Non era evidentemente bastato, ai magistrati, che l’uomo – oggi in carcere dove sta scontando una condanna a vent’anni – fosse tossicodipendente e più volte l’avesse minacciata con un coltello. “All’epoca la questione fu considerata alla stregua di una lite familiare”, spiega l’avvocato Alfredo Galasso, che nel 2011 fu incaricato dal cugino della donna, nel frattempo diventato padre adottivo dei tre figli di lei rimasti orfani, di avviare un’azione contro i Pm che non si erano attivati per proteggere Marianna. L’iter non era cominciato sotto i migliori auspici, visto il rigetto dell’istanza sia da parte del tribunale che della corte d’appello di Messina. La Cassazione ribalta però tutto, bocciando la sentenza e rinviandola dal lato siciliano dello stretto, dove riformulano: nell’inerzia dei Pm vi furono dolo e colpa grave, una “negligenza inescusabile” – commenta sempre Galasso – che portò, sia pur indirettamente, all’evento delittuoso.
Si tratta, dopo il varo nel 2015 della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, di una delle prime sentenze di questo tipo. La presidenza del Consiglio dovrà ora versare, come dispositivo, 250mila euro ai figli della donna, potendosi poi a sua volta rivalere sui magistrati.
Nicola Mattei
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