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Woke e decostruzione, ultime dal mondo

by La Redazione
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Roma, 11 feb – Siamo proprio sicuri che il woke sia finito? Certo a Hollywood l’adagio go woke, go broke ha portato il colosso dell’intrattenimento Disney a leccarsi le ferite dopo una serie di insuccessi più o meno mascherati, e probabilmente Hollywood approccerà al tema in maniera meno diretta. Ma come già notava Sergio Filacchioni a inizio 2024 le premesse decostruenti del wokeismo (o come vogliamo chiamarle) continuano ad agire.

Wokeismo e decostruzione dell’identità

E che l’azione del wokeismo inteso come decostruzione dell’identità della persona sia ormai una costante del mondo anglosassone lo dimostrano le tante notizie degli eccessi che arrivano da Stati Uniti, Regno Unito e non solo. Dal caso dell’Università del Wisconsin che spiega come solo i bianchi siano razzisti, alle continue iniziative di “discriminazione positiva”, ovvero la discriminazione contro il “maschio bianco etero” colpevole di tutti i mali. Come quella una biblioteca del Maryland che per la convention MoComCon 2024 richiedeva tariffe maggiorate alle attività gestite da uomini bianchi, e scontate per tutti gli altri. Iniziativa rientrata dopo le immancabili polemiche. Ma le polemiche che non sempre riescono a fermare l’ondata wokeista, finora il go woke go broke ha avuto successo là dove era possibile un boicottaggio commerciale: dai film Disney alla birra Bud Light.

Go woke, go broke funziona anche per le scuole?

Nel mondo dell’istruzione e delle no profit il fenomeno wokeista è molto più incistato e anche le polemiche raramente impattano. E le iniziative del fronte wokeista si fanno sempre più aggressiva. A gennaio il Daily Maily titolava che «Oltre 300 scuole, tra cui primarie, secondarie e persino asili nido, sono state invitate a smettere di chiamare gli alunni “maschi e femmine” dopo aver aderito al programma gestito dal controverso gruppo di pressione per i diritti dei trans Stonewall». Bagni neutri, divise neutre e nessuna distinzione a livello verbale tra maschi e femmine, questa la richiesta della no-profit che fornisce una certificazione per chi aderisce ai suoi programmi. Tra l’altro non è nemmeno il caso peggiore. Oltre al genere neutro o all’identificarsi nel sesso opposto, negli ultimi mesi tabloid come l’australiano Herald Sun o il britannico The Sun hanno dato conto di scuole i genitori venivano avvisati che i loro figli si potessero identificare come animali o furry. Una tendenza assecondata anche dall’emergere negli Stati Uniti di locuzioni come foxgender proposta dall’associazione Gender Spectrum, sovvenzionata con 2 milioni di dollari dallo Stato della California per attività nelle scuole.

Anche a livello di Pubblica amministrazione nel Regno Unito, riferisce sempre il Daily Mail, che le nuove linee guida non si limitano a suggerire di utilizzare i pronomi corretti nei confronti di colleghi e cittadini. Ma è richiesto al dipendente di pubblico anche di “pensare” alle persone come se fossero del genere che loro desiderano. Mentre dagli Stati Uniti arriva invece la notizia che l’American Academy of Pediatrics, la più grande associazione di pediatri degli Stati Uniti stigmatizza la definizione di allattamento al seno come “naturale” scrivendo in un comunicato: «Promuovere l’allattamento al seno come “naturale” può essere eticamente problematico e, cosa ancora più preoccupante, può rafforzare la convinzione che gli approcci “naturali” siano presumibilmente più sani. Questo potrebbe mettere in discussione gli obiettivi della sanità pubblica in altri contesti, in particolare la vaccinazione infantile.» Le tematiche di genere non vengono toccate (anche se l’AAP in passato si era mostrata molto sensibile e favorevole all’argomento), ma è evidente il tentativo di far passare un concetto che dovrebbe essere estremamente naturale, come l’ennesimo “costrutto” da “decostruire”.

Dalla decostruzione alla distruzione: la cancel culture

Dalla decostruzione di individui e concetti alla decostruzione fisica delle statue: la cancel culture continua a colpire. A Melbourne una statua di James Cook è stata abbattuta e quella della Regina Vittoria vandalizzata la notte che precede il 26 gennaio, l’Australia Day, la festa nazionale australiana che ricorre l’anniversario del 26 gennaio 1788 il giorno in cui il capitano Phillip sbarcò a Sydney Cover prendendo possesso della colonia del Nuovo Galles del Sud. Mentre negli Stati Uniti, nel cimitero militare di Arlington, è stato rimosso il Memoriale confederato realizzato nel 1914 dallo scultore Moses Ezekiel, ebreo e omossesuale che aveva vissuto per anni a Roma (è ricordato anche in un sonetto di D’Annunzio). Il monumento, al centro dell’area delle sepolture confederate, e nelle cui vicinanze è collocata anche la tomba dello scultore è stato rimosso perché gli altorilievi alla base del monumento rappresenterebbero una narrazione edulcorata della Confederazione e della schiavitù. Gli stessi eredi di Ezekiel si erano detti a favore della rimozione, nonostante il monumento si trovi in un cimitero militare e non sulla pubblica piazza Insomma, se Hollywood rallenta nell’imporci la sua visione woke, la decostruzione continua a gonfie vele.

Flavio Bartolucci

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