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Carlotta Sami (Unhcr) risponde alle accuse: “Non gettiamo i migranti tra le braccia dei trafficanti”

by Francesca Totolo
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Carlotta Sami portavoce Sud Europa Unhcr

Roma, 16 gen – Il 15 gennaio abbiamo pubblicato un articolo che riportava due inchieste riguardanti presunti scandali dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in Africa. La prima riguardava le attività di Unhcr a Tripoli, e riportava diverse testimonianze (rese a Sally Hayden del Guardian dagli immigrati sbarcati in Italia) che affermavano di aver ricevuto pressioni dagli operatori Onu per lasciare il loro centro di accoglienza, dietro al pagamento di un “pacchetto assistenza”. Per capire meglio la questione abbiamo intervistato Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Unhcr, che respinge le accuse contenute nell’inchiesta del Guardian in merito alla gestione dei flussi migratori in Libia da parte dell’agenzia Onu.

Di cosa si occupa principalmente il centro di Tripoli attivo dal 2018 e quali sono le regole di ingaggio di Unhcr?

La struttura di “Raccolta e partenze” (Gathering and Departure Facility – GDF) è nata come luogo di transito per i rifugiati e richiedenti asilo più vulnerabili per i quali è già stata individuata una soluzione fuori dalla Libia. La struttura ricade sotto l’egida del ministero dell’Interno libico, e Unhcr opera al suo interno insieme al partner LibAid. Ha una capacità di 600 persone, mentre attualmente ospita 897 persone.

I migranti intervistati da Sally Hayden affermano infatti che sia sovraffollato. Perché Unhcr non ha provveduto ad ampliare o stabilire un altro centro?

L’Unhcr denuncia la situazione di sovraffollamento al Gdf dal luglio 2019, quando centinaia di sopravvissuti al bombardamento del centro di detenzione governativo di Tajoura si sono presentati al Gdf autonomamente. Da allora, sono arrivati altri rifugiati e richiedenti asilo sia dai centri di detenzione, sia dalle aree urbane, di fatto impedendo al Gdf di svolgere la sua funzione originale di centro di transito per le persone designate al trasferimento in un Paese sicuro. Ci sono molte donne, minori e persone con esigenze specifiche per i quali è già stato accordato il rilascio dai centri di detenzione in vista del trasferimento, ma che non possono uscire perché il Gdf è pieno.

In cosa consiste il “pacchetto di assistenza” dato ai migranti che lasciano il centro di raccolta?

Innanzitutto, bisogna chiarire che nessuno è costretto da Unhcr ad uscire dal centro. Unhcr offre un pacchetto di assistenza urbana che comprende assistenza medica, CRI – Core Relief Items (compresi articoli per l’igiene e vestiti), supporto psicosociale, denaro e supporto mirato per l’alloggio. L’assistenza viene fornita attraverso il “Community day centre” dell’Unhcr a Gurji ed è disponibile sia per i rifugiati e richiedenti asilo all’interno del centro, sia per coloro che si trovano in contesti urbani che sono attualmente circa 44.000. È nostra intenzione ampliare il pacchetto per i rifugiati che si trovano nelle città nel 2020.

Unhcr non teme che il denaro del “pacchetto di assistenza” finisca nelle tasche dei trafficanti di esseri umani?

Il pacchetto è stato sviluppato proprio per dare alle persone un mezzo per far fronte ai loro bisogni in Libia senza dover ricorrere a viaggi pericolosi ed ai trafficanti. Anche perché le persone che non sono né in detenzione né vengono comunque registrate nel Gdf da noi e possono, se particolarmente vulnerabili, entrare nelle liste per le evacuazioni verso Paesi sicuri. Tuttavia, gli Stati europei e altri Stati sicuri non stanno dando quote di accoglienza sufficienti: abbiamo chiesto 5000 posti, per ora ce ne sono stati promessi poco più di 2000. Cerchiamo quindi anche di offrirgli soluzioni alternative, come per esempio il ritorno volontario nel primo Paese di asilo. Ma spesso anche lì la situazione è difficile, e pertanto chiediamo alla comunità internazionale di rafforzare il sostegno a questi Paesi affinché possano offrire delle opportunità di vita e di lavoro dignitose. Continuiamo a informarli che ci sono solo pochi posti di reinsediamento disponibili a livello globale, il che ci costringe a prendere decisioni difficili nel dare priorità ai rifugiati più vulnerabili. L’Unhcr continua a dipendere interamente dai Paesi che mettono a disposizione i posti di reinsediamento e continua a sostenere la richiesta di un crescente numero di posti. L’anno scorso sono stati reinsediati solo 55.000 persone a livello globale a fronte di una richiesta di 1.250.000, ovvero meno dell’1 per cento. Allo stesso modo, chiediamo ai paesi di rendersi disponibili per evacuazioni umanitarie di emergenza dalla Libia, come quelle effettuate verso l’Italia, le quali ci hanno permesso di evacuare circa 800 persone direttamente dalla Libia negli ultimi due anni. Ringraziamo il governo italiano per questo sforzo che ci auguriamo continui anche nel 2020, e speriamo che possa essere fonte di ispirazione per altri paesi.

