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“Boicottate Elon Musk”, la lettera dei cani da guardia del pensiero unico

by Francesca Totolo
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elon musk, twitter

Roma, 11 mag – Twitter è sempre stato un social network abbastanza permissivo per quanto riguarda la libertà di opinione. A differenza di Facebook, l’algoritmo di Twitter non censura termini, immagini e movimenti politici, altrimenti account che esistono solo grazie al fascismo, come quello di Paolo Berizzi, sarebbero già stati banditi. È anche vero che diversi profili Twitter sono stati chiusi, come ad esempio quello di Donald Trump. Ora Elon Musk ha acquisito Twitter, ma gli effetti si vedranno solo tra qualche mese quando si potrà constatare la reale politica aperturista del miliardario americano, magari con la riapertura dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti. Ciò che invece è stato chiaro fin da subito è stato il panico che si è creato nella fronda progressista, tra annunci di chiusure dei profilo e post che svelano la vera essenza dei sedicenti liberal. Sembrerebbe che chi predica libertà per tutto e per tutti sia spaventato quando tale libertà potrebbe diventare reale su Twitter.

“Boicottate Twitter”, la lettera sottoscritta da ventisei Ong

Il panico dei progressisti è sfociato in una lettera, sottoscritta da ventisei organizzazioni, in cui si chiede alle società inserzioniste di Twitter di boicottare il social network: “In qualità di principali inserzionisti su Twitter, il vostro marchio rischia di essere associato con una piattaforma che amplifica l’odio, l’estremismo, la disinformazione sulla salute e i teorici della cospirazione. Sotto la gestione di Musk, Twitter rischia di diventare un pozzo nero di disinformazione, con il vostro marchio collegato, inquinando il nostro ecosistema informativo in un momento in cui la fiducia nelle istituzioni e nei media è già ai minimi storici. I vostri dollari in pubblicità possono finanziare il progetto di vanità di Musk, tenetelo in conto. Vi invitiamo a chiedere a Musk di rispettare questi standard basilari di fiducia e di sicurezza della comunità e di ritirare le vostre spese pubblicitarie da Twitter se non lo saranno”.

A questa lettera, Elon Musk ha risposto immediatamente chiedendo chi finanzia tali organizzazioni. A tal proposito, è giusto fare chiarezza. Una piccola anticipazione: sono sempre gli stessi, quelli che hanno cercato per anni di imporre il pensiero unico.

Access now

“Access Now difende ed estende i diritti digitali agli utenti a rischio in tutto il mondo” recita il sito dell’organizzazione americana. Access Now vanta tredici sedi internazionali ed è attiva ufficialmente in 80 Paesi, anche in Italia. La Ong ha distribuito più di 6 milioni di dollari a comunità che operano in 56 Nazioni, le quali si occupano principalmente di ideologia gender, discriminazioni e di diritti digitali. Nel 2021, Access Now ha ricevuto finanziamenti da diversi governi (Germania, Svezia, Olanda, Canada, Svizzera e Regno Unito), dall’immancabile Open Society Foundations di George Soros (più di un milione di dollari) e da altre fondazioni a loro volta finanziate dallo speculatore. La lista dei finanziatori del 2021 è pressoché la stessa degli anni precedenti. Ciò che è cambiato è l’ammontare delle erogazioni totale, passato dai 5,8 milioni di dollari del 2018 ai 8,5 milioni di dollari nel 2021.

Media Matters for America

Media Matters for America è un’organizzazione progressista “dedicata al monitoraggio, all’analisi e alla correzione della disinformazione conservatrice divulgata dai media americani”. All’epoca della presidenza Trump, il sito dell’organizzazione vantava un’intera sezione riservata al presidente degli Stati Uniti. Media Matters for America è stata fondata nel 2004 da David Brock, un ex giornalista conservatore riscopertosi liberale. Politico Magazine definì Brock come il “cane da attacco dei democratici” e scrisse: “L’esecutore della Clinton ha raccolto decine di milioni di dollari e ha creato una vasta rete di gruppi esterni per spingere la sua candidatura presidenziale. Brock sta radunando mega donatori democratici a favore della sua causa e sebbene a volte possa essere controverso, pochi scommettono contro i suoi sforzi. I suoi tentacoli sono di vasta portata, incluso il monitoraggio dei media con Media Matters e con il PAC American Bridge”.

