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Wpath files, l’orrore delle chat dei medici che deridono i pazienti trans pentiti

by Michele Iozzino
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Roma, 16 mar – La World Professional Association for Transgender Health (Wpath) si presenta come una “organizzazione interdisciplinare professionale ed educativa dedicata alla salute dei transgender” ed è considerata delle associazioni più influenti e autorevoli in questo campo. Ma alcuni documenti interni mettono in dubbio il loro comportamento e ne rivelano il volto nascosto.

I Wpath files

I documenti e le chat interne diffusi dalla Ong di Michael Schellenberg sono rapidamente diventati un caso, tanto da meritarsi il nome di Wpath files. Rappresentano uno sguardo nel baratro dietro il velo dell’ideologia Lgbt. Tra interventi chirurgici effettuati senza vero consenso e terapie farmacologiche somministrate senza tenere conto dei gravi effetti collaterali, il quadro che è emerge è terrificante. Dalla cura del paziente alla scientificità dei processi di ricerca, tutto sembra venire messo in secondo piano rispetto a una posizione di fatto arbitraria come quella che vede nella transizione e nella cosiddetta affermazione di genere la soluzione univoca. Anzi, i pazienti che vorrebbero tornare indietro vengono trattati con sufficienza e con malcelato disprezzo. Su La Verità Alessandro Rico ce ne offre un caso esemplificativo. In una delle chat emerse con i Wpath files, uno degli addetti ai lavori scrive così: “Abbiamo un paziente Ftm (acronimo che sta per: transizione da femmina a maschio – ndr) che si è appena diplomato e ha deciso di compiere la detransizione. Lui è molto scioccato e arrabbiato. Riferisce di sentirsi come se gli fosse stato fatto il lavaggio del cervello ed è infastidito dei cambiamenti permanenti al suo corpo”. Curioso notare come il medico si riferisca alla paziente con “lui”, nonostante quest’ultima sia tornata a identificarsi come femmina. Insomma, la ragazzina superata la fase adolescenziale e verosimilmente diventata maggiorenne si è accorta di aver commesso un enorme errore.

Le chat degli orrori

Le repliche dei colleghi sono agghiaccianti. Un utente risponde: “Invece di usare il termine ‘detransizione’ sta semplicemente descrivendo questa cosa come una svolta nel suo viaggio di genere”. Una squallida riverniciatura terminologica pur di non mettere sotto cattiva luce il dogma della transizione. Come se non bastasse, un altro utente offre la soluzione magica: la colpa è degli estremisti di destra. E scrive: “Nella mia esperienza, queste storie arrivano da gente che promuove attivamente un’agenda contro i diritti delle persone trans e da un numero davvero minimo di di individui che hanno compiuto la detransizione e credono che la loro esperienza specifica sia parte di un grande cospirazione per ‘rendere i bambini gay/trans’”. Sulla questione interviene anche uno dei pezzi grossi di Wpath Marci Lee Bowers, facendo da scaricabarile: “Tutti i pazienti devono possedere e assumersi le responsabilità delle decisioni mediche, specialmente quelle che hanno potenzialmente effetti permanenti”. Come a dire, giochiamo a fare Dio e se va male diamo la colpa alle nostre vittime. C’è pure chi commenta: “La mera presenza di malattie psichiatriche non dovrebbe bloccare la facoltà della persona di iniziare gli ormoni”. O, ancora: “Indipendentemente dalle facoltà mentali dei pazienti, nessuno è in una posizione migliore per compiere scelte mediche dei pazienti stessi”. Insomma, in nome della transizione di genere tutto è giustificato, anche circuire una persona mentalmente instabile.

Michele Iozzino

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