Roma, 27 mar – “Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma”. E’ l’incisiva frase riportata sulla colonna di travertino posta alla sorgente del fiume Tevere. Nella parte superiore dell’elemento verticale è poi posta un’aquila rivolta verso la capitale. Tra la scritta e il prestante rapace, 3 teste di lupo. Proprio nel 1934 – anno d’inaugurazione del monumento immerso nella faggeta tosco-romagnola – i due animali totemici si fronteggiano calcisticamente da ormai un lustro in quella che già agli albori è una stracittadina carica di tensioni e rivalità. Nella capitale il derby è da sempre partita particolare, vissuta all’ennesima potenza. “Io soffrivo molto. La città di Roma ti porta a questo rapporto tra giocatori e tifoseria. Venti anni fa, se ne parlava almeno 3-4 mesi prima. C’era chi preferiva vincere i due derby anziché lo scudetto”: chi meglio di Francesco Totti (primatista di presenze e con il maggior numero di gol all’attivo, colui che più di tutti ha raccolto vittorie e allo stesso tempo sconfitte, anche pesanti, come quella della coppa in faccia) può descrivere la sfida tra giallorossi e biancocelesti?
Francesco Totti e il vizio della maglietta
Figlio migliore del calcio capitolino, la storia del derby la scrive con il pallone tra i piedi e una fascia al braccio. Narrazione avvenuta in particolar modo ogni qualvolta che quella sfera di cuoio oltrepassa le spalle del malcapitato portiere avversario. Protagonista assoluto anche nel momento immediatamente successivo, quando il numero 10 scarica tutta la tensione accumulata in esultanze che – a loro modo – raccontano l’evolversi della pedata italica in 25 lunghi anni di carriera sotto il segno della lupa.
Il primo timbro porta la data impressa sulla maglietta della salute – “29 11 98 ragazzi carica!” – che mostrerà orgoglioso sotto la Sud dopo aver suggellato, con un facile tocco a porta sguarnita, una clamorosa rimonta in 10 contro 11. Un pupone fresco di convocazione in azzurro che si ripete al ritorno, togliendo altri punti decisivi alla corsa-scudetto dei cugini. Prima risolve di forza un batti-ribatti in area (gol del 3-1 al 90’) poi alza la divisa da gioco facendo intravedere alla Nord – casa del tifo biancoceleste – un “vi ho purgato ancora!!!” che farà a lungo discutere.
La Roma e Ilary: 6 unica!
Doppia firma anche nella stagione 2001/02, insolito colpo di testa all’andata, morbido cucchiaio da oltre 20 metri nella stracittadina marzolina in cui gli scudettati uomini di Capello si impongono per 1-5: altro giro, altra dedica – 6 unica! – questa volta riservata alla futura moglie, l’altro grande amore del capitano romanista. Torna a segnare in una stracittadina nel Natale di Roma del 2004 (dopo il gol si prende fisicamente la telecamera e inquadra la curva romanista) e ancora l’anno successivo, giusto in tempo per correre – con il pallone sotto la divisa – da Ilary, in tribuna con il pancione: entrambe le gare finiscono 1-1.
Esultare con i tifosi è la grande bellezza
Tutto suo, invece, l’incontro di marzo 2011, deciso appunto dalla doppietta del capitano, punizione velenosa e rigore a dir poco deciso. Stesso dischetto – ma basso e angolato – nel pareggio di due anni più tardi. Il 2-2 datato gennaio 2015 vede infine la rimonta giallorossa firmata sempre da Totti, di rapina in apertura di ripresa, con un pregevole gesto atletico poco dopo la mezz’ora in quello che sarà il suo undicesimo – e ultimo – gol contro la Lazio, immortalato dal selfie sotto il feudo del tifo giallorosso. Perché, per dirla proprio con l’ultima bandiera del calcio italiano, “vincere significa regalare una gioia immensa ai tuoi tifosi e alla città intera: esultare con loro è la grande bellezza”.
Marco Battistini
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