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Entra in campo e travolge gli avversari: Tiffany, però, è nata Rodrigo

by Emmanuel Raffaele
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Rodrgio pallavolo femminile PalmiRoma, 21 feb – “Chi la attacca, è un’ipocrita”, ha assicurato il suo allenatore. E ci mancherebbe. Ma qui la questione è ben altra. E la protagonista è ‘la’ schiacciatrice Tiffany Pereira de Abreu, brasiliana classe 1970, approdata quest’anno nella squadra di pallavolo di Palmi, profondo sud della penisola, per partecipare al campionato di serie A2 femminile. Notata subito per le sue doti, esperienze nei campionati francesi, olandesi, spagnoli, belgi, Tiffany però, fino a poco prima di arrivare in Italia, si chiamava Rodrigo ed in tutti questi paesi aveva sempre giocato nelle squadre maschili. Il che non è passato, ovviamente, del tutto inosservato. Soprattutto considerate le sue prestazioni: nell’ultima partita casalinga, disputata presso il palazzetto Mimmo Surace contro la squadra di Trento e vinta per 3 a 1 proprio dalla squadra di casa che l’ha schierata in campo, infatti, Tiffany ha giocato per 75 minuti ed ha realizzato ben 28 punti. Una media del 48% in offensivo pari a 25 punti in attacco su 52 palloni toccato: una risultato ottimo, confermano gli addetti ai lavori. Un risultato certamente dovuto ai suoi 194 cm di altezza ed alla sua prestanza, che naturalmente la pallavolista possiede proprio grazie all’esser nato Rodrigo e non Tiffany.

Il suo allenatore, Pasqualino Giangrossi, che schiva ogni critica con determinazione, la fa molto semplice: “Ci hanno offerto una giocatrice senza dirci del suo passato da uomo. L’ho scelta per le sue doti e l’ho accolta come donna. Per me è semplicemente una persona che sa giocare bene a pallavolo”. D’altronde, è tutto regolare. Sulla carta, Tiffany è a tutti gli effetti una donna. Tant’è che, ai dubbi sollevati da Mauro Fabris, presidente della Lega femminile, il quale ha intenzione di chiedere una regolamentazione precisa a Coni e Federazione, il coach di Palmi risponde così: “Mi aspetto ricorsi, però saranno basati sul nulla. Le regole dicono che chi è legalmente donna è eleggibile: abbiamo aspettato i documenti e abbiamo tesserato la giocatrice. Cambiare sesso non è una passeggiata: Tifanny mi ha raccontato quanto ha sofferto”. In effetti, immaginiamo che difficilmente – in nome di una Costituzione invocata a convenienza – passerebbe il vaglio del politicamente corretto giurisprudenzial-burocratico un regolamento che discriminasse chi ha cambiato sesso, ma la domanda da porsi piuttosto è se tutto questo, formalità a parte, sia davvero corretto e se un’uguaglianza artificiale può essere  imposta ignorando la realtà dei fatti, che dopo tutto è realtà anche legale. Certo, esistono atlete altrettanto prestanti, è vero, ma è anche vero che quelle atlete lo sono in quanto donne e non in quanto uomini che hanno cambiato sesso, con l’oggettivo vantaggio ‘biologico’ che se n’è tratto in termini di prestanza fisica. Giangrossi si difende: “da quando è donna, Tiffany ha perso il 60% della sua forza: prima schiacciava a 3,60, ora a 3,15”. Ma, limitandoci ad osservazioni scontate, il cambiamento non ha chiaramente mutato la sua imponente stazza.

Il Corriere, forse a ragione, non ha dubbi, però, su come andrà a finire la vicenda. Perché Tiffany, spiega il giornale di via Solferino, “oltre che su un’indubbia prestanza fisica, a partire dalla trasferta a Chieri (Torino) del weekend potrà contare su molto altro”: “l’affetto cameratesco e protettivo delle compagne, che l’hanno già eletta Grande Sorella”, spiega, ma anche e soprattutto “l’apertura a tappe forzate di un mondo sempre più fluido e globalizzato anche nella (ex) divisione de generi”. Ecco, appunto, il concetto centrale su cui riflettere: siamo già arrivati al punto che i generi sessuali fanno ufficialmente parte del passato? Ed è normale che sia così? Ed è normale che si debba arrivare a questo “a tappe forzate”? Se siete tutti d’accordo va bene, ci adegueremo. Tanto vale, però, abolire la suddivisione dei campionati sportivi in maschili e femminili. E visto che i generi non esistono e siamo tutti uguali, toglietevi dalla testa che poi, per garantire la giusta rappresentanza alle donne, ci piazzate in maniera altrettanto forzata le quote rosa: sarebbe inaccettabilmente sessista. Del resto, dovreste anche, per prima cosa, in nome della stessa ideologia che vuole un mondo ‘fluido’ e senza frontiere, abolire anche gli Stati stessi. Saremmo proprio curiosi di vedere, poi, chi tutelerebbe gli assurdi diritti che i campioni dell’antisessismo, dell’antirazzismo e dell’anti-tutto-ciò-che-rende-il-mondo-ricco-di-diversità pretendono di imporci.

Emmanuel Raffaele

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Stefano 22 Febbraio 2017 - 9:32

A questo punto, se è ammesso il cambio di sesso allora non vedo quale pregiudiziale ci possa essere nella pratica del Doping… posso anche essere d’accordo che la pratica del cambio di sesso sia dolorosa e sofferta, ma è una questione di principio, come le gambe tecnologiche di Pistorius. E poi anche il doparsi può essere una decisione sofferta e dolorosa, visto che ormai si sa che potrebbe sfociare in tumori o problemi fisici futuri.

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Pino Rossi 22 Febbraio 2017 - 2:00

La sportività dei radical chic. Ho ragione io, quindi anche se una transessuale vince il campionato di sollevamento pesi femminile, come ovviamente sarebbe vista la diversa morfologia, è sportivo e basta. E se le sollevatrici di pesi sconfitte provano a sollevare obiezioni sulla sportività, sono transofobe bigotte. Capisco il silenzio delle giocatrici. Ormai il terrore dello stigma paralizza e rende muti.

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