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Trarre ispirazione da esempi forti, per riprendere in mano il nostro destino 

by La Redazione
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esempi forti

Roma, 30 apr – Pubblichiamo, per gentile concessione dell’autrice, il bellissimo discorso di Audrey D’Aguanno, declamato durante il convegno “Di fronte al declino antropologico, vivere da Europei”, organizzato a Parigi dall’Institut Iliade.

Le cause del declino antropologico degli europei sono molteplici. Tale declino nasce anche dall’oblio del passato: senza memoria, infatti, non sappiamo più da dove veniamo, non sappiamo più chi siamo, non sappiamo più di cosa siamo capaci. Peggio: con la nostra storia piagata da diffamazioni e ripuliture, mentre i nostri antenati vengono riempiti di vergogna e sensi di colpa, non ci resta che il desiderio di scomparire. E succede che, un giovane a 23 anni arrivi a farsi sterilizzare o a promuovere l’estinzione postando sui social i benefici della sua vasectomia “militante”… Le manifestazioni di questo istinto di morte che attraversa le nuove generazioni, sono ormai troppo numerose per far finta che non esistano.

Nel suo capolavoro Il radicamento. Preludio a una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, Simone Weil scrive: “Il futuro non ci porta nulla, non ci dà nulla; siamo noi che, per costruirlo, dobbiamo dargli tutto, persino la nostra vita. Ma per dare, bisogna possedere, e noi non possediamo altra vita, altra linfa, che tesori ereditati dal passato e digeriti, assimilati, ricreati da noi stessi. Fra tutti i bisogni dell’anima umana, nessuno è più vitale del passato”.

La nostra storia non è il relativismo culturale o il cosmopolitismo insegnati dall’Educazione Nazionale, che non è più educazione e che non è più nazionale. La nostra storia è specifica. Né è un’astrazione, i nostri valori fondanti sono concreti e incarnati. Contro il declino che ci minaccia, per riprendere il filo del destino che dovrebbe essere nostro, dobbiamo riattivarli. Questo sarà l’argomento del mio saggio.

Amare la Francia, la patria. Difendersi, lottare per un’idea più grande di sé… sono parole che ci fanno vibrare! Ma non provocano le stesse vibrazioni su tutti; ad esempio, non hanno alcuna presa su un ragazzo di 15 anni che non capirà nemmeno di cosa gli si stia parlando. Ma se provassimo a raccontargli l’epopea della nostra eroina più sublime, riusciremmo a concretizzarla questa idea. Cosa c’è di più bello di una ragazza di 17 anni che guida gli uomini in battaglia, che li fa rialzare in piedi e vincere una battaglia dopo l’altra? Cosa c’è di più eclatante della freccia che trafigge Giovanna d’Arco, la fa cadere, ma non l’arresta? Esattamente come, prima della guerra, tutti gli anni che ha trascorso, testarda, incrollabile, decisa a convincere che lei c’era, che era nata per salvare la Francia.

La qual cosa farà dire allo storico Jules Michelet: “Ricordiamoci sempre, francesi: il nostro Paese è nato dal cuore di una donna, dalla sua tenerezza, dalle sue lacrime, dal sangue che ha versato per noi”. Quale bambino, sentendo queste parole, non proverebbe immediatamente l’orgoglio di essere francese?

Il senso dell’onore, della rettitudine, della nobiltà d’animo. Incarnare l’esempio attraverso le proprie qualità.  Non sono nemmeno sicura che un adolescente capisca il senso di questa frase. Ma proviamo a raccontargli la storia di “Monsieur Henri”, Henri de La Rochejaquelein, il kalos kagathos della Vandea. La bellezza e la bontà, insieme alla passione della giovinezza. Parliamogli di quanto è amato dal suo popolo, dal suo piccolo popolo per il quale si è sacrificato. Cos’è l’eroe se non il sacrificio?

Sono tutti concordi nel dire che Henri è bello, alto, biondo, giovane… Troppo giovane per gli altri nobili ribelli della Vandea ai quali aveva chiesto di unirsi. Tuttavia, pochi giorni dopo il rifiuto, un’orda di contadini muniti di forconi, falci e qualche fucile, entra nel cortile del suo piccolo castello: vengono a prendere il loro signore. Sanno che sotto i suoi sguardi timidi si cela un valoroso cavaliere.

