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Ecco perché non si può cambiare l’Unione europea

by Valerio Benedetti
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Roma, 23 mag – Questa domenica gli italiani sono chiamati a eleggere i nuovi rappresentanti dell’Europarlamento. E in molti, soprattutto i sovranisti (veri o presunti), sono convinti che con questo voto – e l’auspicata crescita delle forze euroscettiche – sarà finalmente possibile riformare l’Unione europea. Tra i partiti in lizza, c’è addirittura chi ha scelto come slogan un ambizioso «In Europa per cambiare tutto». È ovvio che una campagna elettorale lascia poco spazio ad analisi complesse, e gli slogan risentono giocoforza di una certa (e necessaria) semplificazione. Ma qui, va detto, si è andati ben oltre. Sostenere che, con queste elezioni, si possa cambiare l’Unione europea, infatti, vuol dire illudere il proprio elettorato di riferimento. Perché – e questo dovrebbe essere chiaro a chiunque si fregi della qualifica di sovranista – questa Europa è semplicemente irriformabile. Vediamo perché.

I numeri non mentono

Innanzitutto non possiamo che partire dai dati in nostro possesso. Stando agli ultimi sondaggi, nel prossimo Europarlamento i partiti euroscettici dovrebbero occupare – nel loro complesso – all’incirca il 20% dei seggi. Stiamo parlando della stessa percentuale che – voto più voto meno – ha racimolato il Pd alle scorse Politiche in Italia. Ecco, vi pare che il Pd, con un quinto dei voti degli italiani, abbia vinto le elezioni, o possa influire concretamente sui lavori del Parlamento? Evidentemente no.

Ma se anche i partiti euroscettici dovessero ottenere, poniamo, il 25%, non cambierebbe granché. Secondo uno studio dell’autorevole European Council on Foreign Relations (Ecfr), infatti, per poter davvero impensierire l’establishment di Bruxelles, l’ampio fronte populista dovrebbe occupare almeno un terzo dei seggi. Si tratta, insomma, del 33,3% dei voti. In questo caso – e a patto che i gruppi della maggioranza siano divisi – la coalizione euroscettica potrebbe ostacolare seriamente i lavori dell’Europarlamento e fare una dura ostruzione alla nomina del nuovo presidente della Commissione europea, paralizzando di fatto le istituzioni-chiave della Ue. Ma si tratta, appunto, di un’ipotesi assai improbabile (per utilizzare un eufemismo). Per «cambiare tutto», invece, servirebbe più del 50% dei seggi, ossia la maggioranza assoluta. Ma qui si entra proprio nel regno dell’impossibile.

L’alleanza impossibile

Ricapitolando: sotto la soglia del 33,3% – risultato congruente con le ultime proiezioni – i partiti euroscettici non potranno andare oltre il rumoroso ma inefficace «sbattimento di pugni sul tavolo» e la vicepresidenza di quattro commissioni parlamentari minori. Questo Matteo Salvini lo sa benissimo, tant’è che è volato da Viktor Orbán per cercare di preparare il terreno per un’alleanza tra euroscettici e Ppe in chiave anti-progressista. La pia speranza del leader della Lega è che, con un Ppe più spostato sulle posizioni del premier ungherese, sia possibile creare un fronte conservatore in grado di rivedere il funzionamento dell’Unione europea. Peccato però che i rapporti di forza non lo consentano. E infatti Angela Merkel e tutta la Cdu tedesca, cioè il socio di maggioranza del Ppe, hanno già fatto sapere che questa alleanza è assolutamente fuori discussione.

L’Europarlamento non decide nulla

A tutte queste considerazioni, infine, è da aggiungere un particolare di non poco conto: il Parlamento europeo non ha un vero potere legislativo e, inoltre, non ha facoltà di rivedere i trattati. Questi poteri, infatti, sono detenuti dalla Commissione europea (i cui membri non sono eletti, ma nominati) e dal Consiglio dell’Unione europea, formato dai primi ministri e dai capi di Stato dei Paesi aderenti. Tradotto: anche con queste elezioni, nell’Unione europea non cambierà un emerito tubo.

Leggi un’analisi più approfondita sul numero di maggio del Primato Nazionale

Unione europea o Italexit

Tirando le fila del discorso, è evidente che questa Unione europea è sostanzialmente irriformabile. Anche perché, per rivedere gli odiosi e catastrofici trattati, è necessaria l’unanimità degli Stati membri. Uno scenario, si converrà, del tutto irreale. È per questo motivo che l’Italexit – cioè l’uscita dall’Unione europea e dall’euro – rappresenta l’unica alternativa possibile alla perdita progressiva e inesorabile della nostra sovranità nazionale. Non sarà popolare (a livello mediatico), non sarà semplice (vedi alla voce Brexit), ma è questa la verità che va detta agli italiani. E soprattutto a chi, sinceramente e senza infingimenti, si sente e si professa sovranista.

Valerio Benedetti

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1 commento

Jos 23 Maggio 2019 - 3:52

..suona male ” italexit”…….molto meglio ” itaexit”…

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