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“Io mi preoccuperei più per l’Italia che per la Russia”: la profezia di Toni Capuozzo

by Gabriele Costa
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Toni Capuozzo

Roma, 24 mag – L’estate è alle porte ma, per non farsi travolgere come le cicale, è opportuno iniziare a pensare all’autunno già da adesso. Le sanzioni che Stati Uniti e Unione europea hanno comminato alla Russia – com’è noto a chi non è accecato dalla propaganda occidentalista – fanno male più a noi che a Vladimir Putin. Anzi: secondo l’Economist, i conti russi non ne stanno risentendo. Di qui la facile constatazione di Toni Capuozzo che, interrogato sugli scenari prossimi venturi, è stato lapidario: «Io in autunno sono più preoccupato per noi che per i russi».

Toni Capuozzo boccia l’Italia

Intervenuto a Quarta Repubblica, il programma condotto su Rete4 da Nicola Porro, il noto inviato di guerra ha posto l’attenzione sugli effetti economici delle sanzioni sulla nostra economia. Effetti potenzialmente devastanti, soprattutto per quanto riguarda il settore energetico. Ma non solo. Toni Capuozzo ha detto la sua anche sul ruolo dell’Italia nei negoziati tra Russia e Ucraina, sollevando più di qualche dubbio sull’efficacia del governo Draghi: «Non mi convince la personificazione dei negoziati, l’Europa è schierata e la Nato è parte belligerante. L’Italia ha partorito una bozza di pace, ma o dai le armi o fai il negoziatore», è la sentenza dell’inviato di guerra.

Guarda anche: Borgonovo: «L’Italia non può permettersi le sanzioni, non ha autonomia energetica» (Video)

Una strategia zoppa

Insomma, il piano presentato dall’Italia all’Onu non convince Toni Capuozzo. Perché il piano sarà anche bello e ben scritto ma – questo il pensiero del giornalista – è difficile proporsi come mediatore se prendi parte al conflitto inviando armamenti a uno dei due schieramenti in campo. Peraltro, ha aggiunto Capuozzo, «credo che non sia saggio rivelarsi cedevole prima che il negoziato cominci. Però, quando si fatica a riconoscere che c’è una guerra in corso da 7-8 anni, è faticoso pensare a una trattativa». In effetti, nel Donbass si combatte già dal 2014. E far finta di nulla non sembra proprio una buona strategia negoziale.

Gabriele Costa

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