E se lo sanno è perché hanno una memoria ancora viva, ricordano cosa vuol dire essere Aristocratico… avranno ragione. L’uomo taciturno si rivela un eccezionale condottiero di uomini; così li esorterà: “Ho contro di me sia la mia grande giovinezza che la mia inesperienza; ma già ardo per rendermi degno di comandarvi. Andiamo a cercare il nemico: se avanzo seguitemi, se mi ritiro uccidetemi, se muoio vendicatemi!”. Delle parole che molti altri leader prenderanno in prestito da lui più tardi.

I nostri esempi forti: l’eccellenza di Roma

I nostri annali sono pieni di modelli eroici. E ci sono anche, lontano dallo scontro delle armi, devozioni più silenziose, che non hanno portato meno gloria a chi se ne è reso protagonista. Questo è l’insegnamento delle donne dell’antica Roma. Roma è eccellenza, abnegazione, senso del dovere.

È Cornelia, madre dei Gracchi: che esempio! Alla ricchezza e un secondo matrimonio reale, preferisce dedicarsi all’educazione dei suoi figli. Non per essere una brava mamma, ma per contribuire a rendere grande Roma: incarnando l’ethos su cui è stata costruita e plasmando i suoi futuri cittadini.

Cornelia, figlia dell’illustre Scipione, vittorioso su Annibale, era cresciuta nel culto dell’eccellenza. Voleva che i suoi figli, Tiberio e Caio, si mostrassero degni del posto privilegiato che gli spettava di diritto e che personificassero anch’essi i valori ancestrali. Divenuti famosi tribuni, continuarono a consultarla frequentemente. La sua fama sarà immensa. Una popolarità che deve non solo al suo status di madre esemplare, ma anche e soprattutto al suo sapere e alla sua intelligenza.

Queste donne, esempi brillanti, non sono rare. Cornelia, Aurelia, Ottavia, Agrippina e le altre prestigiose matrone sono devote ai loro mariti o ai loro figli, ma sono comunque al centro del potere: ridurle a madri e mogli è dimenticare quanto fossero potenti. E che la loro carriera politica non è avvenuta solo dietro le quinte: è stata pubblica. Donne di calibro, glorificate come tali… Sono la prova che avere figli non è un impedimento alla propria realizzazione. Per arginare il nostro declino demografico, dobbiamo essere noi stesse e partorire di nuovo! E se la nostra adolescente non è attratta da queste figure dall’aspetto tranquillo, raccontiamole l’epopea di quelle guerriere e piratesse che hanno mostrato più virilità di molti uomini del loro tempo.

Il fondamentale ruolo della donna

Narriamole allora la storia di Caterina Sforza, la contessa del Rinascimento che tra 2 guerre e decine di congiure ebbe 6 o 8 figli. O quella di Jeanne de Belleville, la famosa corsara bretone, che ne ebbe altrettanti. O quella di Laskarina Bouboulina, ammiraglio e rivoluzionario greco che partorì sulla sua nave e, subito dopo, prese a cannonate gli ottomani. E quelle migliaia di vedove anonime della prima guerra mondiale, che hanno continuato a lavorare e a prendersi cura della propria casa a testa alta.

Il posto delle donne è una specificità della nostra civiltà. E quando una di loro si è mostrata degna, i nostri maschi non hanno mai esitato a lodarla, servirla o consegnarle le chiavi del regno. Se l’uomo bianco fosse questo mostro di misoginia con cui ci stanno bombardando, non avremmo mai avuto una tale profusione di regine, imperatrici, guerriere, artiste. Avremmo forse venerato Zeus ed Era, Marte e Venere, Freya, la Vergine Maria, le centinaia di sante che popolano le nostre terre? In Europa abbiamo bisogno dell’uomo e abbiamo bisogno della donna, altrimenti non funziona niente.

