Roma, 5 mag- “Sarò con te, tu non devi mollare, abbiamo un sogno nel cuore, Napoli torna campione”. Correva la stagione 2017/18 quando l’orecchiabile motivetto si trasformava da coro della Curva B a vero tormentone in tutta la città partenopea. Era l’anno dei novantuno punti, ultima versione azzurra di Sarri che, nonostante un campionato da record, sulla linea del traguardo non riuscì a mettere il piede davanti all’imprendibile Juventus.
Visione onirica, quella del terzo scudetto, rimasta tale fino a pochi mesi fa. Anzi, in seguito a una sessione di calciomercato estiva (apparentemente) ridimensionante – agli addii delle colonne Koulibaly, Fabian Ruiz, Insigne e Mertens, il diesse Giuntoli aveva risposto con diversi profili ancora sconosciuti – tutto sotto al Vesuvio faceva pensare all’ennesima annata vissuta da attori non protagonisti. E invece sono bastate trentatré partite per sovvertire ogni pronostico e festeggiare un tricolore conquistato più che meritatamente. Sul campo di Udine serviva un punto: il pareggio, forse con qualche sofferenza di troppo, è arrivato. Vediamo i “segreti” – o meglio, i perché – di questa cavalcata trionfale.
Napoli campione, il terzo scudetto
Il ciuccio calciante insomma si è trasformato in un elegante equino da corsa. Partito con due goleade a cui sono seguiti altrettanti pareggi striminziti, il purosangue montato da Spalletti ha cominciato a macinare chilometri a partire da settembre. Conquistata la vetta alla sesta giornata gli uomini capitanati da Di Lorenzo non hanno più lasciato il comando della classifica. Tre i momenti determinanti del percorso azzurro. La vittoria di San Siro sul Milan – che ha certificato il sorpasso mentale sugli ormai ex campioni d’Italia – poi, sempre nello stadio meneghino ma nel nuovo anno solare, la prima sconfitta “italiana” subita con l’Inter. Sì, perché fino alla pausa mondiale il Napoli aveva perso solo in Europa nell’ininfluente gara di Liverpool. Ergo, il “vero” passo falso avrebbe potuto minare qualcosa nella testa della capolista. La quale invece – e qui arriviamo al terzo punto cruciale – si riprese subito disintegrando 5-1 poco più tardi una Juventus in serie positiva da metà ottobre (otto vittorie senza subire gol).
Il capolavoro di Spalletti
Per Luciano Spalletti è la prima affermazione di un certo peso. La bacheca personale infatti contava un doppio salto con l’Empoli – dalla C1 alla A – e una manciata di coppe nazionali ai tempi della Roma. Qualche ottimo piazzamento (Udinese), la vincente esperienza nel non esaltante campionato russo alla guida dello Zenit e un buon biennio nell’Inter. Dopo il podio della scorsa stagione il tecnico di Certaldo è riuscito a coniugare bel gioco e propulsione offensiva a quella continuità di risultati necessaria per rimanere in alto tanto a lungo.
I campioni d’Italia
Analizzando le prestazioni del 4-3-3 napoletano bisogna ovviamente considerare il peso specifico della spina dorsale, ipotetica linea verticale che guida e regge il resto dell’undici. Il terzo scudetto è innanzitutto la rivincita di Meret, portiere meno perforato del torneo ma in passato a lungo in discussione (e sul mercato). La scoperta del colosso Min-jae Kim e la conferma del “recupera palloni” Lobotka hanno garantito stabilità alla fase difensiva: su questo asse euroasiatico tutto il gruppo ha saputo compattarsi, facendo egregiamente densità in mezzo al campo nelle cruciali fasi di non possesso. La forza fisica del terminale offensivo – Osimhen, capocannoniere – ha quindi garantito reti e un ampio ventaglio di soluzioni offensive. Il vero uomo in più, arma impropria per larghi tratti della stagione, è stato però il georgiano Kvaratskhelia: gol, assist, dribbling e strappi a non finire per la giovane ala sinistra. Non possiamo infine dimenticare l’altissimo impatto – in rapporto tra minutaggio e giocate risolutive – dei meno impiegati Raspadori e Simeone.
Propensione al possesso palla e facilità di conclusione in porta hanno fatto il resto. Statisticamente i giocatori del Napoli non sono tra quelli che hanno corso di più durante la stagione, ma evidentemente lo hanno fatto meglio degli altri. Breve storia di un largo successo per nulla scontato: finalmente sul golfo hanno riaperto quel cassetto dei sogni chiuso a doppia mandata il 29 aprile di trentatré stagioni fa.
Marco Battistini
1 commento
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