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“No alla cittadinanza a chi non sa l’italiano”. Il sindaco di Asti dice basta

by Cristina Gauri
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cittadinanza a chi non sa l'italiano

Asti, 21 gen – Sulla cittadinanza italiana regalata a stranieri che non hanno la minima conoscenza della lingua italiana il sindaco di Asti Maurizio Rasero dice basta. «Essere cittadini italiani e non conoscere la lingua italiana, credo sia un’assurdità. Per questo mi chiedo come sia possibile conferire la nazionalità a stranieri che non hanno saputo neppure leggere il giuramento previsto dalla cerimonia di conferimento della cittadinanza. Più che integrazione, questa mi pare una presa in giro». Ancora meglio sarebbe poter fare un passo indietro e ragionare sul fatto che la cittadinanza viene dal sangue e non da qualche documento scarabocchiato da una firma. Ma forse è pretendere troppo.

La missiva all’Anci

Ad ogni modo, Rasero si è rivolto all’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) perché chi deve verificare il possesso dei requisiti chieda un certificato che dimostri il livello di conoscenza italiano dei richiedenti.  «Credo fermamente nella solennità di questa cerimonia – spiega il sindaco nella missiva indirizzata all’Anci – e non mi sono mai sottratto a questo dovere. In un anno e mezzo di mandato, ho sempre conferito in prima persona la cittadinanza, ricordando che per Asti questi nuovi cittadini sono una grande risorsa. Però mi chiedo come si fa a giurare di onorare e rispettare le nostre leggi se poi non si sanno neppure leggere né capire. Ho ricevuto il giuramento di stranieri che non sono riusciti a leggere la formula di rito e sapevano solo pronunciare tre parole: sì, capito, va bene». E qui non possiamo fare a meno di evidenziare una grave contraddizioni in termini: come si può affermare che gli stranieri sono una risorsa, se due righe sotto si denuncia il fatto che non conoscano un’acca del nostro idioma?

Una falla nell’iter

Era stato l’allora ministro dell’Interno Alfano, nel 2016, a sostenere che la cittadinanza doveva essere concessa in seguito a «una complessa attività istruttoria, durante la quale si dovrebbe anche accertare il grado di conoscenza linguistica». Il problema, spiega Rasero, arriva a conclusione dell’iter delle indagini, in quanto l’ufficiale di stato civile – cioè il sindaco –  non ha facoltà di controllare « il reale grado di conoscenza della lingua italiana da parte del richiedente. Noi sindaci, che accogliamo il giuramento non possiamo più intervenire, ma così si rendono cittadini italiani persone che non sanno parlare né leggere la nostra lingua».

Assenza di presupposti

Come si può giurare su una Costituzione che non si è in grado di leggere e comprendere? Anche il decreto Salvini contiene una modifica agli articoli 5 e 9 della legge 91 prevedendo l’obbligo di dimostrare il possesso di un’adeguata conoscenza della lingua italiana all’atto di presentazione dell’istanza. «Evidentemente c’è qualche cosa che non funziona. Dal giugno 2017 come ufficiale di stato civile ho celebrato 287 giuramenti per il riconoscimento della cittadinanza italiana ma a molti di loro mancava il presupposto prioritario per l’integrazione», conclude Rasero.

Cristina Gauri

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2 comments

Marcellus 21 Gennaio 2020 - 2:56

Chi è che glieli da i cartelli belli scritti e colorati a questi c3ffi?

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Simplemonkey 21 Gennaio 2020 - 3:51

Se non fosse per il fatto che in vigore vi sono già da anni obblighi da parte Stato Italiano, che mirano alla valutazione obbligatoria della conoscenza linguistica e quella storica riguardo il paese. Ma davvero si pensa che ottenere la cittadinanza sia una cosetta da due soldi? Si impiegano tra i 4/5 anni (fare la richiesta, essere accettati, sostenere gli adeguati esami, tralasciando attese bibliche).
Chi fa certe affermazioni, molto probabilmente non sa una ceppa del sistema che controlla la cittadinanza.

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