Contro la sterilità volontaria che ci devasta, causa ed effetto più pericoloso del nostro declino, ricordiamo la complementarietà tra uomo e donna. L’Europa è la terra delle relazioni naturali tra i sessi. Così è stato fin dagli albori della nostra civiltà: ne sono la prova le coppie, illustri e pubbliche, tragiche o impossibili, anche elevate a modello. È Aspasia che discute gli affari della città con Pericle del quale Plutarco ci racconta che “l’amava così teneramente che non usciva mai e non tornava mai a casa senza baciarla.” Leonida e Gorgo. Una donna che, nel V secolo prima della nostra era, a queste parole “Voialtre, Lacedemoni, siete le uniche a comandare gli uomini “ osò rispondere “È perché solo noi abbiamo messo al mondo degli Uomini!” E, ancora una volta, è Plutarco a raccontarcelo. 

Le nostre femministe l’hanno mai letto? E non sto parlando della sua opera La virtù delle donne (Mulierum virtutes) — perché sì, 2000 anni fa uno dei nostri più eminenti storici dedicò un’opera al gentil sesso, convinto “che l’eccellenza dell’uomo e della donna siano un tutt’uno e la stessa cosa”, ma delle sue raccolte più popolari di uomini illustri. No, le nostre femministe non l’hanno mai letto: avrebbero notato che i suoi testi traboccano di esempi di donne forti, così come quelli di tanti altri pilastri della nostra cultura. Come credere oggi che la nostra civiltà le avrebbe escluse?

Di fronte alla guerra imposta tra i sessi, di fronte al deterioramento dei nostri rapporti che contribuisce al nostro declino, ricordiamoci dell’affetto, della stima, dell’amicizia che ci unisce. Questo rispetto reciproco sono i cinquant’anni di matrimonio dell’imperatore Augusto e dell’imperatrice Livia. Sono Costantino e Teodora, Matilde e Guillaume. Sono Andromaca ed Ettore, Petrarca e Laura, Eloisa e Abelardo. Sono Enrico II e Caterina de Medici e… anche Diane de Poitiers! Quanti modelli! Perché una tale litania di vecchi nomi, che si potrebbe allungare a piacere? Perché è una testimonianza: questa complicità non è nuova, è per noi essenziale, relativa alla nostra essenza.

Abbiamo persino elevato la seduzione al rango dell’arte! Ed è proprio nell’arte che possiamo ammirare i nostri modelli fisici. Una visita in qualche museo non può che convincere il nostro adolescente. Coglieremo l’occasione per mostrargli, attraverso l’arte figurativa che è nostra e in cui le donne sono sovra rappresentate, la ricchezza dei fenotipi europei. Contro l’omologazione generata dai social network, con facce tanto finte quanto omologate, che seminano la rovina tra i nostri giovani, mostriamo la bellezza delle nostre donne e la loro diversità! Contro le assurdità del body positivity che normalizza l’obesità, ammiriamo la bellezza statuaria i cui corpi riflettono una buona salute. Essere belli e belle è anche un modo per combattere la mostruosità che ci circonda.

Contro la piaga della pigrizia

Contro la piaga della pigrizia che affligge i nostri discendenti, segno e causa del nostro declino, riconnettiamo noi stessi con lo sforzo e la determinazione. Ispiriamo i nostri figli con questi modelli di uomini e donne che hanno raggiunto il loro obiettivo attraverso un duro  e costante lavoro. Come tale Heinrich Schliemann che, all’età di 8 anni, giurò di dimostrare al mondo intero che i racconti della sua infanzia, l’Iliade e l’Odissea, non erano mere leggende, ma storia. Mentre gli accademici delle ricche università deridono “il commerciante senza diploma che si crede archeologo”, l’autodidatta scende in campo, impara a memoria venti lingue e testi antichi. Studia senza sosta. Cerca e ricerca, senza tregua. Inoltre, fallisce più volte. Spesso sbaglia, ma non si arrende mai.

Anche questo va ricordato ai nostri giovani: non crollare di fronte al fallimento. Anni e anni di scavi e la favolosa Troia riaffiora. Una scoperta storica. Al culmine della gloria, non si addormenta sugli allori. Gli viene un’altra idea: trovare la tomba del re Agamennone… ci riesce e ci regala la non più mitica Micene e i suoi tesori, poi Tirinto. Sì, gran parte della nostra conoscenza in materia, la dobbiamo al figlio di un povero pastore che non ha mai smesso di studiare e lottare per raggiungere l’obiettivo che si era prefissato.

