne e di tornare a casa? Il mondo esterno non è diventato meno reale per il fatto che il prigioniero non lo può vedere. Usando Evasione in questo senso, i critici hanno scelto la parola sbagliata, e, ciò che più importa, confondono, non sempre in buona fede, l’Evasione del Prigioniero con la Fuga del Disertore”.
È questa la missione di Sauron, tramite il suo Anello. Far credere che la prigione sia il solo mondo reale, chiudere le porte e impedire di “tornare a casa”, ovvero a Valinor dove tramite le Potenze del Mondo è possibile ricongiungersi a Iluvatar.
“Insorgere contro la fatalità” e il Ritorno
E come a Morgoth si opponeva il Re dei Valar, l’interprete della Volontà di Iluvatar e vero plasmatore del cosmo grazie al Fuoco Sacro che è presso di
A distruggere l’Anello infatti non è Aragorn, ma i personaggi più “inaspettati”. Degli hobbit, degli esseri neanche contemplati nello schema, nella “grande architettura” materiale di Morgoth e Sauron. Degli esseri col cuore impavido eppure di fanciullo – non infantile, emotivo o adolescenziale, ma piuttosto come il fanciullo nietzschiano – che adorano la purezza incontaminata della loro casa ma che non esitano a uscirne per spirito di avventura, che amano le storie di elfi e di guerrieri ma che piuttosto che raccontarle preferiscono viverle, degli esseri con la mente sempre rivolta alle Grandi Storie eppure con i piedi ben piantati a terra come la loro stessa anatomia suggerisce. Frodo, il portatore dell’Anello e soprattutto Sam, il portatore del portatore dell’Anello, sono spinti dalla sola Volontà di andare avanti, consapevoli di vivere una storia che nessuno vorrebbe vivere, perché è una storia ambientata nel periodo più oscuro di tutti, eppure una storia che è toccata loro in sorte e che è loro dovere compiere, perché a differenza di chi scappa dal Kali Yuga loro sanno che l’unico modo per andare avanti è cercare la luce nel momento più buio.
Gli hobbit sono gli unici che possono addossarsi il peso di tutta la materia di Arda senza esserne schiacciati, perché possono reggere il peso di tutto il mondo e solo a quel punto capire che esso non serve a nulla, che è pura illusione. Ma un’illusione pericolosa, perché chiudendo tutte le Porte lega indissolubilmente al mondo della fatalità, dell’eterna caduta, della dissoluzione. Non a caso l’Anello dissolve, non a caso l’Anello è forgiato tra le fiamme infere del Monte Fato. Ed è proprio rigettando l’Anello in faccia al Fato, “insorgendo contro la fatalità” appunto, che gli hobbit ricordano a Sauron cosa esso è in realtà: nulla. E come nulla esso svanisce. È solo a quel punto, dopo averne colto l’inutilità, che essi possono liberarsi del peso del mondo per librarsi leggeri e volare con le Aquile di Manwe e
Carlomanno Adinolfi
4 comments
Complimenti! Bellissimo articolo che dona ‘l’esatta interpretazione dell’opera tolkeniana, stigmatizzando le derive hippie e neo-destre che ne hanno depotenziato, in modo diverso ma simbiotico, il messaggio profondo. Ottimo.
L’articolo più interessante, bello e completo sull’opera di Tolkien che io abbia mai letto
complimenti questo non è un articolo ma un saggio su Tolkien.
Per me Tolkien ha viaggiato nel futuro, letto questo testo e ne ha tratto ispirazione per scrivere il Signore degli Anelli…