Perché i migranti intervistati dalla Hayden affermano di essere stati respinti dal vostro centro?

Ripetiamo: nessuno è stato costretto ad uscire. Il Gdf di Tripoli ospita attualmente 897 persone. Tra ottobre 2019 a gennaio 2020, circa 250 persone hanno lasciato il GDF dopo aver accettato il “pacchetto di assistenza” urbana.

Unhcr ha scoperto qualche particolare in più in merito ai due migranti eritrei uccisi nell’alloggio che avevano trovato dopo essersi allontanati dal centro?

L’Unhcr è profondamente addolorato per la tragica morte di due richiedenti asilo eritrei a Tripoli e ha espresso pubblicamente le sue condoglianze. L’Unhcr è in contatto con la comunità eritrea di Tripoli e ha cercato di fornire tutta l’assistenza necessaria, compreso l’aiuto per i preparativi del funerale. Attualmente più di 40.000 rifugiati e richiedenti asilo che vivono nei centri urbani della Libia si trovano ad affrontare sfide molto concrete a causa del conflitto, del deterioramento della situazione della sicurezza e dell’aumento della criminalità. L’incidente sembra essere stato un tentativo di rapina all’alloggio in cui vivevano i due eritrei, che si trova in una zona di Tripoli ben nota per la criminalità. Abbiamo ora potuto verificare che le due persone si sono trasferite alla fine di ottobre/novembre nel Gdf insieme al gruppo più numeroso di circa 500 ex detenuti del centro di detenzione di AbuSliem. Se ne sono andati poco dopo senza essersi registrati per il pacchetto di assistenza urbana dell’Unhcr. Queste due morti ci ricordano del peggioramento della situazione di sicurezza in Libia da aprile. La scorsa settimana, un bombardamento ha avuto luogo vicino al Gdf, dimostrando che in questo momento non c’è un posto sicuro per i rifugiati e i richiedenti asilo a Tripoli.

Francesca Totolo

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3 comments

Jos 16 Gennaio 2020 - 5:33

…risposte da pesce…muta…

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Cesare 17 Gennaio 2020 - 5:17

Carlotta, questi clandestini gli ospiti a casa tua, vero? Immagino del resto che sei ben pagata come tanti immigrazionisti delle ong,gestori di case di accoglienza per migranti o avvocati esperti di diritti degli immigrati. Mica pretenderai che paghino i molti italiani ridotti alla fame? Comunque fai molto comodo ai globalisti che vogliono cancellare le nazioni e le differenti ricche identità nazionali.Parlo dei burattinai della dittatura finanziaria occulta straniera che crea il denaro in forma privata a costo zero strozzando depredando tutto il mondo

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Fabio Crociato 17 Gennaio 2020 - 12:44

Invitiamo Carlotta Sami ad essere ben più trasparente circa i bilanci, circa tutti i criteri di selezione per i soggetti passivi coinvolti e le prospettive Sue, nostre e loro! Hanno diritto di sapere soprattutto gli italiani che non hanno di che vivere dignitosamente come Lei e che si trovano a patire altri poveracci accanto… (con pure il rischio di guerre tra poveri), piuttosto di beneficiare della vicinanza di una fortunata Carlotta e persone a Lei affini.
Poi, c’è sempre l’ annosa questione di definire ed aiutare solo chi dovrebbe veramente essere considerato rifugiato, senza preferenze di comodo e parassiti aggregati. A partire dalle disastrate zone di guerra… Il lavoro che sarebbe da fare mi pare ben più arduo… e non sempre alla portata di determinate persone e determinate professionalità.

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