Questo sistema vuole che i nostri giovani siano ebeti ed indifesi. Per riprendere il filo del destino che dovrebbe essere nostro, ricordiamo al nostro adolescente che, si, proprio lui, è erede della stirpe più prolifica di pensatori, studiosi, inventori, geni. Che intellettualmente può fare qualsiasi cosa: è scritto nel suo DNA. La nostra creazione intellettuale inizia infatti sin da quando ne abbiamo memoria – le sue prime tracce risalgono al VII secolo aC – e non si fermerà mai. Se, dopo qualche secolo di scrittura, i filosofi greco-romani avevano già detto quasi tutto, ci sono sempre nuove pietre da portare all’edificio. Da Talete a Marco-Aurelio… da Pascal a Nietzsche, quanti modelli! Ma se queste figure erudite ispirano poco il nostro adolescente, ricordiamogli che fu il miglior allievo di Aristotele, Alessandro Magno, a diffondere, con la forza della sua spada e l’audacia della sua conquista, i concetti filosofici greci in Oriente, dall’Egitto ai confini della futura Russia.

Lode al coraggio

Contro la mollezza che ci invade, lodiamo il coraggio e la volontà! Scrive François Bousquet: “Vivere a imitazione di modelli eroici, per quanto inimitabili possano essere, è una regola di igiene mentale. Tutto il contrario della commedia, dedicata all’imitazione di uomini mediocri”. Abbiamo il pantheon più ricco di gesta gloriose, storie eccelse e vite reali in grado di galvanizzare i nostri discendenti. Questi modelli non compongono solamente la Storia, ma fanno parte dei nostri geni.

Alcuni di loro, spettatori del declino, hanno cercato di salvare il loro mondo, il nostro mondo. Questi, sono forse gli esempi più rilevanti al momento di cui ci occupiamo. Come Miguel de Cervantes, autore del romanzo più letto del pianeta. Nostalgico, frustrato dal fatto di non poter incarnare l’eroismo di un tempo — dopo otto secoli di riconquista dall’invasore musulmano, gli hidalgos erano a riposo, e con loro gli ideali cavallereschi — crea Don Chisciotte de la Mancha, il gentiluomo che si immagina cavaliere. Quando sei un uomo d’azione, i periodi di calma e pace sono spesso vissuti male… 

Fortunatamente per lui, la Storia, questo treno che non fermiamo mai e che sempre sorprende, gli offrirà la sua occasione: si prepara infatti la battaglia di Lepanto, scontro decisivo tra europei e ottomani. E lui sarebbe stato lì, a dimostrare che essere un cavaliere è una cosa senza tempo, fonte dell’anima, della volontà. Una battaglia persa in anticipo, un suicidio, viste le enormi quantità che impegnano le due fazioni, ci viene raccontato. Eppure… sarà una delle nostre vittorie più trionfanti che segnerà il primo colpo all’espansione turca sul nostro suolo.

Nulla è scritto in anticipo, tutto è ancora possibile. La morte della nostra civiltà non è inevitabile. Questo declino della civiltà, lo abbiamo sperimentato più volte, ci è crollato addosso o si è abbattuto sul nemico alle porte. Per arginarlo, riappropriamoci del nostro destino, scegliamo i nostri modelli, prendiamo ispirazione da loro. Beviamo da questa fonte perenne. Non per una vana adorazione del passato, ma per incidere sul presente e quindi sul futuro. Per imporre, con la nostra volontà, la nostra intelligenza e il nostro potere, un senso alla storia, che si sta scrivendo proprio in questo momento.

Audrey D’Aguanno

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1 commento

fabio crociato 30 Aprile 2023 - 7:53

Non mi permetto nemmeno lontanamente di sminuire questo scritto del quale condivido anche le “virgole”, ma vorrei ci soffermassimo di più sul quel accenno alla pigrizia legandolo al finale “beviamo da questa fonte perenne”. Attenzione a cosa mangiavano e cosa bevevano anche dal punto di vista fisico, sia in quantità che in qualità, erano sostenuti basilarmente (!) da questo.
Notate, tra gli indegni al potere, cosa circola come alimentazione pro giovinezza sempre e confrontatela con ciò che gli stessi indegni ci vogliono rifilare… Non è un caso che punto sulla riappropriazione che, a questo punto, deve essere forzata del territorio ns. per ripartire dalla forza della terra non tradita, non deviata dal controllo speculativo altrui.

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