Saluto romanoRoma, 12 mag – “Facciamo un salto/ Battiam le mani/ Ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi/ Muoviam la testa/ Facciamo festa/ A braccia aperte ti diciamo ‘benvenuto al Raiti'”. Era il marzo del 2014, quando alla scuola elementare Raiti di Siracusa, i bambini accoglievano il premier Matteo Renzi.

Mario Monti, più discreto, si era limitato a pubblicare sul sito del governo lettere di sostegno in cui i genitori di una bimba di due anni (due anni!) raccontavano felici di come la bambina fosse solita apostrofare così il premier ogni volta che lo vedeva in televisione: “Nonno Mario, quello che dice le cose giuste per il futuro”.

La sinistra azionista di LibertĂ  e Giustizia alzò un po’ l’asticella, facendo parlare al PalaSharp un tredicenne che improvvisò un sermone antiberlusconiano: “PerchĂ© il presidente del Consiglio pensa a fare solo i festini ad Arcore, mentre c’è gente povera e gente come lui che nuota nell’oro? … PerchĂ© il premier e il governo se ne fregano dell’Italia?… PerchĂ© della scuola pubblica ci si occupa solo per tagliare i costi?”.

Ma tutto questo non è “indottrinamento” o “strumentalizzazione”, cosa andate a pensare. L’annoso caso del bambino di 4 anni che a CantĂą, in provincia di Como, avrebbe fatto il saluto romano ha invece scomodato addirittura gli indignati in servizio permanente effettivo di Repubblica.

Un’abitudine, quella del bimbo che saluterebbe i suoi compagni “alla vecchia maniera” (i giornalisti lo descrivono come una sorta di tic compulsivo, ma è lecito credere alle solite esagerazioni del caso), per cui le maestre si sono sentite in dovere di convocare i genitori. I quali hanno ribadito la loro libertĂ  di educare i figli come meglio credono, in base alle idee politiche che legittimamente professano.

I docenti obiettano che il gesto è vietato dalla legge, il che è semplicemente falso: ognuno può salutare chi vuole romanamente, in forma privata. “Non è la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione”, ha spiegato tempo fa la Cassazione in una sentenza comunque di per sĂ© piĂą che discutibile, ma piuttosto “il suo venire in essere in condizioni di pubblicitĂ  tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione”. Quindi, a meno che il bambino non stesse progettando l’eversione dell’asilo, poteva salutare proprio come gli pareva.

Alla fine viene posto un ultimatum: o il bambino la smette di salutare romanamente, oppure non può piĂą frequentare la scuola materna. “Che è pubblica e si riconosce, come ovvio, nei valori sanciti dalla Costituzione italiana il cui carattere è rigorosamente antifascista”, chiosa Repubblica. Scopriamo quindi che l’Italia del 2015 è uno Stato etico antifascista e che la scuola (diretta da un ministero che si chiama “dell’Istruzione” e non piĂą “dell’Educazione” proprio per marcare la svolta rispetto alla scuola che doveva formare eticamente i pupi) esiste per forgiare giovani futuri lettori di Repubblica. Orwell ne sarebbe orgoglioso.

Giorgio Nigra

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