Il PAC American Bridge è tra le più agguerrite war room democratiche: “Scopriamo cosa nascondono i repubblicani e ci assicuriamo che gli elettori ne vengano a conoscenza”. Tra i finanziatori più generosi, troviamo George Soros e i miliardari americani Stephen Mandel, Joshua Bekenstein, George M. Marcus e Reid Hoffman. Nel 2010, anche Media Matters for America è stata finanziata da Soros per un importo pari a un milione di dollari. Nella lista dei donatori di Media Matters, troviamo la National Education Association (il più grande sindacato americano che rappresenta insegnanti e personale scolastico) e diversi gruppi ebraici, come la Combined Jewish Philanthropies di Greater Boston e la Community Foundation della United Jewish Federation of San Diego.

Femministe contro Musk

Nata nel 2017 per protestare contro Donald Trump, la Women’s March ha riunito più di cinquanta associazioni, molte delle quali finanziate dalla fondazione di George Soros, come ha documentato la giornalista Asra Q. Nomani sul New York Times. Tra le organizzazioni finanziate dallo speculatore, ricordiamo Planned Parenthood (una lobby in favore della legislazione abortista), MoveOn.org (associazione politica progressista che sostiene candidati politici e spinge per l’approvazione di determinate leggi), Amnesty International e Human Rights Watch (entrambe il braccio umanitario internazionale di Soros).

Fondata nel 2012, UltraViolet è “una comunità potente e in rapida crescita di persone mobilitate per combattere il sessismo e creare un mondo più inclusivo che rappresenti accuratamente tutte le donne, in politica, nei media e nella cultura pop”. Utilizzando campagne sui social media, petizioni e proteste di piazzo, spesso insieme con altri gruppi progressisti, UltraViolet ha condotto diverse campagne, tra queste quella contro un giudice della Corte suprema, il conservatore Brett Kavanaugh, e quella contro l’ex presidente Donald Trump. Tra i finanziatori dell’organizzazione, vengono elencati due sindacati, l’American Federation of Labor-Congress of Industrial Organizations e l’American Federation of Teachers. Elon Musk è notoriamente contrario alla sindacalizzazione delle sue società e, per questo motivo, la Tesla è stata esclusa dagli eventi riguardanti i veicoli elettrici che si tengono presso la Casa Bianca.

I cani da guardia del web

Fondata nel 2020, Accountable Tech afferma che “I giganti dei social media stanno erodendo la nostra realtà del consenso e stanno spingendo la democrazia sull’orlo del baratro”. L’organizzazione non ha ancora pubblicato bilanci e liste dei finanziatori. Il direttivo di Accountable Tech svela però l’orientamento ideologico. Il cofondatore Jesse Lehrich è stato il portavoce di Hillary Clinton per la politica estera durante la campagna elettorale del 2016, ed è nipote di David Axelrod, ex consigliere senior di Barack Obama. L’altra cofondatrice, Nicole Gill, è stata il direttore esecutivo della Tax March del 2017, una serie di manifestazioni di protesta contro la politica fiscale di Donald Trump.

Come l’Accountable Tech, il britannico Center for Countering Digital Hate non pubblica bilanci e liste dei finanziatori. Il suo fondatore, Imran Ahmed, è stato consigliere dei parlamentari laburisti Hilary Benn e Angela Eagle, mentre Kristy McNeill, uno dei membri del board, è stata consigliere dell’ex primo ministro britannico Gordon Brown. Il Center for Countering Digital Hate è conosciuto come braccio armato della censura. Con le sue campagneStop Funding Misinformation”, “Don’t Feed The Trolls” e “Don’t Spread the Virus”, ha cercato di boicottare e di bandire dai social network account non allineati, riuscendoci nel caso della commentatrice di destra Katie Hopkins.

Black lives matter

Abbiamo già diffusamente parlato del movimento Black lives matter e dei suoi finanziatori (dalla Clinton a Soros). Proprio in concomitanza delle elezioni presidenziali americane del 2020, Black lives matter, in collaborazione con gli antifa, ha infiammato nel vero senso della parola gli Stati Uniti. Ci stavamo chiedendo dove fosse finito il movimento dopo gli scandali che hanno coinvolto i suoi vertici e attivisti, dall’acquisto di ville lussuose agli omicidi efferati. Curiosamente, Black lives matter è riapparso proprio ora, sottoscrivendo la lettera contro Elon Musk.

Francesca Totolo

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fabio crociato 11 Maggio 2022 - 1:09

Ovvero, dalla brace alla padella.

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